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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Manfredo Kempff

San Diablo

Edizioni Idea, Pag. 279 Euro 8,50
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Noi orchi non ci facciamo mancare nulla. Nemmeno la Bolivia. Cioè, nemmeno gli scrittori boliviani. In Sudamerica Manfredo Kempff ha un discreto successo: da noi, se non fosse per le Edizioni Idea che hanno già pubblicato un suo precedente romanzo, Margarita Hesse, sarebbe un perfetto sconosciuto.

Però, per presentarlo, c'andrei piano con le etichette. Leggo nella seconda di copertina: questo terzo romanzo conferma le sue doti artistiche, dando nuova linfa a quella tradizione del realismo magico che lega Manfredo Kempff ai grandi nomi della letteratura del secolo scorso.

Sbaglio o il realismo magico è tale quando s'innesta un elemento 'diverso' e sovrannaturale? E che il 'Realismo Meravilloso' di garciana memoria annullava la linea di demarcazione tra la vita e la morte?

Kempff fa altro in questo romanzo, anche se sono evidentissime le relazioni con la cultura e la letteratura sudamericana, quindi con le tradizioni: racconta una saga familiare che ha contatti col magico solo nel dispiegamento delle costumanze del luogo. Meglio ancora, nella rappresentazione reale di una cultura a volte multietnica ma che contiene in sé le radici di una memoria secolare, e ahinoi, non sempre edificante.

In fondo gli episodi che caratterizzano la struttura del romanzo sono di una violenza e di un significato raccapricciante: come quando si martirizza, si evira, e si uccide Rosendo Suarez solo perché benvoluto dalle donne e perché aveva avuto rapporti con una ragazza più giovane, come quando si assiste alla rappresentazione 'machista' del protagonista, Luciano Salvatierra, nella sua sistematica capacità di 'stuprare' il senso comune dei rapporti tra i sessi. O come quando, di fronte alla possibilità di una guerra tra Bolivia e Paraguay si scrive: Le prime chiamate di leva furono per i ragazzi delle classi 1912, 1913, 1914, 1915 e persino per i più giovani. Luciano si entusiasmò all'idea della guerra. Gli sembrava inconcepibile che qualcuno potesse restarsene a casa quando si presentava la migliore opportunità che un uomo potesse avere: uccidere per la patria. Uccidere senza essere accusato di omicidio.

Non è un caso che sarà la chiesa (che completa la 'trimurti': patria e famiglia... E' forse questo il senso da dare alla ridicola affermazione di papa Ratzinger sull'elemento 'trino' presente nel nostro genoma?) a salvare, con un esorcismo, Luciano Salvatierra dalla satanica sua attitudine di andar dietro alle ragazzine (ed ecco l'ossimorico titolo San Diablo).

Dunque Kempff ci racconta questo: un mondo antico, ma nello stesso tempo perennemente presente e vivo (siamo sicuri che in certi paesi le cose siano cambiate?), attaccato alle tradizioni e alla negazione del moderno (anche se nel personaggio riuscito di Juana, la moglie di Luciano, vi sono tracce di una sostanza 'femminista': quindi attuale). Ci rimane un dubbio se la sua rappresentazione sia sugello di questo e quindi di un suo benestare o una forma di raffigurazione comunque contraria e addirittura ostile. Personalmente mi augurerei la seconda che ho scritto, perché il romanzo si fa amare.



P.S. Un consiglio all'editore: ma un restyling della collana? La copertina del libro di Kempff mi ricorda molto certi colori e certi sfondi da riproduzione catechetica. Nel terzo millennio mi sembra audacemente obsoleto.



di Alfredo Ronci


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