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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Ian Fleming

Thrilling cities

Alacrán, Pag.307 Euro 18,80
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"Thrill" vale, se non sbaglio, "brivido". Però il viaggio intorno al mondo di Ian Fleming, che questo curioso e gradevole libro propone, di brividi ne dà pochini. Al massimo, è un interessante diario di viaggio (siamo nel 1959-'60: a Berlino non c'era ancora il muro, per capirsi) che permette, agli appassionati di letteratura dell'"itinere", di rendersi conto d'un modo di viaggiare con una coppa di champagne in mano che ricorda più l'Orient Express che l'era pomposamente autodenominatasi "nucleare". Ci vuole dunque tutto l'entusiasmo del fan della bella coppia Fleming-Bond per dichiarare, come fa Edward Coffrini Dell'Orto (Coffin in inglese è cassa da morto: sarà uno pseudonimo?), che questo libro è un capolavoro - anche perché, a dirla tutta, non lo sono nemmeno i romanzi di questo modesto artigiano della penna, che due fortune aveva avuto, nella vita: nascere da famiglia illustre (e perciò frequentare gli ambienti "giusti"), e militare nel servizio segreto inglese.

Riportati alle debite proporzioni testo e Autore, va dato atto a quest'ultimo d'aver fornito uno scorrevole manuale per membri del "jet-set" (credo la locuzione nascesse allora), consigliabile ancor oggi come "prefazione" ai tanti libri di viaggio che si sono accatastati sui bancali delle librerie - sebbene piacerebbe al sottoscritto recare questa funzione di capostipite, almeno per il Lettore italiano, al diario firmato da Bernardino Del Boca del viaggio che fece in Thailandia pochi anni avanti al tour dello scozzese. Libro di cui, ahimè, non ricordo il titolo né l'editore (è comunque introvabile) .

Così, Fleming compila questa sorta di guida turistica nella quale, come ho accennato, non c'è granché di "thrilling": a parte - per me -, l'idea del "sushi", e il fatto che sulle autostrade, all'epoca, non vi fosse limite di velocità (eccetto quelle tedesco-occidentali). Anzi: dell'Italia si dipinge il medesimo quadro che può ritrovarsi nei tanti scritti sul Grand Tour - italiani trafficoni e imbroglioni se adulti, ladri se scugnizzi, implicite mignotte se donne, tutti disinvolti sessualmente, almeno quanto gli stranieri "esiliati a Capri" - per i quali conia il bel termine Homintern sul modello del Komintern. Le coincidenze fra quelle pagine (che succintamente il Lettore di questo "Paradiso" ritroverà nella recensione ad Attilio Brilli del suo Il viaggio in Italia, edito il Mulino) e quelle dello scrittore di "spy-stories" sono talvolta al limite del plagio: come tanti ottocenteschi, Fleming si duole dell'abbandono e della trascuratezza in cui gli italiani lasciano i loro monumenti, facendosi tentare da un elogio - attribuito a terzi anonimi - per Napoleone e altri spogliatori, giacché almeno al Louvre le opere d'arte si possono vedere. E il suo viaggio termina a Paestum, (p. 256) esatto esatto dove era solito fermarsi il baronetto inglese o il rampollo della buona borghesia di Francia - nemmeno Stendhal, il cui interesse per gli intrighi, i retroscena, i pugnali e i veleni era sovraccarico, e Fleming in ciò potrebbe essergli lontano parente, andrà più in là, sebbene millantasse un viaggio in Sicilia.

Millanteria che è un ulteriore piccola somiglianza fra i due: nel libro l'Autore passa da un locale ad un altro, da una location alla successiva, ma c'è il legittimo sospetto che parli, spesso, per sentito dire. Niente di male: anche il ragionier Persichetti, di ritorno dall'all-inclusive a Sharm, colorirà di rosa, giallo o nero le proprie avventure. Figuriamoci se non l'abbia fatto chi, come uno scrittore, del raccontare storie èsita una ragion d'essere, tanto più quando esse s'accompagnano all'iperbole di chi ha frequentato, per mestiere, il mondo dei segreti e delle spie.

A dire il vero, questa professionalità (come oggi si dice) di Fleming emerge appieno solo nella Berlino divisa, in un dialogo con un "signor O". Il quale, fra l'altro, si allarga a dire (ricordo che siamo nel 1960) che "tutti si sorprendono che funzionari o ufficiali sovietici o tedesco-orientali non si precipitino a offrire informazioni in cambio di queste cose (del benessere occidentale, n.d.r.); ma c'è uno stupido equivoco. La risposta è che la gente dell'est non le vuole più. La vita è molto migliore, adesso, nel blocco sovietico. Per le persone intelligenti, la gente che vorremmo venisse da noi, il futuro sotto il comunismo sembra promettente quanto, se non di più, della vita in Europa e in America. Non tutti sono attratti dal caos della democrazia". (p. 188) Comme le temps passe! L'impaginazione del libro è tuttavia questa, di gradevole conservatorismo - anche se qui lo vediamo "through the looking glass". E anche, ammettiamolo, venata d'un senso antiamericano, da inglese memore del "Boston tea party" che diede formalmente origine alla rivoluzione statunitense, e rese il tè imbevibile persino per i coloni, come si ricorda in Mary Poppins.

Anche il sesso è trattato, dal Nostro, con levità persino irritante: Fleming nota come gli spettacoli dei"trans" berlinesi siano "formato famiglia", ma da Lettori viene da rimproverargli: "A quelli so andare da me. Da te volevo ben altro, visto quel che prometti nel titolo". E' fin troppo ovvio ricordare che, in quegli anni, bisognava parlare "in cifra"di certe cose - e anzi, cara grazia che qui se ne parli più o meno apertamente. Però, la sensazione d'aver pagato il biglietto per vedere ballare la scimmia, e poi ha ballato la moglie del domatore, rimane.

Insomma, a parlar chiaro si va: l'appassionato bondista troverà in queste pagine il sottile diletto di reincontrare, in veste di chaperon, il suo Autore preferito. Gli altri, disporranno d'un testo che è fatto apposta per passare dignitosamente qualche ora di attesa in aeroporto, o il percorso senz'attrattive d'un treno nell' Europa industriale e piana. Né più, né meno.



di Giulio Lascàris


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