RECENSIONI
Antonio Mesisca
Nero Dostoevski
Scrittura e Scritture, Pag. 158 Euro 13,50
Uno scrittore vero si riconosce dall'incipit, diceva qualcuno. Forse da qualche riga in più. Ma siamo lì. Antonio Mesisca appartiene alla categoria degli scrittori veri prestati (costretti) a fare altro nella vita. (mentre capita che gli scrittori di professione di questo paese sono quelli che dovrebbero fare altro e nella scrittura ci si sono ritrovati per caso). “Nero Dostoevskij”, romanzo d'esordio di Mesisca, spiazza subito fin dalle prime battute. La storia è presto detta: Oscar Peretti, un povero cristo dilaniato dal male del gioco d'azzardo, uccide la moglie ricca gioielliera e riesce a far dare la colpa a qualcun altro.
Una trama semplice semplice, anche scontata ma che a poco a poco srotola una serie di eventi e situazioni narrative quanto meno esilaranti. Peretti è un odioso truffaldino piccolo borghese, un italiano vero alla Toto Cutugno, che però non si può non amare nel corso della storia. Le vicende si svolgono in questa grigia e oscura provincia italiana (che secondo me potrebbe raccontarci, e Mesisca sa farlo, orrori che nulla avrebbero da invidiare a quella americana che nel corso del secolo scorso ha partorito grandi capolavori letterari e cinematografici), una provincia che già Ammaniti aveva tratteggiato con maestria in “Come Dio comanda” e che Mesisca riprende grazie alla sua appartenenza a una città come Novara che sicuramente ha storie da raccontare che spesso rimangono ai margini della cronaca (e del folclore) nazionale.
L'Oscar Peretti pieno di debiti che escogita in continuazione piani per uscire dai suoi problemi (e che puntualmente gli vanno male) è simpatico come una cartella di Equitalia, come un tossico che continui a frequentare gli stessi giri annunciando a tutti che sta per smettere. La bellezza che lo inchioda alla pagina come un piccolo capolavoro di caratterizzazione è la scrittura. Brillante, irridente, snella. A tratti irritante. Scivola via in un sol colpo di pistola, in un fiatone dopo una corsa in salita e una discesa liberatoria, ammalia il lettore che s'immedesima nelle sue vicende con una commozione diabolica. E poi il finale, che non riveleremo ovviamente, la punta di diamante di una trama ingegnosa e frutto di un attento lavoro di riflessione.
Ne escono pochi di libri belli in un anno in Italia, “Nero Dostoevskij” è uno di questi. E siccome natale è vicino, direi che sarebbe il caso, caro lettore, che ti armassi di santa pazienza e lo andassi a cercare in libreria. Chissà potrebbe piacerti talmente tanto Oscar Peretti che alla fine potresti scoprire di esser sempre stato come lui. E a quel punto...
A proposito, come si legge nella bandella iniziale, ma Dostoevskij che c'entra?
Nunzio Gallo Jr
di Nunzio Gallo Jr.
Una trama semplice semplice, anche scontata ma che a poco a poco srotola una serie di eventi e situazioni narrative quanto meno esilaranti. Peretti è un odioso truffaldino piccolo borghese, un italiano vero alla Toto Cutugno, che però non si può non amare nel corso della storia. Le vicende si svolgono in questa grigia e oscura provincia italiana (che secondo me potrebbe raccontarci, e Mesisca sa farlo, orrori che nulla avrebbero da invidiare a quella americana che nel corso del secolo scorso ha partorito grandi capolavori letterari e cinematografici), una provincia che già Ammaniti aveva tratteggiato con maestria in “Come Dio comanda” e che Mesisca riprende grazie alla sua appartenenza a una città come Novara che sicuramente ha storie da raccontare che spesso rimangono ai margini della cronaca (e del folclore) nazionale.
L'Oscar Peretti pieno di debiti che escogita in continuazione piani per uscire dai suoi problemi (e che puntualmente gli vanno male) è simpatico come una cartella di Equitalia, come un tossico che continui a frequentare gli stessi giri annunciando a tutti che sta per smettere. La bellezza che lo inchioda alla pagina come un piccolo capolavoro di caratterizzazione è la scrittura. Brillante, irridente, snella. A tratti irritante. Scivola via in un sol colpo di pistola, in un fiatone dopo una corsa in salita e una discesa liberatoria, ammalia il lettore che s'immedesima nelle sue vicende con una commozione diabolica. E poi il finale, che non riveleremo ovviamente, la punta di diamante di una trama ingegnosa e frutto di un attento lavoro di riflessione.
Ne escono pochi di libri belli in un anno in Italia, “Nero Dostoevskij” è uno di questi. E siccome natale è vicino, direi che sarebbe il caso, caro lettore, che ti armassi di santa pazienza e lo andassi a cercare in libreria. Chissà potrebbe piacerti talmente tanto Oscar Peretti che alla fine potresti scoprire di esser sempre stato come lui. E a quel punto...
A proposito, come si legge nella bandella iniziale, ma Dostoevskij che c'entra?
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di Nunzio Gallo Jr.
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