RECENSIONI
Massimiliano Nuzzolo
Tre metri sotto terra
Coniglio Editore, Pag. 59 Euro 5,00
Cosa c'è di bello nella morte? " Ma che domande fai?" direte schizzinosi voi! Ma tranquilli non c'è nessun inno al suicidio o vena macabra nella mia questio. Nella morte c'è di bello che nel suo mutismo sa raccontare tante cose in modi diversi, paradossalmente tante vite con voci diverse.
In Tre metri sotto terra Massimiliano Nuzzolo dà la parola ai cari estinti in poco più di 50 pagine e 193 poesie e lo fa cambiando registri, argomenti, colori.
La copertina mi ha fatto innamorare subito con il suo sfacciato riferimento al libro per piagnoni di cui tutti conosciamo le sorti e, ovviamente, il titolo ha scatenato tutta la mia ilarità e odio (comune a molti) verso i mocciosi mocciani , ricordandomi, con i due scheletrini che si abbracciano, un passato dark legato a Edward mani di forbice e Tim.
"Cosa c'è quindi in questo libello?" Incalzerete voi... Beh, scusate, ma vi pongo prima un'altra domanda : siete sicuri che gli occupanti di quelle fosse vogliano davvero che si scriva quello che si legge sulla lapide? Siete davvero convinti che ciò che è scritto rispecchia la realtà dei fatti?. La risposta è Ni. SI', perché più o meno quando muori, a meno che non ci sia da salvaguardare un'immagine pubblica, non puoi "rettificare" i fatti più di tanto; NO, perché magari il defunto avrebbe voluto dire la sua.
Ecco dunque la genialità di Massimiliano! Schietta, tagliente, sarcastica, realistica, tremebonda, sorpresa, stanca, triste ma sempre tremendamente accattivante! Ecco il grido, il sussurro, il racconto di chi non c'è più.
Il mondo calpestante è diverso da quello calpestato, anche se il secondo in parte ricorda e racconta nuovamente il primo: la società è folle (Ero entrato a casa sua solo per un drink. M'inculò per ore legato al letto, poi decise di tagliarmi a pezzettini e di mettermi nel frigo), le persone spietatamente ciniche (Facevo il killer. Non avevo mai pensato di poter morire), l'assurdo vive in ogni angolo annidandosi per lo più nella televisione (Nel servizio di Tg2 Salute la lobotomia sembrava una cosa simpatica da fare tra amici) e nei malesseri familiari (Mi gridava spesso che mi avrebbe ammazzata, ma quante se ne sente dire una mamma?).
In poche pagine e brevissime poesie c'è tutto questo, l'amore per una vita che non c'è più, per chi ancora la vive inconsapevolmente non pensando che poi potrebbe rammaricarsi per sempre se la vedessero sprecata. C'è l'ammonimento a volte tragico, altre divertito, ma mai paternalistico.
La morte sa giocare e prendersi gioco di noi. Dobbiamo però anche ricordarci di giocare con il suo nome e sapercene prendere gioco, insomma... saper sdrammatizzare un po' e questo libro si presta benissimo come prontuario, vademecum del sano "pensar allo morire" con un sorrisetto quanto meno divertito.
Accanto al lato goliardico però Massimiliano ci ricorda le tragedie di questo nostro secolo: le guerre in Kosovo, la droga, gli stupri, le violenze su minori, sugli animali (Mi hanno vivisezionato in nome della scienza), sulle donne (Voi direte: che c'entrano ombrello in un occhio e metropolitana?Pure io), la diversità di pelle, l'orientamento sessuale (Mi hanno massacrato perché ero omosessuale), la politica (A quel processo avevo fatto nomi e cognomi), il pensiero (Pensavo); lo fa come ho più volte ribadito in tre righe di "poesitaffio" (permettetemi il neologismo, sperando che l'autore non me ne voglia): c'è l'essere conciso, rapido e indolore di uno scrittore giovane, sicuramente anche un po' arrabbiato, ma non inesperto visto gli altri libri che si porta sulle spalle e visto la sua straordinaria vena visionaria.
