RECENSIONI
Albert Camus
Mi rivolto dunque siamo
Eleuthera, Pag. 120 Euro 12,00
Sostiene Goffredo Fofi che Camus fosse un intellettuale che si rifiutava di barare, segnato com'era da un'esigenza radicale di verità. Questa nuova edizione di suoi scritti politici, curata da Vittorio Giacopini per le edizioni Elèuthera di Milano, nasce come "breviario laico" per quanti intendano ancora ribellarsi: al di là delle ideologie e delle religioni, "Camus dice una cosa tremenda e impegnativa: la rivolta non è un'opzione o una scelta come tante ma un dovere assoluto, imperativo. Chi non sa dire di no – alla società che lo circonda, a uno schema sociale anchilosato, alle sirene ambigue del successo o anche a forme di protesta invecchiate, di maniera – non è degno di stare al mondo; non esiste" - chiosa, lapidario, Giacopini.
L'antologia è inaugurata da un articolo del 1946, Né vittime né carnefici (Ni victimes, ni bourreau). Camus parla del ventesimo secolo come del secolo della paura; di cittadini privi d'una proiezione nel futuro, senza promessa di miglioramento o di progresso. Qualcosa in noi, scrive, è stato distrutto dallo spettacolo degli anni che abbiamo appena vissuto. Quel qualcosa è l'eterna fiducia nell'uomo (...). Noi abbiamo visto mentire, umiliare, uccidere, deportare, torturare, e ogni volta non è stato possibile convincere coloro che lo facevano a non farlo, perché erano sicuri di sé e perché non si convince un'astrazione, cioè il rappresentante di un'ideologia (p. 18).
Sogna un mondo in cui non si ammazzi più la gente, o in cui almeno l'omicidio non sia più legittimato. Sogna un mondo in cui la democrazia nazionale o internazionale non sia un regime di dittatura internazionale. Sogna un nuovo contratto sociale, sulla base di principi più ragionevoli. Sogna parole più forti dei proiettili.
Sempre 1946: ecco La Spagna nel cuore (Pourquoi l'Espagne): amare riflessioni sulle sorti della ribellione iberica, sulla naturale solidale delle democrazie internazionali, sull'interruzione della libertà e sul senso della fine della libertà in uno Stato. La libertà - scrive - ci deve essere per tutti o non c'è per nessuno.
1948: Contro il totalitarismo. Apparso su "Combat") è un pezzo in cui Camus assimila senza difficoltà e senza perplessità i campi di concentramento russi a quelli nazisti, e tuttavia spiega perché non bisogna abbassare la guardia a proposito della Spagna (fucilazioni; consegna di prigionieri politici). Casus belli è l'ambientazione del suo Lo stato d'assedio.
La guerra e la pace (Interview non publiée) è una meditazione sull'assenza della guerra, sul desiderio della pace, sull'incapacità dell'Europa d'essere potenza pari a USA e URSS. Avanziamo. 1949: I tempi della rivoluzione e il tempo della rivolta: sono parole di speranza, versate per un tempo in cui la storia non sarà fatta più dalla potenza delle polizie e del denaro; in cui nessuna menzogna diventerà regime, e propaganda; in cui nessuna giustizia domanderà la soppressione della libertà.
Dopo altri articoli, tendenzialmente si tratta di difese dello spirito e dei contenuti delle proprie opere, in primis L'uomo in rivolta, oppure di commenti a tragici episodi di attualità (fatti di Algeria; fatti di Poznan) ecco L'artista e il suo tempo (1953), assemblaggio di varie interviste radiofoniche. Camus non rivendica nessun ruolo, come artista: ribadisce d'essere contro la tirannide, contro le menzogne marxiste, contro le loro pretese religiose, mistificazioni odiose.
Al termine della lettura di quest'antologia di scritti politici-letterari di Camus, rimane la piacevole sensazione d'aver interiorizzato gli assi portanti di una battaglia, quella per la libertà – non per la democrazia: e questo è affascinante – che deve avere ancora tornare a essere combattuta.
Cittadini d'un tempo nuovo, estraneo alla fiducia nei regimi e alla fede nei partiti, sgombrato ogni equivoco ideologico e restituita la religione al suo ruolo spirituale e niente affatto temporale, potremmo e potremo meditare sul senso profondo dell'opposizione al dogmatismo, all'ingiustizia, all'omicidio e a ogni limitazione della libertà dell'individuo.
