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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Ixiar Rozas

Negutegia

Le Nubi, Pag. 162 Euro 14,00
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Quante volte si è usata l'espressione 'letteratura on the road', un po' per omaggiare Kerouac e un po' per usare una definizione che in fondo non vuol dire nulla e che quindi può essere utile per tutte le occasioni? Basterebbe aggiungere, anche banalmente, che ogni romanzo è un viaggio dell'anima per chiudere la partita.

La si usa anche in questo caso, per un romanzo che preferirei qualificarlo, se è proprio necessario, come un raccordo di vite svissute (e che Pannella mi venga in soccorso).

Un uomo che sta scontando una pena nel carcere della Gorgona (e i motivi saranno precisati solo nella parte ultima del romanzo) convoca con delle lettere due amici (una donna, di nome Emi, tedesca di famiglia turca e un uomo di nome Dede, francese di origine catalana) che aveva conosciuto durante un'opera di volontariato in occasione dell'ennesimo sisma in terra turca.

Il libro è diviso in quattro parti: la prima è una sorta di presentazione del carcerato che serve però solo a dare un'immagine abbozzata di futuri sviluppi, la seconda, quella più intensa e stilisticamente più convincente, racconta il viaggio che affronta Emi una volta abbandonata Berlino e l'uomo che vive con lei per raggiungere la Liguria. La terza è il viaggio di Dede fino alla 'comune' destinazione, e la quarta, come si diceva poc'anzi, una specie di raccordo delle esistenze dei protagonisti.

Scritto in euskara che, come dice Maria Nadotti nella postfazione, è una lingua che pochi parlano e pochissimi leggono fuori dall'area geografica dei Paesi Baschi, alterna momenti di quotidiana inquietudine (il viaggio di Emi ci sembra davvero una bella trasposizione delle inquietudini contemporanee. Una curiosità, è la prima volta che trovo in un romanzo un esplicito riferimento ai fatti del G8 a Genova con la morte del povero Giuliani e un'atmosfera per nulla vivibile: le strade stavano già bruciando, era l'obiettivo di molti, deipotenti che stavano dall'altra parte della zona rossa... pag. 123) e momenti più lirici, con un linguaggio a volte troppo soffocantemente poetico (il viaggio di Dede, che è 'limitato' da una visione troppo 'artistica' della realtà a discapito della prosaicità del capitolo che lo precede).

Sigilla la storia la parte finale, che ha il fascino dell'irrisolto: quando i lettori si aspettano quanto meno un interscambio tra i tre, il sipario si chiude improvvisamente. Capiamo l'autore: che bisogno c'è di presentare il conto, quando il costo della vita e del suo uso è sempre stato sotto gli occhi di tutti, soprattutto sotto quelli dei protagonisti richiamati amichevolmente?

Romanzi a tratti decisamente suggestivo.



di Alfredo Ronci


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