RECENSIONI
Alberto Malcangi
Tiziano Terzani
Coniglio Editore, Pag. 127 Euro 12,00
Gli italiani non hanno avuto un impero coloniale della durata e della rilevanza di quelli - non diciamo inglese o francese - ma portoghese od olandese. I figli d'Ausonia all'estero ci andavano migrando, il che vuol dire che dovevano apprendere una lingua, non diffonderne una - e alla terza generazione, la familiarità media con la madre dell'anima limitava a qualche canzone, poche locuzioni dialettali, un paio d'arie d'opera.
Anche per questo, i nati nello Stivale non godono di buona fama come poliglotti, categoria che vede gli olandesi primi della classe - è raro che un suddito d'Orange non parli, oltre all'irto suo idioma, inglese e tedesco, e se la cavi col francese.Vantaggi del retaggio commerciale, della scolarizzazione e dell'abitudine alla lettura, dello stare in Europa come Cacco Immezzo, e dunque anche di ricevere radio e tv dai paesi con lingue forti.
Noi, invece, tranne eccezioni confinarie, e con una voglia d'imparare che-saltami-addosso, quando andiamo all'estero siamo noti per essere quelli che si esprimono a gesti - graziose, simpatiche scimmiette, insomma. Vero è che la situazione è decisamente migliorata: negli ultimi tempi abbiamo infine appreso ad ordinare un tè per due a Londra, e, volendo del limone, a non chiedere a Parigi "un Citroën". Ma ci frega l'accento, e la fatalità di parlare una lingua desinente in suoni vocalici. Noi sfottiamo i teteschi ti Cermania troppo duri e i fvanscesi de pavì troppo molli. Siamo ricambiati dai cari anglosassoni come il popolo che "donto drinka milka", e "donto speacka englischa".
Ho menato il torrone con queste robe perché Tiziano Terzani è stato esatto l'anti di quest'italiano qui. Nato povero, quando "povero" significava toppe al culo e saltare i pasti - e, come nella canzone di Fo-Jannacci, stare allegri per non avvilire il re, il cardinale, il padrone, e un certo Mario Scelba -, si laureò bene in un paese dove s'addottoravano solo i Pierini (come quell'Andrea Milani Comparetti, nipote del signorino Lorenzo prete a Barbiana, che nel '66 fu dichiarato il miglior liceale d'Italia con la media alla maturità classica del 9,44), (*) e la maggioranza non finiva l'obbligo, finiva nei campi, nelle officine, nei bar, taluni a ffa' bbucchìne. Scelse quindi di lavorare all'Olivetti, e, spedito in Asia, si ritrovò a fare "i'ggiornalista" per i crucchi di Der Spiegel. Dunque, tedesco e inglese (perfezionato a New York), e giapponese (non tanto), e cinese (la sua passione, ma a un livello infantile, come testimonia lui stesso - ma credo implicasse "non al livello a cui aspiravo"), e vietnamita. Inoltre: residenza in Thailandia, e in India, e volete voi che 'na 'ntìcchia di indiano e bangkokkàro non gli sia entrata nell'orecchio? E viaggi in Unione Sovietica: una foto lo ritrae alle isole Curili con un indigeno, e sembra più curiazio lui dell'altro. Il che lascia presumere che si sia strusciato anche al russo.
