RECENSIONI
Mary Morris
Revenge
Leconte, Pag.206 Euro 12,00
Curioso l'apporto di Michael Cunningham a questo libro. Intendiamoci, l'apporto non consiste in una scrittura a quattro mani, ma crediamo in una serie di consigli e letture accurate. Dico curioso perché Cunningham, per quanto anche lui divorato da ossessioni e richiami, non bazzica materia siffatta, imparentata più col noir che col mainstream ordinario (se si eccettua forse l'ultimo, brutto, illeggibile romanzo Giorni memorabili).
Nemmeno lo stile lineare, senza dossi e tornanti, della Morris può in qualche modo accostarsi al magma spesso infuocato ed elitario dello scrittore di Cincinnati.
Fa nulla. Non si discute qui di ascendenze ed apparentamenti, ma di sostanze: qui ce n'è, ma distribuita in modo non uniforme.
Se dovessi indicare un accostamento all'arte della Morris direi Nicci French (sorta di curioso pseudonimo perché in realtà la firma dei gialli appartiene ai coniugi French, quindi ad una distribuzione equilibrata di elementi maschili e femminili). Innanzi tutto per il preponderante ruolo delle donne e poi per quella robusta struttura psicologica che in qualche modo rovista intelligentemente nell'armamentario della psichiatria.
Revenge dunque come vendetta. Titolo disorientativo, quasi depistante: in realtà siamo di fronte ad un quadro di ricerca della verità che s'insinua tra rapporti umani apparentemente fluidi ed edificanti, poi scopriamo solo utilitaristici.
Andrea Geller, giovane pittrice di talento, è ossessionata dalla tragica fine di suo padre, uscito con la macchina in una notte non proprio ideale, e morto poi in seguito ad un incidente automobilistico. La donna sospetta che dietro l'accadimento ci sia lo zampino della matrigna (accettata all'inizio, e in seguito sempre sopportata) per questo si confida con una vicina di casa che è anche una scrittrice di best sellers nonché autrice di gialli.
Cosa ci fa gustare questa storia? L'abile costruzione di una ragnatela (e qui non ci meraviglieremmo se tra le letture preferite della Morris ci fosse Patricia Highsmith e la stessa Agata Christie... chi ricorda L'assassinio di Roger Akroyd?) che procede, come fosse davvero opera di un ragno, con lentezza, ma con sistematica precisione.
I nodi al pettine arrivano, come no, ma anche nell'intoppo (cioè nel momento in cui si tirano le somme) la struttura procede senza sussulti e lineare aggredendo poi il lettore più che con la forza, con sistematica e ripetute azioni di disturbo.
Come se presi in mezzo ad una strada fossimo attaccati da sconosciuti che invece di usare il bastone utilizzassero tortori di plastica, che a lungo andare stordiscono lo stesso.
Al di là d'ironiche metafore Revenge funziona, apparentemente assopito in un'aura crepuscolare e chiotta. Appare chiaro che la Morris è lontana anni luce dalle atmosfere da mass murder (stragi) e school shooting (sparatorie nelle scuole) o dai richiami di sirena del killeraggio seriale che vanno tanto di moda sui mass media e sui thriller più sfacciati e merceologici. Qui è tutt'altra scuola, forse ancora più vecchia dei delitti stessi.
L'attendiamo ad altre prove. Convinti come siamo che se la delinquenza metropolitana ha il suo palcoscenico, le ossessioni personali perennemente si autoalimentano.
di Eleonora del Poggio
Nemmeno lo stile lineare, senza dossi e tornanti, della Morris può in qualche modo accostarsi al magma spesso infuocato ed elitario dello scrittore di Cincinnati.
Fa nulla. Non si discute qui di ascendenze ed apparentamenti, ma di sostanze: qui ce n'è, ma distribuita in modo non uniforme.
Se dovessi indicare un accostamento all'arte della Morris direi Nicci French (sorta di curioso pseudonimo perché in realtà la firma dei gialli appartiene ai coniugi French, quindi ad una distribuzione equilibrata di elementi maschili e femminili). Innanzi tutto per il preponderante ruolo delle donne e poi per quella robusta struttura psicologica che in qualche modo rovista intelligentemente nell'armamentario della psichiatria.
Revenge dunque come vendetta. Titolo disorientativo, quasi depistante: in realtà siamo di fronte ad un quadro di ricerca della verità che s'insinua tra rapporti umani apparentemente fluidi ed edificanti, poi scopriamo solo utilitaristici.
Andrea Geller, giovane pittrice di talento, è ossessionata dalla tragica fine di suo padre, uscito con la macchina in una notte non proprio ideale, e morto poi in seguito ad un incidente automobilistico. La donna sospetta che dietro l'accadimento ci sia lo zampino della matrigna (accettata all'inizio, e in seguito sempre sopportata) per questo si confida con una vicina di casa che è anche una scrittrice di best sellers nonché autrice di gialli.
Cosa ci fa gustare questa storia? L'abile costruzione di una ragnatela (e qui non ci meraviglieremmo se tra le letture preferite della Morris ci fosse Patricia Highsmith e la stessa Agata Christie... chi ricorda L'assassinio di Roger Akroyd?) che procede, come fosse davvero opera di un ragno, con lentezza, ma con sistematica precisione.
I nodi al pettine arrivano, come no, ma anche nell'intoppo (cioè nel momento in cui si tirano le somme) la struttura procede senza sussulti e lineare aggredendo poi il lettore più che con la forza, con sistematica e ripetute azioni di disturbo.
Come se presi in mezzo ad una strada fossimo attaccati da sconosciuti che invece di usare il bastone utilizzassero tortori di plastica, che a lungo andare stordiscono lo stesso.
Al di là d'ironiche metafore Revenge funziona, apparentemente assopito in un'aura crepuscolare e chiotta. Appare chiaro che la Morris è lontana anni luce dalle atmosfere da mass murder (stragi) e school shooting (sparatorie nelle scuole) o dai richiami di sirena del killeraggio seriale che vanno tanto di moda sui mass media e sui thriller più sfacciati e merceologici. Qui è tutt'altra scuola, forse ancora più vecchia dei delitti stessi.
L'attendiamo ad altre prove. Convinti come siamo che se la delinquenza metropolitana ha il suo palcoscenico, le ossessioni personali perennemente si autoalimentano.
di Eleonora del Poggio
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