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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Fulvio Di Lieto

Nel nome della Madre

Il Calamaio, Pag. 307 Euro 15,00
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Non si può negare che la lettura sia gradevole, perché il romanzo è scritto bene e mantiene un buon ritmo, i personaggi sono ben tratteggiati e l'ambientazione, in una Roma estiva che offre un volto più quieto e un'atmosfera più adatta all'esplorazione dei misteri non ancora svelati, è suggestiva. Vi si racconta di un giovane fotografo dilettante che si imbatte in un intrigo internazionale ordito intorno a una pietra nera sacra a Cibele, uno di quei simboli trasversali che accomunano culture e religioni di popoli diversi,e infatti il culto pagano della pietra si intreccia con la venerazione tributata alla Pietà di Michelangelo.

Fulvio Di Lieto ha buon titolo per parlarne perché dirige una rivista, "L'Archetipo", che si occupa di misteri e di antiche culture. Questa informazione però non è citata in alcuna parte del libro, tristemente privo di notizie biografiche. Da lettrice mi sento defraudata se non ho la possibilità di dare un pur minima connotazione personale a chi scrive. Detto questo, c'è da osservare che Di Lieto non è Dan Brown, e per fortuna lo sa, e intelligentemente non punta tanto su intrecci mirabolanti quanto sull'umorismo e la simpatia che i personaggi ispirano.

Tutto bene, dunque, salvo che nel suo insieme il romanzo funziona a un livello che sarebbe perfetto in un libro per ragazzi. C'è buonismo, candore, semplificazione dei personaggi, qualche volta anche un po' di ingenuità, per esempio nel pensare che un generale a riposo (l'aspirante patrigno del protagonista) si coinvolga con tanta sventatezza, per di più insieme al ragazzo che dovrebbe caso mai proteggere, in imprese estremamente rischiose. Infine la descrizione della protagonista, Antinea, una sorta di sacerdotessa pagana dotata di mistici poteri, evoca doti così assolute di bellezza purezza e fascino, da far impallidire la Beatrice dantesca.

...lei, senza parlare, si avviò verso i gradini, salendoli con grazia e maestosità. Quando si trovò in alto, sul podio, Franco puntò la macchina fotografica e scattò proprio mentre lei, allargando le braccia, prese a ruotare su se stessa, con il tenue abito di chiffon multicolore che si apriva nella leggera brezza. Sembrava una strana farfalla che uscita dal bozzolo prendesse il volo nell'aria satura di acri odori estivi. Poi di colpo il vento si fermò, il cinguettio degli uccelli si spense e un silenzio irreale scese sulla terrazza protesa sui Fori. Antinea era immobile al centro del podio dove forse anticamente era il simulacro della Dea. Un tremito smosse la terra, e Franco provò un'insolita paura.

Antinea è arrivata da Haiti, accompagnata da un manipolo di fedeli, decisi a rubare un reperto che dovrebbe restituire dignità e prosperità alla patria afflitta. Il loro disegno si intreccia a quello ancor meno confessabile di un diabolico Monsignore, che per appagare una smisurata ambizione non esita a organizzare vere e proprie azioni criminali. Il tutto si snoda come una storia d'avventure senza grandi colpi di scena, e senza sorprese per quanto riguarda il comportamento dei personaggi.

A parte la gustosa ambientazione romana, che offre spunto per rivisitare la città con un approccio non convenzionale all'archeologia e alla storia antica, mi viene spontaneo associare questo testo alla fumettistica: illustrato da un bravo disegnatore, con l'alternarsi delle scene attuali alle immagini mitologiche, figurerebbe bene in un albo di quelli prodotti dal compianto Sergio Bonelli. Così avrebbe il giusto risalto l'immagine arcana e grandiosa della vergine che con un semplice gesto disincaglia la nave. Quello che nella storia è forse il momento di maggior pathos.





di Giovanna Repetto


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