Perché Terzani era uno che studiava. Il che non gli ha impedito di pigliare cantonate: ma gli ha permesso di limitare le fregnacce al minimo indispensabile, che è (dovrebbe essere) l'obiettivo minimo di chiunque metta quattro parole in croce. La passione per le lingue era un aspetto di questa serietà: un altro, la sua serena concezione della verità. Data l'impossibile esaustione d'un fenomeno alla lingua che lo descrive - altrimenti il fenomeno coinciderebbe con la lingua - , esiste un margine d'indicibilità in ogni relazione. Tradotto in gergo, ne viene che l'obiettività, la completa adesione del fatto al vero al detto non esiste: manna dal cielo per i giornalisti che fanno provincia (Ferrara, a non far nomi), che lo intendono come una scusa per farsi voltagabbanelli (cioè opposti a Milena) - se l'obiettività non esiste, esiste solo la faziosità, dunque "faziamo": mundus vult decipi?Decipiamur ergo! Limite con il quale confrontarsi, scontrarsi, misurarsi, perimetro da allargare, muraglia su cui sbattere il grugno per i Terzani: l'uomo non vola perché non ha ali d'ossa e piume? Inventiamo la mongolfiera, il libratore di Lilienthal, il biplano dei Wright, l'aerogiro, l'elicottero, il Caproni-Campini CC2, il VTOL, il DC3, la Vostok, il Concordski, il Boeing, l'Apollo, pur di non far parte della razza che rimane a terra. Cioè: io cronista prima d'essere cronista sono io. Perdipiù, partecipo o referto eventi (rivoluzioni, guerre, golpe, attentati, pulizie etniche, stragi di stato) ad altissimo contenuto emotivo: come fo a parlarne come fossero il tumulto dei Ciompi? Risposta terzaniana: raccontando la mia verità. Quel che ho visto, quel che ho capito, come l'ho visto e per quel che c'ho capito - con la cura di cercar di capire il più possibile, di vedere il più possibile, studiando il modo di correggere l'opinione mia con l'opinione altrui, e soprattutto di non scangiare un'opinione per un fatto, di non gabellare una voce per una certezza.
Tutto questo, e altro ancora, troviamo in questo breve e però raccomandabile testo di Malcangi - del quale mi sarebbe piaciuto riportare qualcosa di biografico, non fosse che, essendo fallate, manchette e copertina risultano illeggibili. Per fortuna, il testo parla a suo favore: com'è noto, l'Italia è il paese dei santini, e una sua deriva da santone Terzani in ultimo (tra frequentazioni orsigno-himalaiane, barboge salomoniche, candidi panni, e toni e pose sapienziali) l'ha avuta, involontariamente preparando il terreno ad imbalsamazioni cretine - gib die trötteln keine chance, bitte!
Invece, l'Autore ha saputo confezionare un rapido libro che introduce il Lettore ai molteplici aspetti di una personalità complessa (e forse per certi versi complessata nella sua ricerca di visibilità, di rilevanza), mai rendendo all' uomo e al giornalista il cattivo servizio d'edulcorare o d'agiografare. Perciò, non solo restituisce il Terzani discusso, e magari discutibile (benché a discuterlo sia un arnese come Socci), sin dalle prime pagine. Fa di più: individua nei suoi rivali una categoria retorica - la "proprietà transitiva dell'ineguaglianza" - che gli consente di mostrare la pretestuosità di alcuni attacchi, e assieme di trasferire il discorso a un livello più elevato, categorico, dimodoché Terzani non sia più solo il soggetto d'una biografia, bensì un modello di stile giornalistico - così come Wittgenstein è il modello di un qualificato stile filosofico, e Proust d'uno letterario perspicuo. Colpo d'ala che evita all'Autore di farsi avvocato della difesa, perso nella polemicuzza estemporanea, senza impedirgli di rendere quei tratti di perfezione della ricerca del reale (e dell'io che il contatto con la realtà manipola) che, attuatisi nell'uomo, hanno potenziale valore perenne (del "perennialismo" si riporta nel capitolo "I compagni di viaggio"). Sicché alla fine ci si sente d'aver appreso che Terzani era - davvero - confezione d'articolo e d'articolista assieme, e viaggio e viaggiatore. E, naturalmente, uomo: con le sue bizze, le sue antipatìe, i suoi difetti, le sue paturnìe e anche le sue angolosità.
E torniamo a concludere: chi ricorda GiorgioVigolo sul Belli, rammenterà come lo studioso faccia notare, a proposito dell'ultimo sonetto del Commedione, "il lungo viaggio del poeta è terminato. Il viaggio ch'egli ha compiuto attraverso la sua città (...) lo riconduce infine nella sua casa, nella sua camera, nel suo letto. (...) E il grande circolo si chiude sul pronome Io". (**) E così sia di Tiziano, il senza nome.
(*) cfr. Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani, Rizzoli, Milano 1993 pp. 487-8;
(**) Giuseppe G. Belli, Er giorno der giudizzio, Mondadori, Milano 1982, nota a p. 361.
di Marco Lanzòl
Anche per questo, i nati nello Stivale non godono di buona fama come poliglotti, categoria che vede gli olandesi primi della classe - è raro che un suddito d'Orange non parli, oltre all'irto suo idioma, inglese e tedesco, e se la cavi col francese.Vantaggi del retaggio commerciale, della scolarizzazione e dell'abitudine alla lettura, dello stare in Europa come Cacco Immezzo, e dunque anche di ricevere radio e tv dai paesi con lingue forti.
