Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » Recensioni » Ragazza con paesaggio

Pagina dei contenuti


RECENSIONI

Jonathan Lethem

Ragazza con paesaggio

Tropea, Pag.286 Euro 13.00
immagine
A tutta prima, Ragazza con paesaggio di Jonathan Lethem si presenta come un romanzo di fantascienza. C'è una Terra dove l'umanità è minacciata per la mancanza della fascia di ozono, c'è il nuovo pianeta colonizzato, chiamato pianeta degli Archisti, "una frontiera, una prigione, un incendio" (pag. 263), dove il sole "cala a nord" (pag. 118), dove esistono atmosfere artificialmente controllate, archivirus dalla misteriosa pervasività, mentalità aliene e alieni conflitti... Tuttavia, l'elemento fantascientifico più sorprendente del romanzo è che sarà una ragazzina di poco più di 13 anni, Pella Marsh, newyorkese e figlia di un noto uomo politico sconfitto elle elezioni, a fondare la prima città sul pianeta. E che il nome della città sarà quello della madre morta, Caitlin. E' infatti purtroppo raro – e per questo fantascientifico – che possa affermarsi un potere del femminile che non scimmiotti quello maschile; e che sia ugualmente autorevole; e che sia adulto senza essere grande.

Ma il romanzo di Lethem è poi veramente un romanzo di fantascienza? Ad un certo punto sorge il dubbio che la storia di Pella non sia nient'altro che il racconto del paesaggio di un passaggio – feroce, ineluttabile – dall'infanzia all'adolescenza alla maturità: perché ciò che è veramente alieno, per una ragazzina il cui corpo è "...sul limitare dell'infanzia" (pag. 243), è il pianeta dei grandi – altroché Archisti!

Pella voleva tornare indietro: prima della partenza da New York, prima della morte della madre, prima della sconfitta del padre alle elezioni, prima delle mestruazioni.

Per questo all'inizio del suo soggiorno nel pianeta impara a trasformarsi e fuggire la realtà archista. Il cielo del pianeta "aveva una sfumatura color pesca, spaventoso e vuoto, senza niente che gli conferisse più di due dimensioni o meno di un miliardo" (pag. 135); il panorama era di "enormi rovine, forme che Pella non avrebbe mai visto prima, fra cui un altro arco intatto, enorme, che incorniciava una porzione di cielo a forme di cuore sghembo" (pag. 105).

La ragazzina vive lo sgomento dell'incontro con gli abitanti originari del luogo, gli archisti, gli ultimi testimoni di una grandiosa civiltà scomparsa che edificava – appunto – immense costruzioni a forma di arco; sente la mancanza di un contesto sociale minimamente paragonabile a New York, la madre non c'è più, ha due fratelli piccoli a cui badare, i coetanei sono immaturi o troppo distanti, e sul pianeta non solo non esiste una città, ma l'insediamento degli umani non è nemmeno una comunità, c'è troppa insofferenza gli uni verso gli altri, anche all'interno dei nuclei familiari.

Pella vorrebbe fuggire la realtà dunque, spesso si addormenta e – complice il fatto che suo padre ha deciso di non prendere le pastiglie che contrastano i misteriosi virus del pianeta - il suo spirito vaga tra valloni e rovine con le sembianze di cervo domestico, uno di quei curiosi animaletti semi invisibili molto comuni sul pianeta, che volano radenti il suolo spinti dall'irrefrenabile impulso di spiare gli uomini ed i pochi archisti rimasti. I cervi domestici spiano e mentono nel raccontare quello che vedono quando ritornano nel proprio corpo. Ma il corpo di chi? E cosa raccontano e a chi? Chi sono gli altri cervi? Chi non prende le pastiglie? A Pella i conti non tornano.

In un misto di bugie e rimozioni – tutti o quasi, lei scoprirà, dicono bugie; tutti sicuramente rimuovono quello che accade – la valvola di sfogo diventano gli autoctoni, gli archisti, i quali, innocui e sensuali per natura, non in grado di contrastare l'aggressività degli uomini. E rischiano diventare le vittime sacrificali del disagio sempre più evidente nell'insediamento umano.