Come insegnava Lucrezio, per metabolizzare correttamente certi principi può servire del miele, a stemperare l'altrimenti amaro calice. Quel miele sono le opere letterarie di Camus. Al termine del viaggio non avrete difficoltà a nutrirvi della prosa politica d'un artista che viveva sognando e insegnando la libertà, e la libertà soltanto.
La libertà non è rossa, e non è totalitaria.
Punto.
di Gianfranco Franchi
L'antologia è inaugurata da un articolo del 1946, Né vittime né carnefici (Ni victimes, ni bourreau). Camus parla del ventesimo secolo come del secolo della paura; di cittadini privi d'una proiezione nel futuro, senza promessa di miglioramento o di progresso. Qualcosa in noi, scrive, è stato distrutto dallo spettacolo degli anni che abbiamo appena vissuto. Quel qualcosa è l'eterna fiducia nell'uomo (...). Noi abbiamo visto mentire, umiliare, uccidere, deportare, torturare, e ogni volta non è stato possibile convincere coloro che lo facevano a non farlo, perché erano sicuri di sé e perché non si convince un'astrazione, cioè il rappresentante di un'ideologia (p. 18).
Sogna un mondo in cui non si ammazzi più la gente, o in cui almeno l'omicidio non sia più legittimato. Sogna un mondo in cui la democrazia nazionale o internazionale non sia un regime di dittatura internazionale. Sogna un nuovo contratto sociale, sulla base di principi più ragionevoli. Sogna parole più forti dei proiettili.
Sempre 1946: ecco La Spagna nel cuore (Pourquoi l'Espagne): amare riflessioni sulle sorti della ribellione iberica, sulla naturale solidale delle democrazie internazionali, sull'interruzione della libertà e sul senso della fine della libertà in uno Stato. La libertà - scrive - ci deve essere per tutti o non c'è per nessuno.
1948: Contro il totalitarismo. Apparso su "Combat") è un pezzo in cui Camus assimila senza difficoltà e senza perplessità i campi di concentramento russi a quelli nazisti, e tuttavia spiega perché non bisogna abbassare la guardia a proposito della Spagna (fucilazioni; consegna di prigionieri politici). Casus belli è l'ambientazione del suo Lo stato d'assedio.
La guerra e la pace (Interview non publiée) è una meditazione sull'assenza della guerra, sul desiderio della pace, sull'incapacità dell'Europa d'essere potenza pari a USA e URSS. Avanziamo. 1949: I tempi della rivoluzione e il tempo della rivolta: sono parole di speranza, versate per un tempo in cui la storia non sarà fatta più dalla potenza delle polizie e del denaro; in cui nessuna menzogna diventerà regime, e propaganda; in cui nessuna giustizia domanderà la soppressione della libertà.
Dopo altri articoli, tendenzialmente si tratta di difese dello spirito e dei contenuti delle proprie opere, in primis L'uomo in rivolta, oppure di commenti a tragici episodi di attualità (fatti di Algeria; fatti di Poznan) ecco L'artista e il suo tempo (1953), assemblaggio di varie interviste radiofoniche. Camus non rivendica nessun ruolo, come artista: ribadisce d'essere contro la tirannide, contro le menzogne marxiste, contro le loro pretese religiose, mistificazioni odiose.
Al termine della lettura di quest'antologia di scritti politici-letterari di Camus, rimane la piacevole sensazione d'aver interiorizzato gli assi portanti di una battaglia, quella per la libertà – non per la democrazia: e questo è affascinante – che deve avere ancora tornare a essere combattuta.
Cittadini d'un tempo nuovo, estraneo alla fiducia nei regimi e alla fede nei partiti, sgombrato ogni equivoco ideologico e restituita la religione al suo ruolo spirituale e niente affatto temporale, potremmo e potremo meditare sul senso profondo dell'opposizione al dogmatismo, all'ingiustizia, all'omicidio e a ogni limitazione della libertà dell'individuo.
Come insegnava Lucrezio, per metabolizzare correttamente certi principi può servire del miele, a stemperare l'altrimenti amaro calice. Quel miele sono le opere letterarie di Camus. Al termine del viaggio non avrete difficoltà a nutrirvi della prosa politica d'un artista che viveva sognando e insegnando la libertà, e la libertà soltanto.
La libertà non è rossa, e non è totalitaria.
Punto.
di Gianfranco Franchi
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