RECENSIONI
Elmer Mendoza
Proiettili d'argento
laNuovafrontiera, Pag. 271 Euro 17,00
Mi chiedevo innanzi tutto che fine avesse fatto Pino Cacucci. Poi l'apparizione di un nuovo libro e la presente traduzione mi ha fatto capire che è ancora in carreggiata. E per fortuna, perché Cacucci è sinonimo di letteratura consapevole e dignitosa... e di questi tempi è merce rara. Poi conoscendo, l'uomo, le ambientazioni ed il paese di cui si tratta nel noir in questione, si può esser certi di un collante riuscito tra storia e la sua giusta interpretazione.
Si parlava correttamente di noir. E qui mi chiedevo dippiù: come s'inserisce un quasi hard boiled, così come lo si intuisce anche dalle notizie in terza e quarta di copertina (premio Dashiell Hammett a fine duemila e riconoscimento di stile e profilo del grande scrittore americano da parte de El Pais) in una tradizione che in America latina ha sempre prediletto la metafisica poliziesca o la lezione di Taibo I e II? Direi che s'inserisce perfettamente e Mendoza ne da prova e sostanza proprio in questo Proiettili d'argento.
L'autore, non solo scrittore di noir, ma intellettuale tout-court (definizione che qui in Italia potrebbe apparire anche non del tutto consona, data la facilità e la predisposizione di taluni a scegliere il salotto televisivo alla spiccia concretezza del vivere) ha già mostrato un interesse, nelle precedenti opere (ricordiamo che Proiettili d'argento è il primo libro tradotto in Italia e per questo ringraziamo laNuovafrontiera), ad un approccio assai realistico e positivista dell'esistere (definito da alcuni uno scrittore che ricostruisce con efficacia l'effetto della cultura del narcotraffico sul Messico) e di conseguenza riesce ad effettuare una sintesi congeniale tra una tradizione ben strutturata (che proprio perché tale deve anche essere, negli anni, ridefinita) ed il suo superamento che però è anche allineamento con altre scuole.
In Proiettili d'argento si vuole un detective, Edgar 'Zurdo' Mendieta, sufficientemente 'hard' che ha vita ed affetti perigliosi e qualche problemuccio pure più pesante (Nemmeno rievocando la maledetta immagine dell'uomo che aveva abusato di lui da ragazzo riuscì a piangere: non poteva. Accese il televisore ma i film erano pessimi, i politici dicevano sempre le stesse e i video gli sembravano insulsi. Su Travel Channel davano un documentario sull'uso del pavé in Francia che lo fece sentire il più miserabile degli esseri umani.) e che deve sbrigare un'imbrogliata matassa di delitti dove l'elemento in comune sembra essere l'uso di proiettili d'argento per uccidere le vittime.
Cosa dunque c'è dietro questi omicidi che stanno insanguinando il paese? I narcos? La politica corrotta che si prepara ad una resa di conti? O i membri della stravagante setta della Piccola Fratellanza Universale a cui una delle vittime apparteneva? O addirittura risentimenti personali che spesso sono più violenti di qualsiasi altra motivazione?
La risoluzione dell'enigma, come spesso avviene nel noir meno consolidato (cioè quello che proprio perché tale preferisce una spiegazione della storia meno connaturata al genere poliziesco), avviene a tratti e secondo schemi che fanno a meno del coup de théâtre.
Curiosa la rinuncia a differenziare il dialogo dalla narrazione: ci si ritrova così all'improvviso a scambiare una descrizione per un 'parlato' e viceversa. Ci si fa l'abitudine dopo poco.
Comunque pur sempre libro per cultori del genere e per chi voglia avere una prospettiva più ampia del fenomeno noir.
di Alfredo Ronci
Si parlava correttamente di noir. E qui mi chiedevo dippiù: come s'inserisce un quasi hard boiled, così come lo si intuisce anche dalle notizie in terza e quarta di copertina (premio Dashiell Hammett a fine duemila e riconoscimento di stile e profilo del grande scrittore americano da parte de El Pais) in una tradizione che in America latina ha sempre prediletto la metafisica poliziesca o la lezione di Taibo I e II? Direi che s'inserisce perfettamente e Mendoza ne da prova e sostanza proprio in questo Proiettili d'argento.
L'autore, non solo scrittore di noir, ma intellettuale tout-court (definizione che qui in Italia potrebbe apparire anche non del tutto consona, data la facilità e la predisposizione di taluni a scegliere il salotto televisivo alla spiccia concretezza del vivere) ha già mostrato un interesse, nelle precedenti opere (ricordiamo che Proiettili d'argento è il primo libro tradotto in Italia e per questo ringraziamo laNuovafrontiera), ad un approccio assai realistico e positivista dell'esistere (definito da alcuni uno scrittore che ricostruisce con efficacia l'effetto della cultura del narcotraffico sul Messico) e di conseguenza riesce ad effettuare una sintesi congeniale tra una tradizione ben strutturata (che proprio perché tale deve anche essere, negli anni, ridefinita) ed il suo superamento che però è anche allineamento con altre scuole.
In Proiettili d'argento si vuole un detective, Edgar 'Zurdo' Mendieta, sufficientemente 'hard' che ha vita ed affetti perigliosi e qualche problemuccio pure più pesante (Nemmeno rievocando la maledetta immagine dell'uomo che aveva abusato di lui da ragazzo riuscì a piangere: non poteva. Accese il televisore ma i film erano pessimi, i politici dicevano sempre le stesse e i video gli sembravano insulsi. Su Travel Channel davano un documentario sull'uso del pavé in Francia che lo fece sentire il più miserabile degli esseri umani.) e che deve sbrigare un'imbrogliata matassa di delitti dove l'elemento in comune sembra essere l'uso di proiettili d'argento per uccidere le vittime.
Cosa dunque c'è dietro questi omicidi che stanno insanguinando il paese? I narcos? La politica corrotta che si prepara ad una resa di conti? O i membri della stravagante setta della Piccola Fratellanza Universale a cui una delle vittime apparteneva? O addirittura risentimenti personali che spesso sono più violenti di qualsiasi altra motivazione?
La risoluzione dell'enigma, come spesso avviene nel noir meno consolidato (cioè quello che proprio perché tale preferisce una spiegazione della storia meno connaturata al genere poliziesco), avviene a tratti e secondo schemi che fanno a meno del coup de théâtre.
Curiosa la rinuncia a differenziare il dialogo dalla narrazione: ci si ritrova così all'improvviso a scambiare una descrizione per un 'parlato' e viceversa. Ci si fa l'abitudine dopo poco.
Comunque pur sempre libro per cultori del genere e per chi voglia avere una prospettiva più ampia del fenomeno noir.
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