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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Marco Ravasio

Passaggi (e altri abbandoni)

Livello 4, Pag. 132 Euro 12,00
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Sembra un luogo comune. Le piccole case editrici pubblicano bei libri e scovano veri talenti. Poi questi ultimi si vendono ai grandi colossi e iniziano a scrivere roba in serie (non è ancora il caso di Ravasio per sua sfortuna economica). Sarà. Eppure, più ci si accosta alla piccola editoria, più si scopre che questo luogo comune ha un qualche fondamento. Prendete il caso di Marco Ravasio, milanese, nemmeno quarantanni. Uscito dalla Scuola Holden. (E già qui molti storceranno il naso). Passaggi e altri abbandoni è il suo primo romanzo. E, per il sottoscritto, una vera rivelazione. Quattro storie che si incrociano: quella di un calciatore vecchio idolo delle folle, di un ragazzino, un immigrato e un detenuto. Lo scenario è la provincia italiana. Indefinita. Le loro vite si snodano lungo percorsi che si affannano a inseguire. Non ne capiscono il motivo ma lo fanno. L'immigrato è Ucraino ed è un vero talento al pianoforte, e nella boxe, eppure per sopravvivere pulisce i cessi per i manager, o fa il barista. Il ragazzino vive in una delle classiche famiglie di separati; grida, rimproveri della madre. Un bisogno di attenzione che a volte si limiterebbe al mero silenzio. Il calciatore è stanco depresso demotivato, ammalato. La moglie lo incita a muoversi, a fare qualcosa. Non c'è niente di peggio. Lui è bloccato nel passato. Il detenuto è un detenuto. Ogni tanto va in libera uscita e segue il figlio (il ragazzino) che gioca a calcio, la moglie lo tradisce non si capisce se perché ha soltanto bisogno di novità o di uno che scopi da dio (come ad esempio l'ucraino).

L'epifania di Ravasio però non sta solo nelle storie. Il suo tocco geniale è la scrittura. Se usassimo il gergo sportivo (calcistico) diremmo da fuoriclasse. Da colui che lo spazio per la grande giocata lo inventa (Soriano docet e io lo cito). Lo decora con le parole non solo azzeccate, ma che incantano (poesia pura la descrizione del risveglio al mattino della città di mare imbiancata dalla neve). E soprattutto confortano. Sono l'unico balsamo col quale si ammorbidisce il ruvido di una realtà che le vicende del racconto impietosamente spiattellano. Solitudini, tradimenti, pianti e violenza. Ingiustizie e razzismo. Delusioni politiche. La violenza dei paesaggi e dei passaggi urbani. Al solito, la meraviglia, nel finale, ce la regalano i piccoli. Il ragazzino che, solo davanti alle onde del mare, libera la sua tristezza giocherellando con l'acqua fredda, incurante di bagnarsi, del tempo uggioso, dell'intorno pronto a richiudersi come gabbia invisibile. Ravasio, questo c'è da dirlo, non fa nulla per nascondere una qualche vicinanza con lo stile dei presunti baricchiani. Questo, però, a un occhio superficiale. Di primo acchito. Quando poi ci si inoltra nel suo universo lessicale, e nel suo stile, le tracce dei maestri perdono consistenza. E la maniera lascia il posto alla sostanza della letteratura che sa dire qualcosa e non solo narrare.

Passaggi e altri abbandoni è una piccola gemma, anzi oserei dire un piccolo capolavoro (proprio per questa sua ingenuità da opera prima assolutamente inesigente e taciturna, talmente invisibile che nemmeno le viene conto di bussare al mastodontico portone del panorama letterario) scovato dall'ottima casa editrice Livello 4. Pochi libri, tanta qualità. Scarsa distribuzione, purtroppo. Tenetela d'occhio. Può regalarci altre inaspettate sorprese.



di Adriano Angelini


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