RECENSIONI
Michele Molina
Milanabad
Castelvecchi, Pag.244 Euro 15.00
Che io sappia romanzi che parlano del mondo dell'hip hop italiano non ce ne sono. Non ci sono nemmeno romanzi che parlino della scena hip hip con protagonisti ragazzi non italiani che vivono in Italia, a Milano nello specifico. Milanabad di Michele Molina lo fa. I protagonisti di questa piccola storia urbana sono due adolescenti, un italiano, Marco e suo cugino di origini egiziane, Tarik. Entrambi hanno nomi da 'cumpa', come la chiamano a Milano, o meglio da crew hip hop; Pluto e la Rabbia. La vicenda si svolge nella profonda periferia del capoluogo lombardo, soprattutto in zona Lambrate. Dopo uno sfratto in cui Marco e la madre Lucia sono stati costretti in piena notte a lasciare la loro casa, i due vengono accolti nell'appartamento dalla sorella di Lucia. Lì nasce il connubio fra i due ragazzi, la passione per l'hip hop, la voglia di sfondare e diventare qualcuno. Lì Tarik La Rabbia si accorge che il cugino è un vero campione a rappare e a poco a poco, insieme ad altri ragazzi, formeranno prima un gruppo con cui sfornare basi mixate e poi affineranno le loro doti in un mixtape che dovrà concorrere alla più importante esibizione live italiana, il 2thebeat di Bologna. Lo svolgimento è abbastanza credibile e l'autore conosce sicuramente quel mondo in maniera adeguata. Tuttavia la storia decolla solo in parte. Alcuni dialoghi sono belli e divertenti ma in certi tratti si avverte un collasso troppo marcato della vicenda. Originali e spiazzanti i dialoghi fra Marco e la sua conquista sudamericana, Guenda, così come accattivante il modo in cui si conoscono in una specie di retata di writers. Meno originale e francamente azzardata la parte finale in cui i soliti nazi menano e feriscono pesantemente Tarik e uccidono l'amico Malik. Soprattutto perché convince poco il fatto che serva un evento simile per far sì che un adolescente di origini arabe si converta al fondamentalismo, pur vivendo in Occidente. Alcuni probabilmente, nella realtà, si lasciano ammaliare dai barbuti mullah (pakistani, al solito) per molto meno. Basta saper far leva sui sensi di colpa e sulla paura, cosa che gli islamici sanno fare forse molto meglio dei tonacati vaticani, almeno in questi anni, e la frittata è fatta. Il merito di Molina, già autore di romanzi, saggi e testi sulla musica, è tuttavia quello di aver provato a riportare uno spaccato urbano poco conosciuto; lì dove la scena della musica black e hip hop italiana, anni luce indietro a quella degli altri Paesi europei (non parlo degli Stati Uniti per pudore) è agli albori della crescita di movimenti e movimentini di un certo interesse, in cui a farla da protagonisti sono anche o soprattutto i figli di prima o seconda generazione di migranti. Qualcosa si muove, a Milano in particolare e a Roma in seconda battuta. Milanabad, che scorre leggero come un mix tape, ce ne da conto e fa nascere una star del movimento hip hop dal basso. Speriamo almeno sia profetico. E nel frattempo aspettiamo con ansia di sapere se nascerà presto un nuovo Fabri Fibra (e di capire se è davvero libero o solo un ribelle ben controllato).
di Adriano Angelini
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