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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Thomas Glavinic

Le invenzioni della notte

Longanesi, Pag. 376 Euro 16,60
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E' un libro questo che riesce soltanto a spiazzare e ad avvolgere il lettore nella sua complessa trama narrativa, non è un thriller ma ne ha le caratteristiche, non è un'avventura anche se potrebbe esserla, non è un horror eppure c'è qualcosa in agguato in ogni angolo dei luoghi descritti. E' davvero un libro geniale, fuori dal comune e da ogni classificazione.

Thomas Glavinic dà sfogo alla sua penna in una rincorsa che fa venire i brividi ad ogni pagina e che diventa una frenetica discesa nei meandri delle parole e della psiche umana.

La domanda dell'autore è semplice, lampante: di cosa ha paura l'uomo? E questo romanzo è lo studio più approfondito che si potesse fare sulla paura, sul suo serpeggiare lungo il nostro collo.

Cosa fareste se vi svegliaste e il mondo fosse scomparso? La gente, gli animali, gli insetti, i suoni, tutto inghiottito nel nulla. Sicuramente visti i recenti incassi del cinema "nazional-popolare americano" potreste pensare che sarebbe meglio svegliarsi e ritrovarsi con la popolazione contagiata da qualche virus, così da vendere cara la pelle a suon di pallettoni. Invece Jonas non è così "fortunato", si sveglia nella sua casa di Vienna ritrovandosi in compagnia degli oggetti e dal momento della sua presa di coscienza di probabile ultimo essere vivente sulla terra comincia dapprima a ricercare le motivazioni di questo suo status, passando per i ricordi della sua vita (l'amata, i genitori, i compagni di scuola) e affondando poi vorticosamente in sé e nelle paure che solo quando si è lontani dal conforto della "comunità," riaffiorano dagli armadi dell'adolescenza.

Jonas è alla ricerca e per tutto il libro non si ferma un attimo finché non comincia a riprendere con telecamere le stanze, le strade, i luoghi desolati e lui stesso mentre dorme, avendo così una bella sorpresa: quell'uomo che lo fissa dal televisore è un altro Jonas che sa qualcosa e che subdolamente lo nasconde.

Si apre una specie di faida tra il dormente e il diurno protagonista e le spiegazioni faticano ad arrivare, i pensieri e la suspense spadroneggiano alle spalle del lettore che non può fare a meno di sentirsi sotto attacco continuo da parte di un nemico che ha fattezze conosciute ma che si confonde con le reminescenze, con la mancanza di sonno, con un'incongruente vita. Vita in mezzo a oggetti silenziosi e attenti. Tutto dunque diventa possibile in questa guerra e nulla è mai davvero scontato. Fino alla fine.

La narrazione è un'altalenare di boccate d'aria e stringimento di stomaco, di flashback e vita reale, di luce e buio (ambientale e inconscio); scorre via la pagina e si rincorre la seguente e non si può fare a meno di domandarsi da quale cilindro sia uscito questo racconto, da quale forma di terrore psicologico possa scaturire una tale compenetrazione delle zone incomprensibili dell'esistenza umana.

E il successo de Le invenzioni della notte sta nell'interazione di domande, richieste, ipotesi, complotti tra il lettore e il protagonista, il far fraternizzare i due come se veramente esistesse un legame che va al di là della pagina scritta o addirittura nell'avere l'impressione d'impersonare un personaggio di un film che si sta vedendo. Il lettore qui capisce che, in un'Europa completamente deserta, senza radio, senza web, senza una risposta, non vorrebbe mai trovarcisi e soprattutto che le sue congetture diventano un sostegno, un coro ai monologhi interiori di Jonas che all'inizio lotta contro qualcosa che non può capire, poi contro qualcosa che non può vedere e alla fine contro qualcosa che non vuole assolutamente vedere.

Un romanzo con due protagonisti dunque e un solo grande architetto, una sola grande mano che muove tutto: la fobia.





di Alex Pietrogiacomi


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