RECENSIONI
Nicci French
Memory
Super Pocket, Pag.373 Euro 5,60
Scriveva Raymond Chandler nel 1944 nell'introduzione a La semplice arte del delitto: C'è un romanzo di Dorothy Sayers in cui un tale, una notte, mentre se ne sta solo in casa sua, viene soppresso per mezzo d'un peso sganciato da un meccanismo il cui funzionamento è provocato dall'abitudine della vittima d'accendere la radio sempre ad una certa ora, di porsi davanti all'apparecchio sempre in una certa posizione e di chinarsi giusto sino a quel certo punto. Basterebbero un paio di centimetri di scarto, da una parte e dall'altra e i lettori non avrebbero pane per i loro denti.Questo volgarmente si dice avere il Padreterno dalla propria parte; e a un assassino che avesse bisogno di tanto aiuto dalla Provvidenza io consiglierei di cambiar mestiere.
Parole sante. E si capisce ancor di più perché La semplice arte del delitto. Che non è semplice affatto, ma lontana mille miglia dalle immaginifiche e strabilianti costruzioni del giallo, soprattutto inglese, dell'età dell'oro.
Perché questa introduzione? Perché la ristampa del primo libro di Nicci French offre lo spunto.
Nicci French, lo sanno anche i sampietrini del Colosseo, ma non i curatori delle edizioni gialle del Superpocket che continuano ad identificarla come una donna, è in realtà uno pseudonimo sotto cui si celano Nicci Gerrard and Sean French, marito e moglie.
Due bravi artigiani che da anni costruiscono storie psicologiche con stile sobrio, ma efficace, tanto che anche il cinema, che sempre più spesso ormai preferisce la deriva semplicistica e tutto sommato consolatorio del giallo al setting inquietante e promiscuo della delinquenza metropolitana, ha fatto propri alcuni romanzi della coppia portandoli sul grande schermo. Pensiamo a Killing me softly (Uccidimi dolcemente) tratto da Feu de Glace (in italiano: Dolce e crudele... caspita quattro titoli per un unico libro, forse un record!) e sul cui valore il Goffredo Fofi così discettò: Hanno dato a Chen un romanzaccio, dei tecnici da manuale, degli attori manichini e l'hanno certamente supervisionato passo passo, perché non osasse avere idee altre che di meccanica, e modelli altro che la pubblicità. La storia, tutta di copia e citazione, è di quelle classiche del tipo: 'Ma chi è che ho sposato? Forse uno psicotico? Forse il mio assassino?, e ricalca malissimamente quelle angosciose degli anni Quaranta alla Hitchcock o Lang (...) Si potrebbe anche dire a Chen: ben ti sta! Ma è sempre triste vedere un talento che accetta di farsi bruciare da un manipolo di imbecilli mercanti imperialisti". (Panorama, 28 marzo 2002).
Dicevamo dello spunto riferito a La semplice arte del delitto. Memory purtroppo, e dico purtroppo perché la coppia spesso lavora di fino e non rabbercia affatto quando si tratta di tirare le fila dell'intreccio, ha questo difetto: come per l'omicidio nel romanzo della Sayers e "sfanculato" giustamente dal Chandler, potrebbe crollare se solo un personaggio per un caso fortuito si trovasse a fare un passo invece che un altro.
Non rivelo nulla per non sciupare la sorpresa a lettori pazienti: ma davvero le cose stanno così. Uno spostamento di prospettiva di pochi minuti e tutti nodi della maglia andrebbero a farsi fottere.
Nicci French non rinuncia, come d'uopo, al colpaccio finale: ma non serve a compensare il "brogliaccio" di cui si diceva.
Io dico peccato, perché la vicenda di un cadavere di una ragazza scomparsa, ritrovato dopo venticinque anni nel giardino dei genitori mi sembrava stimolante. Ma forse solo per menti malate come la mia.
di Eleonora del Poggio
Parole sante. E si capisce ancor di più perché La semplice arte del delitto. Che non è semplice affatto, ma lontana mille miglia dalle immaginifiche e strabilianti costruzioni del giallo, soprattutto inglese, dell'età dell'oro.
Perché questa introduzione? Perché la ristampa del primo libro di Nicci French offre lo spunto.
Nicci French, lo sanno anche i sampietrini del Colosseo, ma non i curatori delle edizioni gialle del Superpocket che continuano ad identificarla come una donna, è in realtà uno pseudonimo sotto cui si celano Nicci Gerrard and Sean French, marito e moglie.
Due bravi artigiani che da anni costruiscono storie psicologiche con stile sobrio, ma efficace, tanto che anche il cinema, che sempre più spesso ormai preferisce la deriva semplicistica e tutto sommato consolatorio del giallo al setting inquietante e promiscuo della delinquenza metropolitana, ha fatto propri alcuni romanzi della coppia portandoli sul grande schermo. Pensiamo a Killing me softly (Uccidimi dolcemente) tratto da Feu de Glace (in italiano: Dolce e crudele... caspita quattro titoli per un unico libro, forse un record!) e sul cui valore il Goffredo Fofi così discettò: Hanno dato a Chen un romanzaccio, dei tecnici da manuale, degli attori manichini e l'hanno certamente supervisionato passo passo, perché non osasse avere idee altre che di meccanica, e modelli altro che la pubblicità. La storia, tutta di copia e citazione, è di quelle classiche del tipo: 'Ma chi è che ho sposato? Forse uno psicotico? Forse il mio assassino?, e ricalca malissimamente quelle angosciose degli anni Quaranta alla Hitchcock o Lang (...) Si potrebbe anche dire a Chen: ben ti sta! Ma è sempre triste vedere un talento che accetta di farsi bruciare da un manipolo di imbecilli mercanti imperialisti". (Panorama, 28 marzo 2002).
Dicevamo dello spunto riferito a La semplice arte del delitto. Memory purtroppo, e dico purtroppo perché la coppia spesso lavora di fino e non rabbercia affatto quando si tratta di tirare le fila dell'intreccio, ha questo difetto: come per l'omicidio nel romanzo della Sayers e "sfanculato" giustamente dal Chandler, potrebbe crollare se solo un personaggio per un caso fortuito si trovasse a fare un passo invece che un altro.
Non rivelo nulla per non sciupare la sorpresa a lettori pazienti: ma davvero le cose stanno così. Uno spostamento di prospettiva di pochi minuti e tutti nodi della maglia andrebbero a farsi fottere.
Nicci French non rinuncia, come d'uopo, al colpaccio finale: ma non serve a compensare il "brogliaccio" di cui si diceva.
Io dico peccato, perché la vicenda di un cadavere di una ragazza scomparsa, ritrovato dopo venticinque anni nel giardino dei genitori mi sembrava stimolante. Ma forse solo per menti malate come la mia.
di Eleonora del Poggio
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