RECENSIONI
Paul French
Mezzanotte a Pechino (ovvero il torbido omicidio della Torre delle volpi)
Einaudi, Traduzione di Anna Rusconi, Pag. 264 Euro 19,50
Questo libro può essere un inganno… ma non lo è. Cioè a dire, è costruito come un giallo, mantiene fino alla fine l’essenza di questo ma, allo stato delle cose, rimane un prezioso documento per raccontare la Cina degli anni 30 e il suo incredibile scenario.
Pechino 1937. Pochi giorni prima di Natale Pamela, la giovane figlia di un diplomatico inglese, viene trovata barbaramente uccisa davanti ad un’antica fortificazione. Ad occuparsi del caso due giovani detectives, Richard Dennis, di Scotland Yard e l’ambiguo colonnello cinese Han.
Come ci si può muovere dentro una Cina divisa e saccheggiata che non riesce a vedere un futuro senza una continua e stressante politica di adeguamento e complicità?
Perché a ben vedere il delitto, sin dal primo momento, non assomiglia a niente altro, nel senso che lo si vuole passare per un delitto di quartiere ma ha invece tutte le caratteristiche di una rivalsa o quanto meno di un gioco sporco tra i “signori” di Pechino.
Perché la morte della donna è diversa non soltanto per la dinamica, ma anche perché il cadavere è orrendamente sfigurato, i vestiti da studentessa stracciati e dal petto sono stati prelevati alcuni organi tra cui il cuore.
Non vorrei essere preso per un pignolo, ma la storia raccontata nel libro è assolutamente vera, come vero, inutile a dirsi, è il tentativo del padre della ragazza di trovare dei segni e delle equazioni che lo possano portare al raggiungimento di una verità che l’uomo considera non solo giusta ma anche decisiva per i rapporti futuri con la Cina.
Infatti, sin dall’inizio, l’ex diplomatico trova ostacoli insormontabili, soprattutto quando tenta di toccare gli ambienti occidentali più noti e rispettati della città.
Pechino sembra una città intoccabile, dove tutto sembra accadere grazie anche alla formidabile azione politica dell’amministrazione locale, in realtà la dubbia cristallinità degli ambienti del posto lascia il posto ad una visione malata e macabra delle cose e degli abitanti.
Ci vorranno decenni prima che il delitto venga risolto, grazie anche all’abilità, alla costanza e al senso del dovere dell’ex diplomatico, ma rimane nel lettore la consapevolezza di uno stato delle cose non del tutto chiaro.
Come abbiamo detto siamo nel 1937. Poi ci saranno i Giapponesi, ci sarà la seconda guerra mondiale, ci sarà Mao, ma tutto ci porta a pensare che la Cina di quegli anni era una sola ed autentica ‘ambasciata’ di cose perdute ed intoccabili.
di Alfredo Ronci
Pechino 1937. Pochi giorni prima di Natale Pamela, la giovane figlia di un diplomatico inglese, viene trovata barbaramente uccisa davanti ad un’antica fortificazione. Ad occuparsi del caso due giovani detectives, Richard Dennis, di Scotland Yard e l’ambiguo colonnello cinese Han.
Come ci si può muovere dentro una Cina divisa e saccheggiata che non riesce a vedere un futuro senza una continua e stressante politica di adeguamento e complicità?
Perché a ben vedere il delitto, sin dal primo momento, non assomiglia a niente altro, nel senso che lo si vuole passare per un delitto di quartiere ma ha invece tutte le caratteristiche di una rivalsa o quanto meno di un gioco sporco tra i “signori” di Pechino.
Perché la morte della donna è diversa non soltanto per la dinamica, ma anche perché il cadavere è orrendamente sfigurato, i vestiti da studentessa stracciati e dal petto sono stati prelevati alcuni organi tra cui il cuore.
Non vorrei essere preso per un pignolo, ma la storia raccontata nel libro è assolutamente vera, come vero, inutile a dirsi, è il tentativo del padre della ragazza di trovare dei segni e delle equazioni che lo possano portare al raggiungimento di una verità che l’uomo considera non solo giusta ma anche decisiva per i rapporti futuri con la Cina.
Infatti, sin dall’inizio, l’ex diplomatico trova ostacoli insormontabili, soprattutto quando tenta di toccare gli ambienti occidentali più noti e rispettati della città.
Pechino sembra una città intoccabile, dove tutto sembra accadere grazie anche alla formidabile azione politica dell’amministrazione locale, in realtà la dubbia cristallinità degli ambienti del posto lascia il posto ad una visione malata e macabra delle cose e degli abitanti.
Ci vorranno decenni prima che il delitto venga risolto, grazie anche all’abilità, alla costanza e al senso del dovere dell’ex diplomatico, ma rimane nel lettore la consapevolezza di uno stato delle cose non del tutto chiaro.
Come abbiamo detto siamo nel 1937. Poi ci saranno i Giapponesi, ci sarà la seconda guerra mondiale, ci sarà Mao, ma tutto ci porta a pensare che la Cina di quegli anni era una sola ed autentica ‘ambasciata’ di cose perdute ed intoccabili.
di Alfredo Ronci
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