RECENSIONI
Andrea Bajani
Ogni promessa
Einaudi, Pag. 252 Euro 19,50
Chi mi conosce sa che non sono tenero con gli autori italiani: quell'untume autoreferenziale (soprattutto tra i giovani, che in parte detesto), spesso figlio, proprio perché frutto di una innaturale sottomissione culturale a modelli dominanti, di una necessità di identificazione che non si spiega.
Non è un caso che nella classifica da me stilata per i migliori del 2010 non ci siano 'indigeni' tranne la riproposizione di Anna Maria Ortese, ma quella è tutt'altra storia.
Per fortuna, in questi ultimi singulti di un anno mesto, è arrivato Andrea Bajani. Intendiamoci, nulla per cui strapparsi i capelli (sempre per chi ce l'ha), ma il suo Ogni promessa è un onestissimo e commovente lavoro, lontano (dio gli renda gloria!) dalle insopportabili crisi di mezza età che sembrano devastare non solo la nostra letteratura, ma anche il nostro cinema, e lontano ancora di più dallo smerdo mediologico dei pennivendoli nati dai corsi di scrittura creativa.
Una storia (si potrebbe tentare di scriverla anche con la esse maiuscola) che è soprattutto memoria: ecco la punta di diamante di Ogni promessa, che non è l'idiozia di Scurati che ritiene che per definirsi libro, un romanzo debba essere necessariamente storico. Cacatella di un autore inessenziale. Bajani fa altro, nel presente, nostro, che è necessario, infila una scheggia del passato che gli restituisce il senso del vivere. Una storia che diventa specchio del nostro esistere, delle nostre incomprensioni, ma anche del fluire inesorabile del tempo che non diviene mai merce deperibile, semmai eredità preziosa.
Ogni promessa è impreziosita anche dall'uso (non lo penso spontaneo, ma voglio considerarlo un punto a favore e di assoluto valore) delle coincidenze temporali e geografiche.
Ne do un sunto: il protagonista conosce un vecchio che aveva combattuto nelle lande gelate dell'impero sovietico e che è finito ad abitare nella stessa casa della sua infanzia, infanzia segnata anche dal ricordo del nonno, uscito di senno per aver vissuto i drammi e le oscene ristrettezze della guerra in Russia. Quando Pietro, sempre il protagonista, decide di andare in Russia per ritrovare i luoghi di una foto che ritrae l'impiccagione di un ragazzo del posto, in un casuale incontro con una donna di Rossov che piange il marito morto, si ritrova tra le mani un disegno dell'uomo che raffigura un ragazzo impiccato. Ancora. Una delle scene più belle: l'incontro tra la madre del protagonista e l'anziano che ha combattuto in Russia che per una sorta di inevitabile identificazione, sembra diventare il padre di lei e quindi il nonno di Pietro.
Se un leggero difetto ha questo piccolo grande libro è nell'uso non sempre appropriato della lingua: nel senso che è sì calzante e centrato, ma spesso 'sbandato' verso uno sviluppo troppo poetico della prosa (non è difetto, né una sottrazione, è solo, qualche volta, un fastidioso accumulo): Per tutta l'ora in cui era durato il pianto, quella prima volta, avevo visto i palazzi di fronte venirmi incontro e allontanarsi scomposti dentro i prismi delle lacrime.
Ad avercene di libri così. Ma mi preme dire che Ogni promessa è bello non perché tutt'intorno vi sia il deserto. Ma perché nel deserto spesso vi nasce altra vita. Di per sé eccitante.
di Alfredo Ronci
Non è un caso che nella classifica da me stilata per i migliori del 2010 non ci siano 'indigeni' tranne la riproposizione di Anna Maria Ortese, ma quella è tutt'altra storia.
Per fortuna, in questi ultimi singulti di un anno mesto, è arrivato Andrea Bajani. Intendiamoci, nulla per cui strapparsi i capelli (sempre per chi ce l'ha), ma il suo Ogni promessa è un onestissimo e commovente lavoro, lontano (dio gli renda gloria!) dalle insopportabili crisi di mezza età che sembrano devastare non solo la nostra letteratura, ma anche il nostro cinema, e lontano ancora di più dallo smerdo mediologico dei pennivendoli nati dai corsi di scrittura creativa.
Una storia (si potrebbe tentare di scriverla anche con la esse maiuscola) che è soprattutto memoria: ecco la punta di diamante di Ogni promessa, che non è l'idiozia di Scurati che ritiene che per definirsi libro, un romanzo debba essere necessariamente storico. Cacatella di un autore inessenziale. Bajani fa altro, nel presente, nostro, che è necessario, infila una scheggia del passato che gli restituisce il senso del vivere. Una storia che diventa specchio del nostro esistere, delle nostre incomprensioni, ma anche del fluire inesorabile del tempo che non diviene mai merce deperibile, semmai eredità preziosa.
Ogni promessa è impreziosita anche dall'uso (non lo penso spontaneo, ma voglio considerarlo un punto a favore e di assoluto valore) delle coincidenze temporali e geografiche.
Ne do un sunto: il protagonista conosce un vecchio che aveva combattuto nelle lande gelate dell'impero sovietico e che è finito ad abitare nella stessa casa della sua infanzia, infanzia segnata anche dal ricordo del nonno, uscito di senno per aver vissuto i drammi e le oscene ristrettezze della guerra in Russia. Quando Pietro, sempre il protagonista, decide di andare in Russia per ritrovare i luoghi di una foto che ritrae l'impiccagione di un ragazzo del posto, in un casuale incontro con una donna di Rossov che piange il marito morto, si ritrova tra le mani un disegno dell'uomo che raffigura un ragazzo impiccato. Ancora. Una delle scene più belle: l'incontro tra la madre del protagonista e l'anziano che ha combattuto in Russia che per una sorta di inevitabile identificazione, sembra diventare il padre di lei e quindi il nonno di Pietro.
Se un leggero difetto ha questo piccolo grande libro è nell'uso non sempre appropriato della lingua: nel senso che è sì calzante e centrato, ma spesso 'sbandato' verso uno sviluppo troppo poetico della prosa (non è difetto, né una sottrazione, è solo, qualche volta, un fastidioso accumulo): Per tutta l'ora in cui era durato il pianto, quella prima volta, avevo visto i palazzi di fronte venirmi incontro e allontanarsi scomposti dentro i prismi delle lacrime.
Ad avercene di libri così. Ma mi preme dire che Ogni promessa è bello non perché tutt'intorno vi sia il deserto. Ma perché nel deserto spesso vi nasce altra vita. Di per sé eccitante.
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