RECENSIONI
Teresa De Sio
Metti il diavolo a ballare
Einaudi, Pag. 198 Euro 16,00
Per un attimo ho temuto. Ho temuto che la mia adorata Teresa si fosse lasciata coinvolgere dalla mortifera moda della 'taranta' e ci ammorbasse (come spesso succede nei festival estivi dove gruppi, per lo più pugliesi ovvio, attaccano quelle pippe musicali infinite che durano una vita e dove il culmine coincide da una parte nella rappresentazione sacra di una tradizione secolare e dall'altra , quella del pubblico, col desiderio del suicidio) con storie legate al folclore e agli studi demartiniani (ripeto: l'ammorbo sarebbe per la stupidità di insistere su una moda, non certo per la materia).
Per fortuna è tutt'altro. Meglio: siamo sempre da quelle parti, in un universo limitato (la Puglia), in un'italietta ancora scossa da una guerra da poco finita (gli inizi degli anni cinquanta), ma nell'intenzione della cantante-scrittrice non c'è il desiderio di confrontarsi con il costume (anche se presente nella sua forma più culturalmente riconoscibile), ma con la tragica questione della violenza in genere e, tema attualissimo, della violenza sulle donne.
La trama, pur nella fascinosa scansione non sempre temporale delle vicende, è riassumibile in poche righe: è la storia di Archina, tredicenne sfortunata, che ad un certo punto è 'morsicata' dalla tarantola, ma nella sua personale rappresentazione del male rivela agli occhi di chi vuol davvero vedere, l'origine esatta della sua sventura. Rappresentazione che rimane tutt'ora, ai giorni d'oggi, d'attualissima pertinenza: dove spesso il delitto della violenza sui minori avviene tra le quattro mura domestiche.
Infatti Archina che considera il suo male un'ingombrante presenza (Erano i pensieri del diavolo. Stavo male, però stavo pure bene. Dopo tre giorni di ballo, ero caduta stanca, e la balena non c'era più) sarà libera da esso solo nel momento in cui cesseranno le violenze da parte del padre e dell'amico del padre.
Il romanzo (sorprendente davvero!) della De Sio è un racconto corale, dove la moltitudine dei personaggi (Nunzio, il padre di Archina, Filomena la sorella, Narduccio il comunista, Angelo, il signorotto del paese, Candelora e Fatima, sorelle di quest'ultimo, Severino, spasimante giovane di Archina e figlio non riconosciuto di Angelo, la Saputa... ed altri ancora) non è solo, come indica il risvolto di copertina una necessità perché rappresentano lo sguardo di tutti, ma sono un campione di una scala di valori all'interno delle logiche di potere.
Perché la violenza è un'arma alimentata dal potere per mantenersi in vita: Ormai sapeva che a quelli che non riescono a spegnerla con i liquori, il sesso o l'esercizio del potere, non resta che l'uso della violenza, per mantenersi in vita. La violenza che si accende e brucia tutto, fa piazza pulita.
Il fascino del romanzo della De Sio viene anche da un apparente disomogeneità del linguaggio, dello stile: dico apparente, perché l'artista usa registri narrativi a prima vista simili, in realtà impercettibilmente dissimili perché, e questo sì, ogni personaggio è uno sguardo sul mondo.
Suggestionati da questo fluire incessante di azioni e persone non ci sfuggono nemmeno brillanti intuizioni che avrebbero un posto nella psicologia più azzeccata.
Siamo quasi all'inizio del romanzo. E' carnevale, l'episodio è centrale nella vicenda eppure... Il Narduccio che vuole entrare si rimette la scarpa, abbassa gli occhi a guardarsi le gambe muscolose e piene di peli che spuntano da sotto alla gonna corta. Un uomo non sa mai veramente come sono le proprie gambe, fino a che non si veste da femmina.
Formidabile.
Ripeto: Metti il diavolo a ballare è un libro sorprendente e molto riuscito. Alla faccia dei mestieranti di maniera (sapete a chi mi rivolgo). In attesa però di un altro grande disco.
di Alfredo Ronci
Per fortuna è tutt'altro. Meglio: siamo sempre da quelle parti, in un universo limitato (la Puglia), in un'italietta ancora scossa da una guerra da poco finita (gli inizi degli anni cinquanta), ma nell'intenzione della cantante-scrittrice non c'è il desiderio di confrontarsi con il costume (anche se presente nella sua forma più culturalmente riconoscibile), ma con la tragica questione della violenza in genere e, tema attualissimo, della violenza sulle donne.
La trama, pur nella fascinosa scansione non sempre temporale delle vicende, è riassumibile in poche righe: è la storia di Archina, tredicenne sfortunata, che ad un certo punto è 'morsicata' dalla tarantola, ma nella sua personale rappresentazione del male rivela agli occhi di chi vuol davvero vedere, l'origine esatta della sua sventura. Rappresentazione che rimane tutt'ora, ai giorni d'oggi, d'attualissima pertinenza: dove spesso il delitto della violenza sui minori avviene tra le quattro mura domestiche.
Infatti Archina che considera il suo male un'ingombrante presenza (Erano i pensieri del diavolo. Stavo male, però stavo pure bene. Dopo tre giorni di ballo, ero caduta stanca, e la balena non c'era più) sarà libera da esso solo nel momento in cui cesseranno le violenze da parte del padre e dell'amico del padre.
Il romanzo (sorprendente davvero!) della De Sio è un racconto corale, dove la moltitudine dei personaggi (Nunzio, il padre di Archina, Filomena la sorella, Narduccio il comunista, Angelo, il signorotto del paese, Candelora e Fatima, sorelle di quest'ultimo, Severino, spasimante giovane di Archina e figlio non riconosciuto di Angelo, la Saputa... ed altri ancora) non è solo, come indica il risvolto di copertina una necessità perché rappresentano lo sguardo di tutti, ma sono un campione di una scala di valori all'interno delle logiche di potere.
Perché la violenza è un'arma alimentata dal potere per mantenersi in vita: Ormai sapeva che a quelli che non riescono a spegnerla con i liquori, il sesso o l'esercizio del potere, non resta che l'uso della violenza, per mantenersi in vita. La violenza che si accende e brucia tutto, fa piazza pulita.
Il fascino del romanzo della De Sio viene anche da un apparente disomogeneità del linguaggio, dello stile: dico apparente, perché l'artista usa registri narrativi a prima vista simili, in realtà impercettibilmente dissimili perché, e questo sì, ogni personaggio è uno sguardo sul mondo.
Suggestionati da questo fluire incessante di azioni e persone non ci sfuggono nemmeno brillanti intuizioni che avrebbero un posto nella psicologia più azzeccata.
Siamo quasi all'inizio del romanzo. E' carnevale, l'episodio è centrale nella vicenda eppure... Il Narduccio che vuole entrare si rimette la scarpa, abbassa gli occhi a guardarsi le gambe muscolose e piene di peli che spuntano da sotto alla gonna corta. Un uomo non sa mai veramente come sono le proprie gambe, fino a che non si veste da femmina.
Formidabile.
Ripeto: Metti il diavolo a ballare è un libro sorprendente e molto riuscito. Alla faccia dei mestieranti di maniera (sapete a chi mi rivolgo). In attesa però di un altro grande disco.
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