RECENSIONI
Vikram Paralkar
Le afflizioni
Bompiani, Traduzione di Roberto Serrai, Pag. 240 Euro 17,00
Viene subito da pensare a Italo Calvino, con le sue Città invisibili, leggendo questo spettacolare elenco di pseudo malattie che l’Autore si è divertito a immaginare incastonandole nel contenitore di un’antica biblioteca dal vago sapore medioevale. Qualcosa di avulso dal tempo e dallo spazio dove un anziano maestro, archetipo per eccellenza, dà le consegne a un apprendista.
Questo strano libro, dotato di un filo narrativo esilissimo intorno a cui si avvolge la spirale di una sbrigliata fantasia, è in sostanza l’estratto di un trattato di malattie rarissime e immaginarie (immaginarie per noi, non certo per gli sventurati pazienti di cui si favoleggia). L’azione che labilmente fa da filo conduttore è l’accoglienza fatta da parte dell’anziano bibliotecario all’allievo, un giovane farmacista volonteroso che, per stare in tema, è afflitto a sua volta da una deformità. Con dovizia di consigli e sagge esortazioni il vecchio gli illustra gli innumerevoli volumi del trattato, opera sempre in divenire e ricettacolo di segreti inquietanti. Le malattie sono rare e terribili. Alcune sono destinate a estinguersi spontaneamente, poche si sottomettono alle cure, molte presentano un decorso inarrestabile e un esito tragico. Tutte, al di là dell’aspetto empirico, vengono affrontate a un livello filosofico e perfino teologico, dando per certo che celino un significato profondo attinente più alla psiche e all’anima che ai semplici fenomeni naturali.
Per fare qualche esempio, ecco i pazienti afflitti da Forma cyclica:
La scansione giornaliera della malattia li trasforma in campioni di perfezione fisica a mezzogiorno e nei più volgari gobbi a mezzanotte. Il giorno dopo, il sorgere del sole promette una rinnovata grazia e simmetria. Le donne seguono il ritmo opposto a quello degli uomini.
Va da sé che questi malati abbiano grosse difficoltà nei rapporti interpersonali, finendo per trovare partner altrettanto invalidi con cui si uniscono sessualmente solo all’alba e al crepuscolo, quando per tutt’e due c’è una via di mezzo.
Non meno sfortunati sono gli afflitti da Corpus ambiguum, che a causa della malattia stentano a definire i confini del proprio corpo. Come la donna che si spappolò una gamba a randellate credendo che appartenesse a un’estranea. Orribile è poi la sorte dei malati di Tabes arcana, che pur essendo vivi si trovano sempre sull’orlo della putrefazione e riescono a rinviarla solo con sovrumani sforzi di volontà recitando degli inni appropriati. Ma quando il morbo colpisce gli organi deputati al pensiero il malato diventa incapace di pronunciare le giuste sillabe e deve soccombere.
Particolarmente drammatiche poi sono le malattie collettive come l’Insania communalis. Alterando il nesso fra causa ed effetto essa coinvolge le persone a catena.
L’incapacità di una persona di procurarsi il cibo provoca la fame in un’altra, e questo spinge una terza a consumare carne avariata pur di nutrirsi, guastando le viscere a una quarta. Un cittadino virtuoso violenta un’innocente per saziare la lussuria di un altro. Il senso di colpa per questo delitto, allora, tormenta una terza persona, induce una quarta a tagliarsi le vene, e una quinta a morire per l’emorragia.