Pella si trova al centro di eventi che fronteggerà da sola.

Lethem, nel raccontare di Pella, del suo occhio sulla realtà, racconta infatti di una solitudine – tipica dei preadolescenti –, ma anche di una capacità di capire cosa succede intorno – la causa della solitudine, ma anche l'unico antidoto per uscirne. Per esempio Pella aveva capito da tempo, ancora prima di partire, che i grandi fanno acqua da tutte le parti...

"Pella conosceva quella versione di Clement [il padre] il disperato, che cazzeggiava insieme a tre o quattro tizi ai margini di un auditorium e poi saliva sul podio e teneva un discorso che quattromila persone trovavano avvincente e brillante. Peccato che lì non ci fosse nessun podio, e nemmeno quattromila persone. Solo il cazzeggio." (pag. 45).

Ma accanto al dolore della scoperta di non poter fare affidamento sul padre – e quindi, automaticamente, su tutti i grandi -, Pella scopre che i grandi non sono tutti uguali. Quando incontra Efram, l'uomo che per primo si era trasferito sul pianeta, l'unico punto di riferimento dell'insediamento umano, sente che "... c'era qualcosa che non andava... Forse il fatto di essere fuori nella valle, senza neanche un portico a dare un contesto" (pag. 89).

Lethem descrive mirabilmente di come Pella si senta attratta da Efram: il turbamento, il timore, la sofferenza di dover stare lì, proprio lì, con il proprio corpo, a fronteggiare la forza di uno sguardo; e poi – finalmente! - la capacità di presentare se stessa senza vergogna ed incertezza. E senza nascondersi e mentire.

Con Efram, Pella sceglie di essere adulta, esattamente come era adulto Efram.

Efram non è più bravo, o più intelligente, o più potente. E' solo"... in grado di lavorare con la stessa diligenza degli altri, senza comandare, senza farsi comandare" (pag. 232): non poco in un pianeta dove ciascuno impara a conoscere il potere di non dipendere dagli altri in nulla, infondendo una sorta di volontà di potenza.

Istintivamente Pella impara a comprenderlo – soprattutto se lo paragona al padre -, o meglio, capisce come potrebbe essere un essere umano, al di là del sesso. Ma Efram è un uomo e Pella vorrebbe anche sedurlo, in risposta al gioco di seduzione che Efram ha operato nei suoi confronti; ma questa è una cosa delle tante che ha l'opportunità di fare, una delle strade che le si aprono davanti quando decide di vivere nella realtà.

Quel pianeta le dava la possibilità di non crescere, di non crescere mai! Sul pianeta degli Archisti poteva vivere anche senza lavorare, il cibo cresceva in abbondanza, non c'erano obblighi sociali, un vero paradiso. A patto di spiare e mentire, ovvero fuggire, fingere. Ma lei non voleva più. E nel preciso istante in cui la decisione è presa, nasce la città, nasce Caitlin. Nel momento in cui la decisione è presa, i suoi fratelli, suo padre, le altre persone dell'insediamento, gli archisti, la seguono.

Caitlin, la madre e la città, ovvero lo spazio dove si condivide – diritti, doveri, obblighi, emozioni, affetti, vincoli - dove è possibile ritualizzare sia l'umanissima voglia di fuga che l'inevitabile violenza. E dove le tombe rappresentano la persona morta e non sono la persona stessa.

Con Pella il pianeta degli Archisti diventa uno spazio, una possibilità; non solo un semplice luogo sperduto lontano dalla Terra.

Sì, signore e signori, proprio una bella fantascienza... sempre che di fantascienza si tratti!

;-)



di Gabriella Urbani


icona
Succulento

CERCA

NEWS

  • 16.09.2024
    Sellerio
    Francesco Recami
  • 16.09.2024
    Adelphi
    Cos'altro si può sapere su Thomas Bernhard
  • 16.09.2024
    Adelphi
    Una riproposta affascinante. Leo Perutz.

RECENSIONI

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube