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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Vladimir Pozner

Tolstoj è morto

Adelphi, Pag. 274 Euro 18,00
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La ciarla contemporanea imporrebbe, magari una volta al dì, quindici minuti di assoluto silenzio. Per ritemprare lo spirito snervato dal logorio della vita moderna, dal chiacchiericcio appunto di un'autoassolutoria umanità, dal, come disse una volta un mio amico-nemico, viperinismo da boudoir. Quei pochi che scelgono, di conseguenza, l'alternativa (vita bucolica lontano dai miasmi della contemporaneità... andiamo a mietere il grano, il grano, il grano, raccoglieremo l'amore... come cantava decenni fa tale Luiselle) sappiano che avrebbero un illustre predecessore: tale Lev Nikolaevic Tolstoj, da Jasnaja Poljana. Che un dì di novembre del 1910, armi e bagagli, decide di abbandonare la famiglia (progetto che aveva già caldamente sognato perché la moglie, nel suo diario, in data 26 agosto 1882 scriveva: Oggi ha proclamato che il progetto che accarezza con maggior piacere è quello di abbandonare la famiglia. Neanche sul letto di morte potrò dimenticare questa sua schietta dichiarazione che mi ha trafitto il cuore) e scappare col treno chissà per quale destinazione. Destinazione che improvvisamente s'accorcia, perché s'ammala di polmonite. Costretto a fermarsi in una stazioncina abbandonata da Dio (Astapovo) sopravviverà altri sette giorni fino a stirare le zampette il 7 novembre del 1910.

Tolstoj è morto, straordinario resoconto dello scrittore sovietico Vladimir Pozner, racconta la via Crucis dell'autore di Guerra e pace, del figlio prediletto della Russia, dell'uomo che mise in cinta la moglie ben tredici e volte e se ne lamentava, dell'uomo colpito sulla via di Damasco dalla necessità di una missione salvifica (Com'è comica la contraddizione nella quale vivo: senza falsa modestia, io elaboro ed esprimo pensieri di enorme importanza e significato, e al tempo stesso devo lottare contro capricci muliebri che rubano la maggior parte del tempo a mia disposizione).

Tolstoj è morto è il lucido resoconto della prima isteria mediatica: giornalisti, cineoperatori, esercito, semplici curiosi, cittadini del mondo, religiosi e fancazzisti raggiunsero al più presto la località di Astapovo (La direzione della Compagnia ferroviaria del distretto Rjazan-Ural ha messo uncerto numero di vagoni a disposizione della famiglia Tolstoj e dei giornalisti. Ad Astapovo è appena terminata la costruzione di un fabbricato di notevoli dimensioni: stanno pensando si trasformarlo provvisoriamente in albergo) tutti con la speranza di vivere la prima tragedia 'culturale' in presa diretta.

Personalmente ho patteggiato per la moglie (mi spiego: non c'è nulla da patteggiare quando un uomo famoso sta per morire, non lo si dovrebbe fare nemmeno per il più disgraziato dei reietti, ma quando una vita intera è spesa in contrasti familiari e la necessità di fuga di un uomo si esplica con urgenza ben 28 anni prima dell'audace e poi risolutiva azione, vien voglia di schierarsi, perché i due - marito e moglie – son combattenti nati e quando lo scontro si fa duro e duri cominciano a ballare). Dunque ho patteggiato per la moglie, poverina, che per i suoi continui cahiers de doleances, passava pure per isterica: e quando si trattò di confortare il burbero marito in punto di morte, non fu nemmeno invitata al capezzale per tema che l'uomo famoso potesse soffrirne. O per disdoro?

Tolstoj è morto non rende per nulla merito all'autore di Anna Karenina. Ma fusse che fusse, come diceva Manfredi, che il motto flaubertiano 'madame Bovary c'est moi' si possa adattare perfettamente (sostituendo l'ordine dei fattori il risultato non cambia) al figlio prediletto della Russia che quando scriveva dell'amore della donna per il mondano Vronski, pensava a se stesso e alle sue disgrazie matrimoniali e al desiderio impellente di avere un'altra persona accanto? Altro che l'immedesimazione col 'rurale' Levin!



P.S.

Al di là delle dispute pro e contro Tolstoj, per me Tolstoj è morto è uno dei libri più belli del 2010.





di Alfredo Ronci


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Adelphi, Pag. 320 Euro 22,00

Dopo lo strepitoso libro dedicato alla fine di Tolstoj, Adelphi ci regala un'altra indagine narrativa dello scrittore e giornalista Vladimir Pozner (1905-1992), una biografia rapsodica su un personaggio terribile, fascinosissimo e cupo: artefice di una di quelle vite che sono storie in sé e che quando trovano il narratore giusto si leggono con una passione che i romanzi-romanzi garantiscono sempre meno.
L'uomo era il barone von Ungern-Sternberg, aristocratico irascibile, astioso e sdegnato di suo, ferocemente avverso alla rivoluzione bolscevica.

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