CLASSICI
Alfredo Ronci
Non era uno scherzo: “La stagione del basilisco” di Pietro Lazzaro.
La stagione del basilisco fa giustamente parlare di quella schiera di scrittori, e di conseguenza di opere, che ha rappresentato una sorta di chiave di volta nella nostra letteratura ma che però non è riuscita a scavalcare il mercato e ad imporsi come forse avrebbe dovuto. Della serie: buchi neri, veri e propri non-sense della nostra narrativa.
Parlavo prima di schiere di scrittori (forse ho esagerato, ma c’è anche il rischio che a noi stessi, che tentiamo di fare ordine nelle cose, possano sfuggire episodi di un certo rilievo, ma del tutto ignorati, anche se in questo numero non ben definito di narratori ci sono i neo-avanguardisti e tutti quelli che fecero parte del Gruppo ’63, che furono sì rivoluzionari ma dal punto di vista del mercato forse no), e nel corso dei nostri studi potremmo anche citare qualche esempio di narratori di notevole pregio ma che invece risultano caduti nel dimenticatoio, o quasi. Chi si ricorda per esempio di Sorriso degli etruschi di Dino Garrone (1944 e poi ristampato nel 2010), o de L’allenatore di Salvatore Bruno (1962 e poi ristampato nel 2022), o di Onan di Francesco Saba Sardi (1964), o di Malacqua di Nicola Pugliese (1978 e poi ristampato nel 2013), o di Ore perse vivere a 16 anni di Caterina Saviane (1978) e infine di In pienezza di cuore di Michele Malesaputo (1990)?
E’ solo un piccolo esempio di quella che invece potrebbe essere una lista ben più considerevole; rimane però l’indicazione di episodi che forse, interpretati nel modo giusto e civile, potrebbero rivelare tempi e modi di uno diverso sentire.
Ma veniamo a noi: Pietro Lazzaro scrisse in realtà solo due romanzi. Nella lettera di presentazione per il conferimento del Premio Villa S.Giovanni del 1968, confessò di averne scritto un altro, un terzo, che per le date storiche era il primo, ma che però decise di non proporlo, parole sue, perché… intriso di lirismo deteriore.
Passarono altri anni e decise di presentare Mille anime. Per il giudizio si scomodarono sia Vittorini che Calvino. Di Calvino si legge: Caro Lazzaro il parere di Vittorini su Mille anime concorda sostanzialmente col mio. Le deformazioni espressioniste e grottesche del racconto testimoniano sulle sue capacità d’ispirazione genuina e nuova, ma la cornice di storia paesana soffoca l’interesse delle pagine più vive. Perciò le rimando il manoscritto, confidando di leggere presto qualcos’altro di suo.
Chi, ricevendo certi giudizi, avrebbe continuato a scrivere? Lo stesso Lazzaro dice: La stagione del basilisco presuppone annotazioni e appunti presi durante certi mei lunghi soggiorni a Parigi e vuole essere, anche, un omaggio a una città che amo e conosco non da turista ma come luogo di lavoro e di positive esperienze culturali.
Scritto tra il 1966 e il 1967, quando uscì per Mondadori, ottenne ampio consenso da parte di alcuni dei maggiori intellettuali dell’epoca.
Siamo a Parigi, negli anni della guerra d’Algeria, nel Quartiere latino. Sullo sfondo, attentati e sirene della polizia sono richiamo fugace, incidentale ma presente di quei tempi sinistri, cui allude il titolo del romanzo.
Ecco come Lazzaro descrive la scena: Era diventato tutto difficile e preoccupante: il ragazzo cresciuto troppo, la pioggia radioattiva, le inquisizioni, i delitti, le esplosioni, le rapine, e infine quell’ondata di amore che travolgeva il mondo, troppi uomini sposati che s’innamoravano sul serio e finivano la loro vita sparando; come quel tale che aveva rapito una bambina, ma non l’aveva toccata, e correva con un camion per tutta la Francia – ma non era impazzito, era innamorato- e infine si era sparato anche lui. E tutte le altre stranezze.
E a questo si aggiungano: un oste, un cameriere, una droghiera, un ornitologo, pittori, un erborista, uno zoppo, delle ragazze che quasi fingono e un mongoloide. Che parlano di tutto e soprattutto del mondo agitato in una dimensione inesistente.
Non si deve credere che il tempo trascorso rientri nel nulla; il tempo è uno ed eterno, il presente e il futuro non sono che aspetti diversi – stampe diverse, se così si preferisce – di una registrazione continua, invariabile, dell’esistenza perpetua.