Noi, invece, tranne eccezioni confinarie, e con una voglia d'imparare che-saltami-addosso, quando andiamo all'estero siamo noti per essere quelli che si esprimono a gesti - graziose, simpatiche scimmiette, insomma. Vero è che la situazione è decisamente migliorata: negli ultimi tempi abbiamo infine appreso ad ordinare un tè per due a Londra, e, volendo del limone, a non chiedere a Parigi "un Citroën". Ma ci frega l'accento, e la fatalità di parlare una lingua desinente in suoni vocalici. Noi sfottiamo i teteschi ti Cermania troppo duri e i fvanscesi de pavì troppo molli. Siamo ricambiati dai cari anglosassoni come il popolo che "donto drinka milka", e "donto speacka englischa".
Ho menato il torrone con queste robe perché Tiziano Terzani è stato esatto l'anti di quest'italiano qui. Nato povero, quando "povero" significava toppe al culo e saltare i pasti - e, come nella canzone di Fo-Jannacci, stare allegri per non avvilire il re, il cardinale, il padrone, e un certo Mario Scelba -, si laureò bene in un paese dove s'addottoravano solo i Pierini (come quell'Andrea Milani Comparetti, nipote del signorino Lorenzo prete a Barbiana, che nel '66 fu dichiarato il miglior liceale d'Italia con la media alla maturità classica del 9,44), (*) e la maggioranza non finiva l'obbligo, finiva nei campi, nelle officine, nei bar, taluni a ffa' bbucchìne. Scelse quindi di lavorare all'Olivetti, e, spedito in Asia, si ritrovò a fare "i'ggiornalista" per i crucchi di Der Spiegel. Dunque, tedesco e inglese (perfezionato a New York), e giapponese (non tanto), e cinese (la sua passione, ma a un livello infantile, come testimonia lui stesso - ma credo implicasse "non al livello a cui aspiravo"), e vietnamita. Inoltre: residenza in Thailandia, e in India, e volete voi che 'na 'ntìcchia di indiano e bangkokkàro non gli sia entrata nell'orecchio? E viaggi in Unione Sovietica: una foto lo ritrae alle isole Curili con un indigeno, e sembra più curiazio lui dell'altro. Il che lascia presumere che si sia strusciato anche al russo.
Perché Terzani era uno che studiava. Il che non gli ha impedito di pigliare cantonate: ma gli ha permesso di limitare le fregnacce al minimo indispensabile, che è (dovrebbe essere) l'obiettivo minimo di chiunque metta quattro parole in croce. La passione per le lingue era un aspetto di questa serietà: un altro, la sua serena concezione della verità. Data l'impossibile esaustione d'un fenomeno alla lingua che lo descrive - altrimenti il fenomeno coinciderebbe con la lingua - , esiste un margine d'indicibilità in ogni relazione. Tradotto in gergo, ne viene che l'obiettività, la completa adesione del fatto al vero al detto non esiste: manna dal cielo per i giornalisti che fanno provincia (Ferrara, a non far nomi), che lo intendono come una scusa per farsi voltagabbanelli (cioè opposti a Milena) - se l'obiettività non esiste, esiste solo la faziosità, dunque "faziamo": mundus vult decipi?Decipiamur ergo! Limite con il quale confrontarsi, scontrarsi, misurarsi, perimetro da allargare, muraglia su cui sbattere il grugno per i Terzani: l'uomo non vola perché non ha ali d'ossa e piume? Inventiamo la mongolfiera, il libratore di Lilienthal, il biplano dei Wright, l'aerogiro, l'elicottero, il Caproni-Campini CC2, il VTOL, il DC3, la Vostok, il Concordski, il Boeing, l'Apollo, pur di non far parte della razza che rimane a terra. Cioè: io cronista prima d'essere cronista sono io. Perdipiù, partecipo o referto eventi (rivoluzioni, guerre, golpe, attentati, pulizie etniche, stragi di stato) ad altissimo contenuto emotivo: come fo a parlarne come fossero il tumulto dei Ciompi? Risposta terzaniana: raccontando la mia verità. Quel che ho visto, quel che ho capito, come l'ho visto e per quel che c'ho capito - con la cura di cercar di capire il più possibile, di vedere il più possibile, studiando il modo di correggere l'opinione mia con l'opinione altrui, e soprattutto di non scangiare un'opinione per un fatto, di non gabellare una voce per una certezza.
