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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Fereshteh Sari

Sole a Teheran

Editpress, Traduzione di Anna Vanzan, Pag. 202 Euro 15,00
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   E’ come seguire i fili intrecciati di un tappeto persiano. Con ammirevole agilità l’Autrice incastona in mutevoli simmetrie  personaggi diversi, tempi diversi, narrazioni in terza persona e flussi di coscienza. I tempi che si alternano sono gli anni della rivoluzione iraniana, gli anni immediatamente successivi, e gli anni più recenti, fino al 2009. Avanti e indietro, proprio come una tessitrice che passa e ripassa intrecciando la trama con l’ordito, costringe il lettore a concentrarsi senza sosta sui volteggi di queste acrobazie, con il rischio di sperimentare attimi di smarrimento. Se questo è un difetto, il difetto del libro è questo.
   Ma Fereshteh Sari è brava. Sa tirare la corda quanto basta per allertare e coinvolgere, e quando il filo sembra perdersi fra i disegni intricati il lettore non può fare a meno di cercarlo per proseguire un cammino in cui si è decisamente inoltrato.
   Romanzo durissimo, questo. Non inganni l’atmosfera esotica che talvolta si affaccia attraverso i profumi, le stoffe, i piatti tradizionali. Si tratta di una tradizione spezzata, insieme ai rapporti familiari straziati dalla rivoluzione e dalla guerra, insieme agli ideali traditi da una rivoluzione che dopo essersene nutrita ne fa scempio. Drammi passati sulla pelle dell’Autrice e di chissà quante persone a lei care, perché il dato autobiografico si fa continuamente sentire come il rintocco di una campana. E l’Autrice, non avendo avuto sconti, non ne fa al lettore.
   Due sono le protagoniste della storia, compagne di università: Nilufar e Setareh. Di Setareh si ricostruiscono i momenti dell’entusiasmo, quando gli ideali sembravano prossimi a diventare realtà. Il regime dello scià era ormai votato alla sconfitta, ma le forze dei giovani rivoluzionari si diluivano nelle inutili diatribe politiche. I fondamentalisti islamici erano gli unici ad avere idee precise.
   E’ in corso una disputa fra trotzkisti, albanesi, stalinisti, maoisti, nazionalisti, falangisti, mujaheddin, comunisti … Una discussione tra gente di sinistra con gente di sinistra e fra islamici e gente di sinistra, che sbraitano tra loro.
   Poi la lotta in clandestinità, dopo che gli imam avevano prevalso.
   Il suono del campanello mi fa venire un tuffo al cuore. (..) Finalmente mi sono unita all’Organizzazione e questo grazie a un pezzetto di carta: un foglietto di congiunzione, sottile come un cerotto (…) ma carico di significati grazie al simbolo, ai segnali di sicurezza e alla parola d’ordine…
   L’esperienza di Nilufar è diversa. Lei è figlia di un alto funzionario del vecchio regime, caduto in disgrazia dopo la rivoluzione.
   Nilufar non era in casa quando erano venuti a prendere suo padre, anzi, non aveva nemmeno avuto notizia del suo arresto. Non la sfiorava il pensiero che a suo padre potesse accadere ancora qualcos’altro, visto che era già stato costretto a lasciare il proprio lavoro e a rimanere inoperoso in casa tutto il giorno…
   Vite che cambiano da un giorno all’altro, così come cambia, a volte repentinamente, l’assetto politico e sociale, con un irreale succedersi di esagerazioni opposte. Le due ragazze intanto si fanno donne, attraversano amori sfortunati e gravidanze clandestine, e sono infine costrette a rivivere, con ansia di madri, le loro stesse vicissitudini proiettate sui figli.
   I primi giorni aveva creduto che Saman fosse stato preso per caso durante il putiferio della manifestazione (…) Certo non aveva immaginato che Saman conducesse una esistenza parallela di cui lei non sapeva nulla. Allora la storia si ripeteva?!
   Leggendo si ripercorre un’interessante fetta di storia dell’Iran, dal 1978 al 2009, ma non è certo un documentario. Le vicende degli esseri umani che si trovano stritolati in meccanismi più grandi di loro balzano in primo piano con struggente intensità.

di Giovanna Repetto


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