La stagione del basilisco, edito da Mondadori, fu un flop. Jaca Books nel 2003 l’ha riproposto, insieme a Mille anime. Ovviamente adatti solo (come noi) a quelli che stanno dietro alle cose strane e a volte inspiegabili.
L’edizione da noi considerata è:
Pietro Lazzaro
La stagione del basilisco
Jaca Book
Parlavo prima di schiere di scrittori (forse ho esagerato, ma c’è anche il rischio che a noi stessi, che tentiamo di fare ordine nelle cose, possano sfuggire episodi di un certo rilievo, ma del tutto ignorati, anche se in questo numero non ben definito di narratori ci sono i neo-avanguardisti e tutti quelli che fecero parte del Gruppo ’63, che furono sì rivoluzionari ma dal punto di vista del mercato forse no), e nel corso dei nostri studi potremmo anche citare qualche esempio di narratori di notevole pregio ma che invece risultano caduti nel dimenticatoio, o quasi. Chi si ricorda per esempio di Sorriso degli etruschi di Dino Garrone (1944 e poi ristampato nel 2010), o de L’allenatore di Salvatore Bruno (1962 e poi ristampato nel 2022), o di Onan di Francesco Saba Sardi (1964), o di Malacqua di Nicola Pugliese (1978 e poi ristampato nel 2013), o di Ore perse vivere a 16 anni di Caterina Saviane (1978) e infine di In pienezza di cuore di Michele Malesaputo (1990)?
E’ solo un piccolo esempio di quella che invece potrebbe essere una lista ben più considerevole; rimane però l’indicazione di episodi che forse, interpretati nel modo giusto e civile, potrebbero rivelare tempi e modi di uno diverso sentire.
Ma veniamo a noi: Pietro Lazzaro scrisse in realtà solo due romanzi. Nella lettera di presentazione per il conferimento del Premio Villa S.Giovanni del 1968, confessò di averne scritto un altro, un terzo, che per le date storiche era il primo, ma che però decise di non proporlo, parole sue, perché… intriso di lirismo deteriore.
Passarono altri anni e decise di presentare Mille anime. Per il giudizio si scomodarono sia Vittorini che Calvino. Di Calvino si legge: Caro Lazzaro il parere di Vittorini su Mille anime concorda sostanzialmente col mio. Le deformazioni espressioniste e grottesche del racconto testimoniano sulle sue capacità d’ispirazione genuina e nuova, ma la cornice di storia paesana soffoca l’interesse delle pagine più vive. Perciò le rimando il manoscritto, confidando di leggere presto qualcos’altro di suo.
Chi, ricevendo certi giudizi, avrebbe continuato a scrivere? Lo stesso Lazzaro dice: La stagione del basilisco presuppone annotazioni e appunti presi durante certi mei lunghi soggiorni a Parigi e vuole essere, anche, un omaggio a una città che amo e conosco non da turista ma come luogo di lavoro e di positive esperienze culturali.
Scritto tra il 1966 e il 1967, quando uscì per Mondadori, ottenne ampio consenso da parte di alcuni dei maggiori intellettuali dell’epoca.
Siamo a Parigi, negli anni della guerra d’Algeria, nel Quartiere latino. Sullo sfondo, attentati e sirene della polizia sono richiamo fugace, incidentale ma presente di quei tempi sinistri, cui allude il titolo del romanzo.
Ecco come Lazzaro descrive la scena: Era diventato tutto difficile e preoccupante: il ragazzo cresciuto troppo, la pioggia radioattiva, le inquisizioni, i delitti, le esplosioni, le rapine, e infine quell’ondata di amore che travolgeva il mondo, troppi uomini sposati che s’innamoravano sul serio e finivano la loro vita sparando; come quel tale che aveva rapito una bambina, ma non l’aveva toccata, e correva con un camion per tutta la Francia – ma non era impazzito, era innamorato- e infine si era sparato anche lui. E tutte le altre stranezze.
E a questo si aggiungano: un oste, un cameriere, una droghiera, un ornitologo, pittori, un erborista, uno zoppo, delle ragazze che quasi fingono e un mongoloide. Che parlano di tutto e soprattutto del mondo agitato in una dimensione inesistente.
Non si deve credere che il tempo trascorso rientri nel nulla; il tempo è uno ed eterno, il presente e il futuro non sono che aspetti diversi – stampe diverse, se così si preferisce – di una registrazione continua, invariabile, dell’esistenza perpetua.
La stagione del basilisco, edito da Mondadori, fu un flop. Jaca Books nel 2003 l’ha riproposto, insieme a Mille anime. Ovviamente adatti solo (come noi) a quelli che stanno dietro alle cose strane e a volte inspiegabili.
L’edizione da noi considerata è:
Pietro Lazzaro
La stagione del basilisco
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