Uno scrittore che ha davvero una prospettiva fuori dal comune e un'arma micidiale come l'ironia al suo fianco.
La poesia tra queste pagine si fa breve e intensa... come la vita che ci dimentichiamo di godere.
di Alex Pietrogiacomi
In Tre metri sotto terra Massimiliano Nuzzolo dà la parola ai cari estinti in poco più di 50 pagine e 193 poesie e lo fa cambiando registri, argomenti, colori.
La copertina mi ha fatto innamorare subito con il suo sfacciato riferimento al libro per piagnoni di cui tutti conosciamo le sorti e, ovviamente, il titolo ha scatenato tutta la mia ilarità e odio (comune a molti) verso i mocciosi mocciani , ricordandomi, con i due scheletrini che si abbracciano, un passato dark legato a Edward mani di forbice e Tim.
"Cosa c'è quindi in questo libello?" Incalzerete voi... Beh, scusate, ma vi pongo prima un'altra domanda : siete sicuri che gli occupanti di quelle fosse vogliano davvero che si scriva quello che si legge sulla lapide? Siete davvero convinti che ciò che è scritto rispecchia la realtà dei fatti?. La risposta è Ni. SI', perché più o meno quando muori, a meno che non ci sia da salvaguardare un'immagine pubblica, non puoi "rettificare" i fatti più di tanto; NO, perché magari il defunto avrebbe voluto dire la sua.
Ecco dunque la genialità di Massimiliano! Schietta, tagliente, sarcastica, realistica, tremebonda, sorpresa, stanca, triste ma sempre tremendamente accattivante! Ecco il grido, il sussurro, il racconto di chi non c'è più.
Il mondo calpestante è diverso da quello calpestato, anche se il secondo in parte ricorda e racconta nuovamente il primo: la società è folle (Ero entrato a casa sua solo per un drink. M'inculò per ore legato al letto, poi decise di tagliarmi a pezzettini e di mettermi nel frigo), le persone spietatamente ciniche (Facevo il killer. Non avevo mai pensato di poter morire), l'assurdo vive in ogni angolo annidandosi per lo più nella televisione (Nel servizio di Tg2 Salute la lobotomia sembrava una cosa simpatica da fare tra amici) e nei malesseri familiari (Mi gridava spesso che mi avrebbe ammazzata, ma quante se ne sente dire una mamma?).
In poche pagine e brevissime poesie c'è tutto questo, l'amore per una vita che non c'è più, per chi ancora la vive inconsapevolmente non pensando che poi potrebbe rammaricarsi per sempre se la vedessero sprecata. C'è l'ammonimento a volte tragico, altre divertito, ma mai paternalistico.
La morte sa giocare e prendersi gioco di noi. Dobbiamo però anche ricordarci di giocare con il suo nome e sapercene prendere gioco, insomma... saper sdrammatizzare un po' e questo libro si presta benissimo come prontuario, vademecum del sano "pensar allo morire" con un sorrisetto quanto meno divertito.
Accanto al lato goliardico però Massimiliano ci ricorda le tragedie di questo nostro secolo: le guerre in Kosovo, la droga, gli stupri, le violenze su minori, sugli animali (Mi hanno vivisezionato in nome della scienza), sulle donne (Voi direte: che c'entrano ombrello in un occhio e metropolitana?Pure io), la diversità di pelle, l'orientamento sessuale (Mi hanno massacrato perché ero omosessuale), la politica (A quel processo avevo fatto nomi e cognomi), il pensiero (Pensavo); lo fa come ho più volte ribadito in tre righe di "poesitaffio" (permettetemi il neologismo, sperando che l'autore non me ne voglia): c'è l'essere conciso, rapido e indolore di uno scrittore giovane, sicuramente anche un po' arrabbiato, ma non inesperto visto gli altri libri che si porta sulle spalle e visto la sua straordinaria vena visionaria.
Uno scrittore che ha davvero una prospettiva fuori dal comune e un'arma micidiale come l'ironia al suo fianco.
La poesia tra queste pagine si fa breve e intensa... come la vita che ci dimentichiamo di godere.
di Alex Pietrogiacomi
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