RECENSIONI
Eugenio Fuentes
Le mani del pianista
Super UE Feltrinelli, pag.213 Euro 10,00
Le mani del pianista sono le mani di un torturatore di animali: un musicista di piano bar che all'improvviso si ritrova ad esercitare una professione che mai avrebbe pensato di fare, ma che svolge con perizia certosina e professionale. "Deve essere un uomo strano". "Perché?" "Per aver reso una cosa del genere una specie di professione." "Quella sera qualcuno ha detto che era stato lasciato dalla moglie. Ma ovvio che non è una buona ragione per fare quel mestiere. Anch'io sono stato lasciato dalla mia e non vado in giro ad ammazzare gli animali". E che ad un tratto si ritrova ad essere pagato non per sopprimere un cane o un piccione, ma un uomo odiato da tutti. Ma prima che possa attuare il piano delittuoso, come avviene spesso nei gialli, il sicario viene preceduto da un "collega".
La Spagna "poliziesca", pur con mezzi adeguati e volontà a iosa, è ancora alla ricerca dell'erede di Vazquez Montalban (ma forse il problema è solo della Feltrinelli), scrittore dalla dirittura morale ineccepibile, ma negli ultimi tempi, dal punto di vista letterario, pedissequo ed inutile. Non mi pare che qui, con questa storia che intreccia grandguignol e speculazione edilizia, si possa gridare all'Eureka!.
Le mani del pianista è un giallo (beh sì, in questo caso distinguiamolo dal noir: la materia del libro, pur se attuale ed affaristica, non smuove riflessioni sociologiche, tanto più politiche) dai toni smorzati e soporiferi e che alla fine, non contento di questa "tenuta" fiacca snocciola un ripensamento del personaggio molto politically correct, ma che in quattro e quattr'otto liquida quel leggero segno d'infamia che aveva segnato la storia: Sono anch'io un boia: uccido e mi faccio pagare. E sebbene ammazzi soltanto animali, mi vergogno ogni giorno di più del mio mestiere.
Non me ne vogliano gli animalisti, ma quando il killer prezzolato soffoca una cicogna, tira il collo ad un piccione, stermina una comunità di uccelli, qualche brividino lo si riesce pure a provare (per rassicurare gli animalisti diciamo che il brivido è spia di riprovazione e di sdegno). Ma quando, oltre che ricandidarsi alla santità, collabora attivamente alla cattura del vero assassino dell'uomo odiato da tutti... beh ci si incìmicia (perché il prurito è d'obbligo!).
Anni fa uno storico marxista, Ernest Mandell, in suo libro di discreto successo, Delitti per diletto, quasi esecrava l'abitudine tutta giallista di dover consegnare i responsabili alla giustizia, anche nella considerazione che non tutte le esecuzioni vengono per nuocere (o per suocere?).
Noi non ci muoviamo in quella direzione: sarebbe come chiedere di eliminare Montalbano dalla televisione perché troppo "terrone". Ma mi piacerebbe chiedere a Eugenio Fuentes di lasciare almeno che il protagonista continui a massacrare anime innocenti: avrebbe la dannazione eterna delle gattare, ma si assicurerebbe di diritto un sequel.
Che di questi tempi di ristrettezze non è male!
P.S. C'è anche un commissario nel romanzo. Curioso il fatto che 'sto tipo, tale Ricardo Cupido, compaia dopo la pagina ottanta e che l'autore gli faccia immaginare il proprio epitaffio che suona così. "Qui giace il ricordo di Ricardo Cupido, detective. Amò alcune donne e aiutò alcuni uomini, viaggiò per alcuni paesi e si bagnò nelle acque di tutti i fiumi che incontrò. Lascia, per chi voglia raccoglierla, una pistola che non ha mai usato, una casa disabitata e un archivio vuoto per la delusione dei curiosi. Fu sempre felice nel luogo in cui nacque. Non ebbe figli e con lui si estingue il suo cognome."
Quisquiglie. Anzi, pinzillacchere.
di Eleonora del Poggio
La Spagna "poliziesca", pur con mezzi adeguati e volontà a iosa, è ancora alla ricerca dell'erede di Vazquez Montalban (ma forse il problema è solo della Feltrinelli), scrittore dalla dirittura morale ineccepibile, ma negli ultimi tempi, dal punto di vista letterario, pedissequo ed inutile. Non mi pare che qui, con questa storia che intreccia grandguignol e speculazione edilizia, si possa gridare all'Eureka!.
Le mani del pianista è un giallo (beh sì, in questo caso distinguiamolo dal noir: la materia del libro, pur se attuale ed affaristica, non smuove riflessioni sociologiche, tanto più politiche) dai toni smorzati e soporiferi e che alla fine, non contento di questa "tenuta" fiacca snocciola un ripensamento del personaggio molto politically correct, ma che in quattro e quattr'otto liquida quel leggero segno d'infamia che aveva segnato la storia: Sono anch'io un boia: uccido e mi faccio pagare. E sebbene ammazzi soltanto animali, mi vergogno ogni giorno di più del mio mestiere.
Non me ne vogliano gli animalisti, ma quando il killer prezzolato soffoca una cicogna, tira il collo ad un piccione, stermina una comunità di uccelli, qualche brividino lo si riesce pure a provare (per rassicurare gli animalisti diciamo che il brivido è spia di riprovazione e di sdegno). Ma quando, oltre che ricandidarsi alla santità, collabora attivamente alla cattura del vero assassino dell'uomo odiato da tutti... beh ci si incìmicia (perché il prurito è d'obbligo!).
Anni fa uno storico marxista, Ernest Mandell, in suo libro di discreto successo, Delitti per diletto, quasi esecrava l'abitudine tutta giallista di dover consegnare i responsabili alla giustizia, anche nella considerazione che non tutte le esecuzioni vengono per nuocere (o per suocere?).
Noi non ci muoviamo in quella direzione: sarebbe come chiedere di eliminare Montalbano dalla televisione perché troppo "terrone". Ma mi piacerebbe chiedere a Eugenio Fuentes di lasciare almeno che il protagonista continui a massacrare anime innocenti: avrebbe la dannazione eterna delle gattare, ma si assicurerebbe di diritto un sequel.
Che di questi tempi di ristrettezze non è male!
P.S. C'è anche un commissario nel romanzo. Curioso il fatto che 'sto tipo, tale Ricardo Cupido, compaia dopo la pagina ottanta e che l'autore gli faccia immaginare il proprio epitaffio che suona così. "Qui giace il ricordo di Ricardo Cupido, detective. Amò alcune donne e aiutò alcuni uomini, viaggiò per alcuni paesi e si bagnò nelle acque di tutti i fiumi che incontrò. Lascia, per chi voglia raccoglierla, una pistola che non ha mai usato, una casa disabitata e un archivio vuoto per la delusione dei curiosi. Fu sempre felice nel luogo in cui nacque. Non ebbe figli e con lui si estingue il suo cognome."
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