Tutto questo, e altro ancora, troviamo in questo breve e però raccomandabile testo di Malcangi - del quale mi sarebbe piaciuto riportare qualcosa di biografico, non fosse che, essendo fallate, manchette e copertina risultano illeggibili. Per fortuna, il testo parla a suo favore: com'è noto, l'Italia è il paese dei santini, e una sua deriva da santone Terzani in ultimo (tra frequentazioni orsigno-himalaiane, barboge salomoniche, candidi panni, e toni e pose sapienziali) l'ha avuta, involontariamente preparando il terreno ad imbalsamazioni cretine - gib die trötteln keine chance, bitte!
Invece, l'Autore ha saputo confezionare un rapido libro che introduce il Lettore ai molteplici aspetti di una personalità complessa (e forse per certi versi complessata nella sua ricerca di visibilità, di rilevanza), mai rendendo all' uomo e al giornalista il cattivo servizio d'edulcorare o d'agiografare. Perciò, non solo restituisce il Terzani discusso, e magari discutibile (benché a discuterlo sia un arnese come Socci), sin dalle prime pagine. Fa di più: individua nei suoi rivali una categoria retorica - la "proprietà transitiva dell'ineguaglianza" - che gli consente di mostrare la pretestuosità di alcuni attacchi, e assieme di trasferire il discorso a un livello più elevato, categorico, dimodoché Terzani non sia più solo il soggetto d'una biografia, bensì un modello di stile giornalistico - così come Wittgenstein è il modello di un qualificato stile filosofico, e Proust d'uno letterario perspicuo. Colpo d'ala che evita all'Autore di farsi avvocato della difesa, perso nella polemicuzza estemporanea, senza impedirgli di rendere quei tratti di perfezione della ricerca del reale (e dell'io che il contatto con la realtà manipola) che, attuatisi nell'uomo, hanno potenziale valore perenne (del "perennialismo" si riporta nel capitolo "I compagni di viaggio"). Sicché alla fine ci si sente d'aver appreso che Terzani era - davvero - confezione d'articolo e d'articolista assieme, e viaggio e viaggiatore. E, naturalmente, uomo: con le sue bizze, le sue antipatìe, i suoi difetti, le sue paturnìe e anche le sue angolosità.
E torniamo a concludere: chi ricorda GiorgioVigolo sul Belli, rammenterà come lo studioso faccia notare, a proposito dell'ultimo sonetto del Commedione, "il lungo viaggio del poeta è terminato. Il viaggio ch'egli ha compiuto attraverso la sua città (...) lo riconduce infine nella sua casa, nella sua camera, nel suo letto. (...) E il grande circolo si chiude sul pronome Io". (**) E così sia di Tiziano, il senza nome.
(*) cfr. Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani, Rizzoli, Milano 1993 pp. 487-8;
(**) Giuseppe G. Belli, Er giorno der giudizzio, Mondadori, Milano 1982, nota a p. 361.
di Marco Lanzòl
CERCA
NEWS
-
12.11.2024
La nave di Teseo.
Settembre nero. -
12.11.2024
Tommaso Pincio
Panorama. -
4.11.2024
Alessandro Barbero
Edizioni Effedi. La voglia dei cazzi.
RECENSIONI
-
Han Kang
La vegetariana
-
Han Kang
Atti umani
-
Giuliano Pavone
Per diventare Eduardo
ATTUALITA'
-
Ettore Maggi
La grammatica della Geopolitica.
-
marco minicangeli
CAOS COSMICO
-
La redazione
Trofeo Rill. I risultati.
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
-
Marco Minicangeli
Juniper - Un bicchiere di gin
-
Lorenzo Lombardi
IL NERD, IL CINEFILO E IL MEGADIRETTORE GENERALE
RACCONTI
-
Fiorella Malchiodi Albedi
Ad essere infelici sono buoni tutti.
-
Roberto Saporito
30 Ottobre
-
Marco Beretti
Tonino l'ubriacone