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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Matteo Belli & Faxtet

Piano Delta Blues da un racconto di Guido Leotta e Giampiero Rigosi

Mobydick, Pag.28 + CD Euro 16,00
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In questa Italia, patria di individualisti, ogni progetto corale, voglio dire spontaneamente e creativamente corale, mi commuove fino alle lacrime. In questi tempi di giovani nati già vecchi, di vecchi incattiviti, di cervelli appiattiti e plagiati, un lavoro così genuinamente goliardico, nel migliore uso della parola, mi entusiasma. Mi ricorda, sia detto con rispetto, certe recite fatte a scuola, non le recite ufficiali, offerte con imbarazzo ad un pubblico imbarazzato, fra sbadigli e nervosi colpetti di tosse, ma quelle spontanee, fatte di nascosto, con tutta la voglia di inventare e di divertirsi, in piena libertà. Ovviamente c'è molto da distinguere. Qui si tratta di vecchie volpi, gente d'esperienza, e si capisce che dietro al progetto c'è del lavoro. E però c'è tanto divertimento. E' in questo l'elemento che io chiamo goliardico, nella voglia di divertirsi, nel gioco, perché alla fine di gioco si tratta, e nell'auto referenzialità che fa parte del gioco. Non a caso è propria del jazz la giocosità, l'improvvisazione, la voglia di sorprendere con la ripetizione o con la variazione, quasi scherzando.

Ma veniamo al dunque. L'oggetto materialmente è un CD, piacevolmente confezionato e corredato dal testo cartaceo. E' infatti il numero 24 della collana 'Carta da musica'. C'è dentro un racconto noir di Guido Leotta e Giampiero Rigosi, letto e recitato dall'attore Matteo Belli, e accompagnato dalle musiche di Faxtet, un gruppo di bluejazz di cui fa parte lo stesso Leotta insieme ad Andrea Bacchilega, Tiziano Negrello, Fabrizio Tarroni e Alessandro Valentini, autore di quasi tutte le musiche.

Bisogna dire subito che qui gioca un ruolo essenziale la versatilità di Matteo Belli, che da solo è voce narrante e interprete di una galleria di personaggi caratterizzati ognuno nella sua particolarità. Sentire per credere.

La storia ti aggancia subito, e fra musica e parole ti mette in mezzo, non puoi più scappare.

Il panorama è cambiato tutt'a un tratto. Gli sembra quasi di aver superato la porta che accede a un mondo parallelo. Il paesaggio è diventato piatto come se qualcuno ci fosse passato e ripassato sopra con un rullo compressore. Rade case sparse, selvatiche, dietro a un filo di nebbia bassa. Degli alberi, quei pochi, si vede solo la chioma spelacchiata, mentre il cielo sembra schiacciarsi al suolo... E il silenzio. Un silenzio inquietante, totale.

E' il paesaggio del delta del Po, già di per sé onirico, e reso più inquietante dalla presenza di fatti e personaggi improbabili, come nell'episodio del delfino spiaggiato. Ma i mondi paralleli sono tanti. C'è quello pigro e squinternato di tre ragazzi di provincia, un po' balordi, che vogliono tentare un colpo. C'è la scena cupa di un delitto, che irrompe con colori accecanti.

E' soprattutto la visione del sangue, che torna prepotente. Il sangue, il rosso dei capelli della ragazza morta.

E poi il mondo dei complessini di provincia, quel jazz/blues nostrano intriso di nostalgia dell'America, familiare e forse rassicurante, ma non privo di 'spleen'.

Il circolo Cangina è un cubo sbiadito sul quale spiccano il simbolo del Partito Comunista appeso sulla porta d'ingresso e la locandina del Festival dell'Unità che annuncia liscio e tombole a fiumi. Ma 'stasera inaugura la Balaclava Blues Band.

E' una curiosa storia on the road, un viaggio che non sai dove ti porta. E alla fine ti porta in un inaspettato crogiuolo dove si mescolano personaggi, interpreti, autori e suonatori. Dove tutti sono partecipi e tutti i conti tornano. Una sorpresa. Gustoso il racconto, e succulento il gioco.



di Giovanna Repetto


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