RECENSIONI
Petros Markaris
Si è suicidato il Che
Tascabili Bompiani, Pag.422 Euro 9,00
Ormai so con certezza chi è il lettore esperto. Non è quello che legge velocemente, né quello che legge con attenzione. E' colui che sa cosa leggere e cosa lasciare.
Questa di pag.308 del romanzo in questione potrebbe essere un avvertenza. Del tipo: attenzione, sembra che la cosa fili lisci in una dimensione tutto sommato classica da poliziesco estivo, però se scavate sotto, trovate una proporzione differente, addirittura anomala.
Bisogna chiarirsi: Markaris non è, come sbandierano gli editori di grido, il nuovo Simenon (lo dicono anche per lo svedese Mankell, ma lì siamo ad un pizzico dalla verità). Non ha né la stoffa, né la qualità letteraria. Se vogliamo, il lato meno esaltante dell'inventore del commissario Kostas Charitos (se vi interessa un quadro completo del personaggio cercate le due prime avventure, tutte Bompiani: Ultime nella notte e Difesa a zona) è proprio la bontà della lingua. Scorre piatta, liscia, quasi austera nel suo rilievo narrativo.
Sono altre le asperità dell'uomo: una continua schizofrenia di fondo che ha pochi eguali nel noir contemporaneo.
Ri-chiariamoci: le storie di Markaris hanno quasi sempre lo stesso motivo, la corruzione del mondo politico (nel romanzo che trattiamo si affaccia la questione degli appalti per le Olimpiadi di Atene del 2004), le malversazioni del potere, ma poi lungo la strada della narrazione ci si accorge che le dinamiche che alimentano la struttura non passano per la specificità del degrado sociale e morale, ma addirittura della psichiatria.
Nel senso: si vuol cercare il delitto negli ambienti di palazzo, ma il sangue spesso scorre nelle problematicità di tutti i giorni, nel quotidiano quasi casalingo.
Non si esimono frecciate di un certo rilievo (ricordiamoci che il commissario Kostas era un torturatore durante il regime dei colonnelli e ha l'onesta nettezza di considerarsi "altro" rispetto agli schieramenti più progressisti della società greca) e a pag.132 si legge: - Che differenza c'è tra la Grecia di prima e di dopo la dittatura? – Prima era un regno ora è una repubblica – Sbagliato. Prima della dittatura, quando richiedevano com'è che conoscevi un membro del governo rispondevi: "L'esercito. Abbiamo fatto il militare insieme". Dopo la dittatura rispondi: "La prigione della ESA. Abbiamo fatto la resistenza insieme". La conoscenza nell'esercito ti assicurava al massimo un posto in qualche ufficio pubblico. La conoscenza presso la prigione della ESA ti rende milionario nel giro di cinque anni.
Se vogliamo, dichiarazione un tantino reazionaria (me l'aspetterei da un Cicchitto o da un Bondi, condita con un sorriso, acido, di circostanza), ma che la dice lunga sul "setting" dei romanzi di Markaris. Si è suicidato il Che, della trilogia, è il più fiacco, con una spiegazione alla base dei suicidi che "insanguinano l'Atene pre-olimpica tirata veramente per le orecchie.
La dicotomia (schizofrenia) segnalata in precedenza rimane: forse qui più sfumata, perché si insiste sulle ideologie di fondo. Ma l'inganno rimane.
Quello di un autore, modesto ma efficace, che sembra spararla grossa: non sono colpi veri, ma fuochi di artificio. Rimangono ogni tanto nel cielo i resti del botto a far luce.
di Eleonora del Poggio
Questa di pag.308 del romanzo in questione potrebbe essere un avvertenza. Del tipo: attenzione, sembra che la cosa fili lisci in una dimensione tutto sommato classica da poliziesco estivo, però se scavate sotto, trovate una proporzione differente, addirittura anomala.
Bisogna chiarirsi: Markaris non è, come sbandierano gli editori di grido, il nuovo Simenon (lo dicono anche per lo svedese Mankell, ma lì siamo ad un pizzico dalla verità). Non ha né la stoffa, né la qualità letteraria. Se vogliamo, il lato meno esaltante dell'inventore del commissario Kostas Charitos (se vi interessa un quadro completo del personaggio cercate le due prime avventure, tutte Bompiani: Ultime nella notte e Difesa a zona) è proprio la bontà della lingua. Scorre piatta, liscia, quasi austera nel suo rilievo narrativo.
Sono altre le asperità dell'uomo: una continua schizofrenia di fondo che ha pochi eguali nel noir contemporaneo.
Ri-chiariamoci: le storie di Markaris hanno quasi sempre lo stesso motivo, la corruzione del mondo politico (nel romanzo che trattiamo si affaccia la questione degli appalti per le Olimpiadi di Atene del 2004), le malversazioni del potere, ma poi lungo la strada della narrazione ci si accorge che le dinamiche che alimentano la struttura non passano per la specificità del degrado sociale e morale, ma addirittura della psichiatria.
Nel senso: si vuol cercare il delitto negli ambienti di palazzo, ma il sangue spesso scorre nelle problematicità di tutti i giorni, nel quotidiano quasi casalingo.
Non si esimono frecciate di un certo rilievo (ricordiamoci che il commissario Kostas era un torturatore durante il regime dei colonnelli e ha l'onesta nettezza di considerarsi "altro" rispetto agli schieramenti più progressisti della società greca) e a pag.132 si legge: - Che differenza c'è tra la Grecia di prima e di dopo la dittatura? – Prima era un regno ora è una repubblica – Sbagliato. Prima della dittatura, quando richiedevano com'è che conoscevi un membro del governo rispondevi: "L'esercito. Abbiamo fatto il militare insieme". Dopo la dittatura rispondi: "La prigione della ESA. Abbiamo fatto la resistenza insieme". La conoscenza nell'esercito ti assicurava al massimo un posto in qualche ufficio pubblico. La conoscenza presso la prigione della ESA ti rende milionario nel giro di cinque anni.
Se vogliamo, dichiarazione un tantino reazionaria (me l'aspetterei da un Cicchitto o da un Bondi, condita con un sorriso, acido, di circostanza), ma che la dice lunga sul "setting" dei romanzi di Markaris. Si è suicidato il Che, della trilogia, è il più fiacco, con una spiegazione alla base dei suicidi che "insanguinano l'Atene pre-olimpica tirata veramente per le orecchie.
La dicotomia (schizofrenia) segnalata in precedenza rimane: forse qui più sfumata, perché si insiste sulle ideologie di fondo. Ma l'inganno rimane.
Quello di un autore, modesto ma efficace, che sembra spararla grossa: non sono colpi veri, ma fuochi di artificio. Rimangono ogni tanto nel cielo i resti del botto a far luce.
di Eleonora del Poggio
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Petros Markaris
La lunga estate calda del commissario Charitos
Superpocket, Pag. 375 Euro 5,90Dicevamo del commissario Charitos già tempo fa: Sono altre le asperità dell'uomo: una continua schizofrenia di fondo che ha pochi eguali nel noir contemporaneo.
Ri-chiariamoci: le storie di Markaris hanno quasi sempre lo stesso motivo, la corruzione del mondo politico, le malversazioni del potere, ma poi lungo la strada della narrazione ci si accorge che le dinamiche che alimentano la struttura non passano per la specificità del degrado sociale e morale, ma addirittura della psichiatria.
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