RECENSIONI
Sergio Claudio Perroni
Leonilde. Storia eccezionale di una donna normale.
AsSaggi Bompiani, Pag. 68 Euro 9,50
Lo scrittore ed editor più antipatico della terra si occupa di comunisti. Ohibò potrebbe dire qualcuno. E perché mai, potrebbe obiettare qualcun altro: che vi è inconciliabilità tra l'essere antipatico per risultanza genetica, probabilmente lo sono pure il padre, la madre e se ne ha, fratelli o sorelle, e trattare materia 'comunista'? Direi proprio di no... però inusuale.
Leonilde, il nome del titolo, è la mitica Nilde Iotti, 'la politichessa' che qualcuno in vena di vane speranze, avrebbe voluto vedere al Quirinale, ma che purtroppo non fu vista nemmeno a Palazzo Chigi anche se fu investita per pochi giorni di un mandato per verificare la possibilità di fare un governo (ma non mi ricordo l'anno).
E questo asSaggio, come direbbero i genii di Bompiani, sarà un testo per uno spettacolo teatrale che vedrà come protagonista nel ruolo della Leonilde la Paola Cortellessa.
La domanda iniziale, che era pregna di stupore, rimane comunque: perché proprio la Iotti (al di là delle simpatie comuniste o meno del Perroni)? Probabilmente perché in tempi in cui le donne di una volta non ci sono più e quelle di oggi o fanno le mignotte o fanno le escort di alto rango o fanno politica ma è come se facessero le mignotte, l'esempio alto della dirigente comunista può essere un lumicino nel tunnel di pece di questa nostra era (tiè, beccatevi pure lo spunto simil poetesco).
Che donna 'normale' (come recita il sottotitolo del libro) la Iotti non fu mai, nel senso di una impossibile riconducibilità ai canoni femminili di quegli anni tumultuosi: anzi, fu sempre vista come una guastafamiglie, per la sua relazione con Palmiro Togliatti che era sposato, dall'allora società bigotta e dal bigottume reazionario della dirigenza del partito comunista.
Perroni, in poco più di sessanta pagine, racconta la vita della Nilde con pennellate appena accennate. Essenziali: come a pag. 10 quando parla dei genitori: Poi gli toccò mandarmi nelle Piccole italiane, altrimenti non mi avrebbero più accettata a scuola. Come a pag. 14, quando scopre la passione per la politica: Mi resi conto che credo quia absurdum non faceva per me. La mia razionalità era più forte della mia religiosità. Come a pag. 19 quando si trova di fronte alla triste realtà della guerra: Ma a farmi diventare comunista furono quei morti ammazzati. Come a pag. 21, quando si rende delle potenzialità dell'essere donna, soprattutto in tempo di guerra: I tedeschi avevano proibito agli uomini di andare in bicicletta. Alle donne no. Per loro le donne italiane erano innocue. Per loro le donne italiane erano massaie timorose di Dio e dell'invasore. Per loro era impensabile che una donna italiana facesse la staffetta per i partigiani.
E attraverso, appunto, pennellate essenziali, la lettura scivola via tra ricordi di battaglie politiche, l'avversione di una intera comunità per una donna che è riuscita ad amare un uomo già sposato, l'attentato a Togliatti e la sua morte.
Ed il libro finisce come inizia, con quella voce che con monotona e stanca inflessione pronuncia: Iotti... Iotti... bianca... Iotti... bianca... bianca (chi ha più di quarant'anni sa cosa vuol dire quel preciso scandire, che se fosse andato diversamente da come è andato forse avrebbe illuminato un'intera stagione politica e financo un'intera generazione... ed invece...). Ed invece arrivò Cossiga.
di Alfredo Ronci
Leonilde, il nome del titolo, è la mitica Nilde Iotti, 'la politichessa' che qualcuno in vena di vane speranze, avrebbe voluto vedere al Quirinale, ma che purtroppo non fu vista nemmeno a Palazzo Chigi anche se fu investita per pochi giorni di un mandato per verificare la possibilità di fare un governo (ma non mi ricordo l'anno).
E questo asSaggio, come direbbero i genii di Bompiani, sarà un testo per uno spettacolo teatrale che vedrà come protagonista nel ruolo della Leonilde la Paola Cortellessa.
La domanda iniziale, che era pregna di stupore, rimane comunque: perché proprio la Iotti (al di là delle simpatie comuniste o meno del Perroni)? Probabilmente perché in tempi in cui le donne di una volta non ci sono più e quelle di oggi o fanno le mignotte o fanno le escort di alto rango o fanno politica ma è come se facessero le mignotte, l'esempio alto della dirigente comunista può essere un lumicino nel tunnel di pece di questa nostra era (tiè, beccatevi pure lo spunto simil poetesco).
Che donna 'normale' (come recita il sottotitolo del libro) la Iotti non fu mai, nel senso di una impossibile riconducibilità ai canoni femminili di quegli anni tumultuosi: anzi, fu sempre vista come una guastafamiglie, per la sua relazione con Palmiro Togliatti che era sposato, dall'allora società bigotta e dal bigottume reazionario della dirigenza del partito comunista.
Perroni, in poco più di sessanta pagine, racconta la vita della Nilde con pennellate appena accennate. Essenziali: come a pag. 10 quando parla dei genitori: Poi gli toccò mandarmi nelle Piccole italiane, altrimenti non mi avrebbero più accettata a scuola. Come a pag. 14, quando scopre la passione per la politica: Mi resi conto che credo quia absurdum non faceva per me. La mia razionalità era più forte della mia religiosità. Come a pag. 19 quando si trova di fronte alla triste realtà della guerra: Ma a farmi diventare comunista furono quei morti ammazzati. Come a pag. 21, quando si rende delle potenzialità dell'essere donna, soprattutto in tempo di guerra: I tedeschi avevano proibito agli uomini di andare in bicicletta. Alle donne no. Per loro le donne italiane erano innocue. Per loro le donne italiane erano massaie timorose di Dio e dell'invasore. Per loro era impensabile che una donna italiana facesse la staffetta per i partigiani.
E attraverso, appunto, pennellate essenziali, la lettura scivola via tra ricordi di battaglie politiche, l'avversione di una intera comunità per una donna che è riuscita ad amare un uomo già sposato, l'attentato a Togliatti e la sua morte.
Ed il libro finisce come inizia, con quella voce che con monotona e stanca inflessione pronuncia: Iotti... Iotti... bianca... Iotti... bianca... bianca (chi ha più di quarant'anni sa cosa vuol dire quel preciso scandire, che se fosse andato diversamente da come è andato forse avrebbe illuminato un'intera stagione politica e financo un'intera generazione... ed invece...). Ed invece arrivò Cossiga.
di Alfredo Ronci
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Sergio Claudio Perroni
Non muore nessuno
Bompiani, Pag. 217 Euro 15.00Stavolta arriviamo per ultimi, ma come diceva il maestro e pedagogo Alberto Manzi, negli anni '60, non è mai troppo tardi. Men che mai per un libro che alla sua uscita (ha avuto persino un'anteprima con un comunicato stampa che il faceto Fulvio Abbate, sulle pagine de Il Foglio, si è affrettato a stroncare) ha prodotto per lo più sesquipedali commenti ed irritate esposizioni.
Ma ora acta est fabula: torniamo seri (senza nulla togliere a chi si è incarognito e a chi s'è rallegrato).
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