La lettura offre scenari inesauribili che stupiscono e fanno sorridere, ma permane sullo sfondo un dubbio: che senso ha, alla fine? Dove si va a parare? Dunque per tutto il tempo ci si aspetta una trovata, un colpo di scena anche modesto che intervenga nel dialogo fra il vecchio bibliotecario e l’allievo, in quel filo conduttore così lineare. La soluzione di un piccolo mistero, o una conclusione lapidaria che ribalti lo schema e lo ridefinisca. Una botta finale di saggezza o ironia sopra le righe, una stilettata cinica che risvegli o commuova. Niente. Cosicché, dopo una lettura godibile, resta un filo di delusione. Ci si consola però con gli arguti disegni di Pia Valentinis che illustrano puntualmente ogni sindrome facendo salire il punteggio del libro da mangiabile a gustoso.
di Giovanna Repetto
Questo strano libro, dotato di un filo narrativo esilissimo intorno a cui si avvolge la spirale di una sbrigliata fantasia, è in sostanza l’estratto di un trattato di malattie rarissime e immaginarie (immaginarie per noi, non certo per gli sventurati pazienti di cui si favoleggia). L’azione che labilmente fa da filo conduttore è l’accoglienza fatta da parte dell’anziano bibliotecario all’allievo, un giovane farmacista volonteroso che, per stare in tema, è afflitto a sua volta da una deformità. Con dovizia di consigli e sagge esortazioni il vecchio gli illustra gli innumerevoli volumi del trattato, opera sempre in divenire e ricettacolo di segreti inquietanti. Le malattie sono rare e terribili. Alcune sono destinate a estinguersi spontaneamente, poche si sottomettono alle cure, molte presentano un decorso inarrestabile e un esito tragico. Tutte, al di là dell’aspetto empirico, vengono affrontate a un livello filosofico e perfino teologico, dando per certo che celino un significato profondo attinente più alla psiche e all’anima che ai semplici fenomeni naturali.
Per fare qualche esempio, ecco i pazienti afflitti da Forma cyclica:
La scansione giornaliera della malattia li trasforma in campioni di perfezione fisica a mezzogiorno e nei più volgari gobbi a mezzanotte. Il giorno dopo, il sorgere del sole promette una rinnovata grazia e simmetria. Le donne seguono il ritmo opposto a quello degli uomini.
Va da sé che questi malati abbiano grosse difficoltà nei rapporti interpersonali, finendo per trovare partner altrettanto invalidi con cui si uniscono sessualmente solo all’alba e al crepuscolo, quando per tutt’e due c’è una via di mezzo.
Non meno sfortunati sono gli afflitti da Corpus ambiguum, che a causa della malattia stentano a definire i confini del proprio corpo. Come la donna che si spappolò una gamba a randellate credendo che appartenesse a un’estranea. Orribile è poi la sorte dei malati di Tabes arcana, che pur essendo vivi si trovano sempre sull’orlo della putrefazione e riescono a rinviarla solo con sovrumani sforzi di volontà recitando degli inni appropriati. Ma quando il morbo colpisce gli organi deputati al pensiero il malato diventa incapace di pronunciare le giuste sillabe e deve soccombere.
Particolarmente drammatiche poi sono le malattie collettive come l’Insania communalis. Alterando il nesso fra causa ed effetto essa coinvolge le persone a catena.
L’incapacità di una persona di procurarsi il cibo provoca la fame in un’altra, e questo spinge una terza a consumare carne avariata pur di nutrirsi, guastando le viscere a una quarta. Un cittadino virtuoso violenta un’innocente per saziare la lussuria di un altro. Il senso di colpa per questo delitto, allora, tormenta una terza persona, induce una quarta a tagliarsi le vene, e una quinta a morire per l’emorragia.
La lettura offre scenari inesauribili che stupiscono e fanno sorridere, ma permane sullo sfondo un dubbio: che senso ha, alla fine? Dove si va a parare? Dunque per tutto il tempo ci si aspetta una trovata, un colpo di scena anche modesto che intervenga nel dialogo fra il vecchio bibliotecario e l’allievo, in quel filo conduttore così lineare. La soluzione di un piccolo mistero, o una conclusione lapidaria che ribalti lo schema e lo ridefinisca. Una botta finale di saggezza o ironia sopra le righe, una stilettata cinica che risvegli o commuova. Niente. Cosicché, dopo una lettura godibile, resta un filo di delusione. Ci si consola però con gli arguti disegni di Pia Valentinis che illustrano puntualmente ogni sindrome facendo salire il punteggio del libro da mangiabile a gustoso.
di Giovanna Repetto
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