RECENSIONI
Francesco Piccolo
Scrivere è un tic
Minimum Fax, Pag. 118 Euro 7,00Testo che, all'inizio, altro non doveva essere che un privato breviario d'estetica, a dimostrazione al parentado dell'Autore che scrivere è una cosa seria - ah, sì se lo è! E chi, tra noi cazzarònici artisti della penna e della carta, cesellatori dell'essere e del nulla, venditori di sogni un tanto al chilo, trovatori di senso e scrocconi della credulità poppolàre, non ha avuto cotesto problema? Certo, con le dovute eccezioni, che sono: il putto miliardario dallo stìli minimintìli, la tamarinda da milioni di milioni di copie, l'apemaja della letteratura lolitàra e guardònica per il film di chiappa e soda subito girato, la maestronza dalla penna rossa col ditino ritto come la clitoride (la lingua batte dove il clito ride!) di Cappuccetto Rotto e la maison nella rue des Innocents a Parì, gli ombretti sdegnosi del Missipipì sempre pronti a spander acqua dal cotidiano o dalla rivistarella sinistrorsa col contributo, dalla primapagina iacobsenianamente fiàtica, i frocìs gallinàri ansiosi di presenziare alla trasmissione degli Amici di chi e al reàlidi de stoka. Ma il resto, i mendìchi della pubblicazioncìna, della paginetta antologìstica, della parola che squadri da ogni lato e conduca al bonifico, i fregnacciari illusi delle rivistine da ventiquattro lettori (sia pure internettàri), insomma i pecioni che non arrivano ai tremila euro l'anno - quando va di culo! - tra collaborazioni, pubblicazioni, livraisoni, sceneggiature, articolesse, articortellésse, racconti geniali: come non hanno bisogno di una vasta mésse di citazioni, scusanti, pezze d'appoggio, per giustificare il pane che mangiano a ùffa? E Piccolo, generoso, gliela dà!
E allora diviene tutto un seguito di citazioni, di luoghi, di occasioni, di aforismi, di apoftegmi, di riflessioni - da Achebe alla Yoshimoto, da McEwan a Henry Roth, dalla Jong a Tabucchi, da Joyce a Clancy, da Flaubert a Baldwin, da Sepùlveda a Capote, da Maurensig a Mazzaglia - che svelano, se non (solo) i trucchi, le fatiche dell'intriganza della novellazione di romanticismo o di racconto corto: l'avere un metodo (vòlli, vòlli, fortissimamente (ugo) vòlli, (Littizzetto)) che permetta di vincere l'atresia da pagina bianca, e di cimentarsi giorno dopo giorno coll'inventïone; l'esser più che pronti, ma disposti, ma pròni - Mac Rooney - alla riscrittura, alle quindicine-diciottine di stesure ("se non riscrivi non pubblichi", mi diceva il Giovine ma feltrinèllo Autore che curava la primiera crestomazia nella quale comparivano ben tre miei lavoretti), insomma al palinsesto, alla revisione, a quella sartorìa che chiamasi edaitingh, e che, se è ben fatto, salva il culo all'Autore meglio di una mutanda di ghisa (il buono o almeno scaltro scrittoretto infatti si vede da quant'è disposto a farsi editare, laddove il mediocre o l'inesistente, convinto della propria geniale vena, resiste a oltranza, opponendo "idee sulla letteratura" solitamente valide quanto l'opinione de' costantini del "glande flatello" sulla QSAR; l'esser diligenti, rituali e solitari (magari nei bar affollatissimi hemingueiani-magrìsti lutezio-tergestini, o nelle famiglie allargate d'Allende o Borodiniàne), sicché si possa perseguire la propria Ricerca dell'Assoluto con una rettitudine mentale che sfida le regole degli Ordini monastici Maggiori, Medi, Minori, consentendo una pratica confortevole al Lettore, però intimamente pregna di tutti quei cenni sull'Universo e altri siti che un pennivendolo è tenuto a fornire, pena il declassamento nel genere disumano - quello del venduto nelle edicole delle stazioni e nei Clubs del Libros (avercene!); e finalmente, il richiamo a quel fondamentale, irriducibile, inconsùtile piacere che si ha nel raccontare fregnàcce, lasciar che la majorìa ne goda, e farci dei soldi - ch'è la soddisfazione e la felicità che approssima questo secondo mestiere al primo che agitò il mondo, ovvero il meretricio. Eggià: Piccolo non lo dice, siccome è bravissima persona. Epperò va detto: a disporre dinanzi agli occhi del fruitore una panòplia di meravigliose silèrchie, di sorprendenti fattucchierìe, di verità offerte come balle, si prova una contentezza, una soddisfazione, una jouissance, che rimborsa fatiche e delusioni, umiliazioni e scorticànze. E fortifica. E rassoda. E - la mattina svegliandosi - consente la vita d'un giorno in più, titolandosi del nome di scrittori. E della glorietta ch'un povero vissuto riempie, e quelle pagine le quali noi poveri stronzi siam sicuri che affidiamo all'eternità.
di Marco Lanzòl
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L'Italia spensierata
Laterza, Pag. 183 Euro 9,00Una delle primissime introduzioni (doppi sènzi!!!) che lessi (ridoppi sènzi!!!), bimbotto proletario e stupido, fu a un volume - cartonato - che raccoglieva le "strisce" d'un fumetto ch' ebbe risonanza: il cavernicolo B. C. di Johnnie Hart. (1) Erano tre o quattro pagine, per la firma d'una coppia di tizi a me allora ignoti: Fruttero & Lucentini. Nel presentare il disegno inanimato, il sodalizio rammentava un gioco infantile insolito, almeno tra noi ragazzotti settantenni, (2) periferici ma carini.
La separazione del maschio
Einaudi, Pag. 198 Euro 17,50Non ci si crederà, ma ho dato alla parola 'separazione', in questo caso, un significato differente. Non quello – visto che il libro in questione parla di corna tra marito e moglie e quindi di allontanamento – indicato, per esempio dal Devoto-Oli: condizione caratterizzata dalla cessazione dell'obbligo della convivenza, pur restando inalterato il vincolo del matrimonio (fino ad eventuale successiva sentenza di divorzio), ma quello, pur sempre preso dal Devoto-Oli: disposizione indipendente delle parti costitutive di un insieme.
Capisci a mme: in pratica smembramento di un corpo.
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