RECENSIONI
Marco Bettini
Mai più la verità
Piemme – Maestri del thriller, Pag.398 Euro 6,50
Per una volta tanto do ragione a Corrado Augias che nello strillo di quarta di copertina dice: Uno dei migliori scrittori di thriller degli ultimi anni. E i motivi potrebbero essere molteplici. Ne basta uno: non corre dietro alla moda del poliziesco-pulp.
Si dirà: ma ricadiamo nella solita pippa del giallo all'italiana con forti connotazioni regionalistiche. Sarà pure così, ma in ogni caso lo preferiamo alla fotocopiatura palese, e senza troppi complimenti, della fiction d'oltreoceano.
E qui finiscono i pregi del romanzo: il dramma semmai è un altro. Mai più la verità, se preso dal punto di vista scientifico, farebbe inorridire pure gli indigeni della Papuasia.
Spieghiamo. Il libro, ambientato in una comunità di tossici che per vari motivi ricorda molto quella di Muccioli (o è quella col nome cambiato?), è datato 2007, ma è debitamente 'inserito' negli anni novanta (il novantatre per la precisione) per un semplice motivo: l'allarme AIDS è il comun denominatore di tutto l'intrigo.
Il dramma della storia sta proprio la, in una pedissequa ed ingiustificabile sequela di fregnacce (come direbbe ad uopo il nostro direttur) pseudoscientifiche che a lungo andare irrita pure il lettore meno informato.
Bettini sa che in quegli anni c'era molta confusione, ma sa anche che alcuni punti fermi si erano consolidati, a cominciare dai mezzi di trasmissione del virus. Sentite cosa dice l'ispettore ad un picchiatore sieropositivo: "E non le è mai venuto in mente che picchiando qualcuno che non fosse sieropositivo poteva infettarlo? Non ha mai pensato che i suoi pestaggi, diciamo pure, come dice lei, imposti dalle circostanze, potevano far ammalare di un morbo letale persone che da quel punto di vista erano sane?
Roba da non credere: se c'è qualcuno che crede che un virus del genere si possa trasmettere con una scazzottata io cambio universo. Bettini c'ha scritto pure un libro.
Non contento, reitera il misfatto: "Siccome sei un portatore di un virus potenzialmente mortale, non ti sei preoccupato di evitare il contagio. Li hai picchiati e basta. Loro si sono ammalati e sono morti.
Un ispettore di tale fatta andrebbe denunciato alla comunità scientifica e non solo per procurato allarme... per fortuna che è solo una creatura letteraria (ma siamo davvero sicuri che nel 2011 non ci sia ancora qualche demente angosciato da simili pazzesche prospettive?).
Insomma un libro carino e costruito con sapienza ma segnato da un'incredibile ignoranza.
La domanda allora sorge spontanea: ma il Bettini ha ambientato il giallo nel '93 forse perché ambientandolo ai giorni nostri e con le nostre attuali conoscenze, non avrebbe potuto ugualmente proporlo? Mica lo so. Anzi sì: propenderei col pensare il contrario.
Bettini ha 'usato' gli anni novanta, ma con la stessa leggerezza avrebbe 'sfruttato' il nuovo secolo.
Direte voi: ma la signorina che piglio avvocatesco ha! Certo, altrimenti non scriverei per il Paradiso. Ovvio no?
di Eleonora del Poggio
Si dirà: ma ricadiamo nella solita pippa del giallo all'italiana con forti connotazioni regionalistiche. Sarà pure così, ma in ogni caso lo preferiamo alla fotocopiatura palese, e senza troppi complimenti, della fiction d'oltreoceano.
E qui finiscono i pregi del romanzo: il dramma semmai è un altro. Mai più la verità, se preso dal punto di vista scientifico, farebbe inorridire pure gli indigeni della Papuasia.
Spieghiamo. Il libro, ambientato in una comunità di tossici che per vari motivi ricorda molto quella di Muccioli (o è quella col nome cambiato?), è datato 2007, ma è debitamente 'inserito' negli anni novanta (il novantatre per la precisione) per un semplice motivo: l'allarme AIDS è il comun denominatore di tutto l'intrigo.
Il dramma della storia sta proprio la, in una pedissequa ed ingiustificabile sequela di fregnacce (come direbbe ad uopo il nostro direttur) pseudoscientifiche che a lungo andare irrita pure il lettore meno informato.
Bettini sa che in quegli anni c'era molta confusione, ma sa anche che alcuni punti fermi si erano consolidati, a cominciare dai mezzi di trasmissione del virus. Sentite cosa dice l'ispettore ad un picchiatore sieropositivo: "E non le è mai venuto in mente che picchiando qualcuno che non fosse sieropositivo poteva infettarlo? Non ha mai pensato che i suoi pestaggi, diciamo pure, come dice lei, imposti dalle circostanze, potevano far ammalare di un morbo letale persone che da quel punto di vista erano sane?
Roba da non credere: se c'è qualcuno che crede che un virus del genere si possa trasmettere con una scazzottata io cambio universo. Bettini c'ha scritto pure un libro.
Non contento, reitera il misfatto: "Siccome sei un portatore di un virus potenzialmente mortale, non ti sei preoccupato di evitare il contagio. Li hai picchiati e basta. Loro si sono ammalati e sono morti.
Un ispettore di tale fatta andrebbe denunciato alla comunità scientifica e non solo per procurato allarme... per fortuna che è solo una creatura letteraria (ma siamo davvero sicuri che nel 2011 non ci sia ancora qualche demente angosciato da simili pazzesche prospettive?).
Insomma un libro carino e costruito con sapienza ma segnato da un'incredibile ignoranza.
La domanda allora sorge spontanea: ma il Bettini ha ambientato il giallo nel '93 forse perché ambientandolo ai giorni nostri e con le nostre attuali conoscenze, non avrebbe potuto ugualmente proporlo? Mica lo so. Anzi sì: propenderei col pensare il contrario.
Bettini ha 'usato' gli anni novanta, ma con la stessa leggerezza avrebbe 'sfruttato' il nuovo secolo.
Direte voi: ma la signorina che piglio avvocatesco ha! Certo, altrimenti non scriverei per il Paradiso. Ovvio no?
di Eleonora del Poggio
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