RECENSIONI
David Fauquemberg
Mal tiempo
Keller editore, Pag. 206 Euro 14,00
Sono un detrattore della nobile arte, checché se ne dica: non mi piace l'uomo rintronato e detesto il pugilato come metafora del potere. Perché cosa fa la guerra se non contrapporre gli uni agli altri e come ultimo fine la distruzione dell'avversario? Taglieremmo comunque una buona fetta di narrativa se decidessimo di mettere all'angolo (siamo in tema no?) l'uno e l'altra.
Gli italiani, come tutti, ci hanno messo spesso lo zampino e anche i 'nuovi' letterati non disdegnano sortite a riguardo: mi vengono in mentre, tra gli altri, Pugni di Pietro Grossi e La guardia, dedicato al pugile Tiberio Mitri (i nostri padri o nonni sanno benissimo chi è), di Andrea Caterini.
Non sorprende quindi l'ennesima avventura tra le corde, stavolta in terra cubana: ci pensa lo scrittore francese David Fauquemberg ad imbastire una vicenda dolorosa che ha come protagonisti un manipolo di sportivi dell'isola e, in particolar modo, un giovane colosso di nome Yoangel Corto.
Diciamolo subito: nonostante gli strombazzi di copertina (Mal tiempo è un romanzo fatto di sudore, di sangue e di bellezza stilistica – L'Humanité) e quelli di quarta, il libro di Fauquemberg non si discosta molto da altre vicende del genere, dove necessariamente sudore e sangue – la bellezza stilistica è altra cosa – la fanno da padrone.
Un pugile stanco, sulla via del tramonto è deciso ad appendere i guantoni al chiodo. Vuole lasciare tutto perché sa che la sua avventura sul ring è finita, ma l'amico e maestro, di origine russa, Rouslan Karelin gli chiede un ultimo favore: aiutarlo a portare la squadra dei giovani pugili a Cuba, dove la nobile arte, a livello amatoriale, rimane l'arte suprema. Una volta arrivati vi è l'incontro col prodigioso campione dei campioni: il ventenne Yoangel Corto.
C'è tutto in questo breve romanzo: la Cuba spumeggiante e misera, le sue feroci contraddizioni, i riti superstiziosi, l'umanità dolente, la speranza e il desiderio di fuga. E c'è il pugilato visto non solo come arma di riscatto, ma come una sorta di educazione alla vita.
Lo stile di Fauquemberg è secco e veloce, proprio come dovrebbe essere un gancio di un pugile che vuole stendere al tappeto l'avversario. Ma la metafora termina qua: i nomi poi scomodati per l'arte dello scrittore francese, Hemingway, Conrad e McCarthy oltre che fuori luogo sono proprio inappropriati.
Mal tiempo rimane una storia che è anche bisogno di fuga: la fuga dei protagonisti verso Cuba nel momento più alto di una stanchezza del vivere, e la fuga dei campioni, attraverso il pugilato, da destini segnati e dolorosi.
Poi la resa finale del colosso Corto non è il segnale di una sconfitta, ma di una presa di coscienza lontana da qualsivoglia imposizione.
di Alfredo Ronci
Gli italiani, come tutti, ci hanno messo spesso lo zampino e anche i 'nuovi' letterati non disdegnano sortite a riguardo: mi vengono in mentre, tra gli altri, Pugni di Pietro Grossi e La guardia, dedicato al pugile Tiberio Mitri (i nostri padri o nonni sanno benissimo chi è), di Andrea Caterini.
Non sorprende quindi l'ennesima avventura tra le corde, stavolta in terra cubana: ci pensa lo scrittore francese David Fauquemberg ad imbastire una vicenda dolorosa che ha come protagonisti un manipolo di sportivi dell'isola e, in particolar modo, un giovane colosso di nome Yoangel Corto.
Diciamolo subito: nonostante gli strombazzi di copertina (Mal tiempo è un romanzo fatto di sudore, di sangue e di bellezza stilistica – L'Humanité) e quelli di quarta, il libro di Fauquemberg non si discosta molto da altre vicende del genere, dove necessariamente sudore e sangue – la bellezza stilistica è altra cosa – la fanno da padrone.
Un pugile stanco, sulla via del tramonto è deciso ad appendere i guantoni al chiodo. Vuole lasciare tutto perché sa che la sua avventura sul ring è finita, ma l'amico e maestro, di origine russa, Rouslan Karelin gli chiede un ultimo favore: aiutarlo a portare la squadra dei giovani pugili a Cuba, dove la nobile arte, a livello amatoriale, rimane l'arte suprema. Una volta arrivati vi è l'incontro col prodigioso campione dei campioni: il ventenne Yoangel Corto.
C'è tutto in questo breve romanzo: la Cuba spumeggiante e misera, le sue feroci contraddizioni, i riti superstiziosi, l'umanità dolente, la speranza e il desiderio di fuga. E c'è il pugilato visto non solo come arma di riscatto, ma come una sorta di educazione alla vita.
Lo stile di Fauquemberg è secco e veloce, proprio come dovrebbe essere un gancio di un pugile che vuole stendere al tappeto l'avversario. Ma la metafora termina qua: i nomi poi scomodati per l'arte dello scrittore francese, Hemingway, Conrad e McCarthy oltre che fuori luogo sono proprio inappropriati.
Mal tiempo rimane una storia che è anche bisogno di fuga: la fuga dei protagonisti verso Cuba nel momento più alto di una stanchezza del vivere, e la fuga dei campioni, attraverso il pugilato, da destini segnati e dolorosi.
Poi la resa finale del colosso Corto non è il segnale di una sconfitta, ma di una presa di coscienza lontana da qualsivoglia imposizione.
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