RECENSIONI
Remo Remotti
Sesso da ospizio per finire bene
Coniglio editore, Pag.62 Euro7,50
Non è bello, o professionale, autocitarsi: stavolta lo faccio. Qualche anno fa pubblicai, per un'antologia Mondadori, un racconto basato sulla vita omosessuale di un ottanduenne. Nel piccolo l'operina diede da pensare, perché nulla era stato scritto fino a quel momento (almeno che io sappia, ma sarei anche felice di essere smentito).
Nulla in confronto a questa sorta di cantico della fica. Per carità, lungi da noi essere sboccati, ma parlare senza peli (già che siamo in tema) sulla lingua è anche affar nostro.
Remo Remotti a Roma è un'istituzione (è personaggio famoso anche altrove, ma alla città eterna ha dedicato uno straordinario conponimento) e assurto anche a 'fasti' cinematografici dopo aver recitato la parte di Sigmund Freud nel film di Moretti Sogni d'oro.
Qui s'industria a convincerci (e ci riesce eccome!) sul perché il sesso è fondamentale per il nostro equlibrio psicofisico e soprattutto sul perché farlo alla benemerità età di ottantaquattro anni (quale è quella dell'autore): ma senza filtri, senza moralismi beceri, senza catechismi fuorvianti ed ottundenti.
Non è un tentativo di esorcizzare la morte, è invece il sacrosanto diritto di un individuo di reclamare un desiderio impellente e necessario: Ed è allora che l'uomo per sentirsi libero e felice deve frequentare le puttane che sono le uniche che non ti rompono i coglioni e non ti prevaricano pesantemente. E in più fanno dei bei bocchini (Pag.32).
Da qui lo stravolgimento del grido heideggeriano (lugubre altroche) 'Vivere per la morte', nel personalissimo (e crediamo più vitale e sincero): 'Vivere per la fregna'.
Da questo Remotti introduce anche una differenziazione classista che può avere sbocchi rivoluzionari in ambito psicanalitico e di comportamento: Che c'entro io con un minatore o un pastore sardo? Sono un maschio allo stesso modo? Con un pastore sardo forse una cosa in comune c'è. Ambedue amiamo le pecorine. D'altra parte, secondo Jung e i suoi colleghi, i don Giovanni e gli omosessuali sono due facce della stessa medaglia. E va bene: sono un omosessuale afficato (Pag. 34).
Orizzonti sconfinati si aprono in questa visione della sessualità che sfida anche la condizione transgender, qui siamo alla valorizzazione degli opposti, allo sdoganamento finale del concetto di fica che non è solo quello più marziale e militaresco (del tipo: tira più un pelo di fica che una coppia di buoi, tra l'altro contestato in modo equipollente dal froufrouismo gay e festaiolo), ma anche quello ambivalente, nel senso di doppia valenza, di fruizione più completa ed indistinta.
Plaudiamo dunque a questa sorta di gerontocrazia sessuofiliaca (coi suoi limiti, perché il Remotti è conscio dei suoi mezzi e dei suoi margini: dimmi come esci da una vasca e ti dirò chi sei, o per lo meno quanti anni hai – Pag.41).
Auguriamoci che negli anni che gli rimangono (non abbiamo dubbi a pensarli tanti) l'autore allarghi la sua preziosa concettualità e che ignori il detto latino in 'dubis abstine' e faccia suo quello d'annunziano (spero di non prendere una toppa): 'memento audere semper'. Il sesso femminile contiene in sé (ça va sans dire) anche l'altra parte del cielo. A buon intenditor...
di Alfredo Ronci
Nulla in confronto a questa sorta di cantico della fica. Per carità, lungi da noi essere sboccati, ma parlare senza peli (già che siamo in tema) sulla lingua è anche affar nostro.
Remo Remotti a Roma è un'istituzione (è personaggio famoso anche altrove, ma alla città eterna ha dedicato uno straordinario conponimento) e assurto anche a 'fasti' cinematografici dopo aver recitato la parte di Sigmund Freud nel film di Moretti Sogni d'oro.
Qui s'industria a convincerci (e ci riesce eccome!) sul perché il sesso è fondamentale per il nostro equlibrio psicofisico e soprattutto sul perché farlo alla benemerità età di ottantaquattro anni (quale è quella dell'autore): ma senza filtri, senza moralismi beceri, senza catechismi fuorvianti ed ottundenti.
Non è un tentativo di esorcizzare la morte, è invece il sacrosanto diritto di un individuo di reclamare un desiderio impellente e necessario: Ed è allora che l'uomo per sentirsi libero e felice deve frequentare le puttane che sono le uniche che non ti rompono i coglioni e non ti prevaricano pesantemente. E in più fanno dei bei bocchini (Pag.32).
Da qui lo stravolgimento del grido heideggeriano (lugubre altroche) 'Vivere per la morte', nel personalissimo (e crediamo più vitale e sincero): 'Vivere per la fregna'.
Da questo Remotti introduce anche una differenziazione classista che può avere sbocchi rivoluzionari in ambito psicanalitico e di comportamento: Che c'entro io con un minatore o un pastore sardo? Sono un maschio allo stesso modo? Con un pastore sardo forse una cosa in comune c'è. Ambedue amiamo le pecorine. D'altra parte, secondo Jung e i suoi colleghi, i don Giovanni e gli omosessuali sono due facce della stessa medaglia. E va bene: sono un omosessuale afficato (Pag. 34).
Orizzonti sconfinati si aprono in questa visione della sessualità che sfida anche la condizione transgender, qui siamo alla valorizzazione degli opposti, allo sdoganamento finale del concetto di fica che non è solo quello più marziale e militaresco (del tipo: tira più un pelo di fica che una coppia di buoi, tra l'altro contestato in modo equipollente dal froufrouismo gay e festaiolo), ma anche quello ambivalente, nel senso di doppia valenza, di fruizione più completa ed indistinta.
Plaudiamo dunque a questa sorta di gerontocrazia sessuofiliaca (coi suoi limiti, perché il Remotti è conscio dei suoi mezzi e dei suoi margini: dimmi come esci da una vasca e ti dirò chi sei, o per lo meno quanti anni hai – Pag.41).
Auguriamoci che negli anni che gli rimangono (non abbiamo dubbi a pensarli tanti) l'autore allarghi la sua preziosa concettualità e che ignori il detto latino in 'dubis abstine' e faccia suo quello d'annunziano (spero di non prendere una toppa): 'memento audere semper'. Il sesso femminile contiene in sé (ça va sans dire) anche l'altra parte del cielo. A buon intenditor...
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