RECENSIONI
Roslund&Hellström
Tre secondi
Einaudi Stile Libero, Pag. 657 Euro 21,00
Sarà la moda, ma ormai tutti pensano che i delitti più orribili, i serial killer più spietati e la criminalità 'organizzata' più organizzata siano di stanza in quella che credevamo la democrazia più efficiente del continente europeo. E in effetti 'sti svedesi so' tosti e cattivi.
Andiamo per ordine: Massimo Carlotto sulle pagine di Venerdi di Repubblica (spero di non sbagliare testata perché non ho conservato l'articolo) invitava i lettori, affamati di avventure poliziesche e di denuncia, a confrontarsi, senza mezzi termini, col noir più coinvolgente della stagione. Appunto: Tre secondi. Aggiungendo che aveva terminato il 'tomissimo' di quasi settecento pagine in tre giorni, certo che qualcuno lo avrebbe superato in velocità.
Io c'ho messo quattro giorni e devo dire che Carlotto aveva ragione.
Siamo di fronte ad un romanzo per certi versi esplosivo, che fa capire molte più cose sulle democrazie sempre sbandierate di tanti saggi capziosi e noiosi, e che grazie ad una coppia di scrittori inedita, offre una vera e propria lezione di scrittura creativa.
Direi che si può tranquillamente tralasciare la trama perché le citazioni che riporto dal testo sono esaustive sul contenuto. Prendiamo per esempio a pag. 68: Quando aveva iniziato, un poliziotto giovanissimo che credeva di poter fare la differenza, la mafia era qualcosa che esisteva a migliaia di chilometri di distanza, in Italia meridionale o nelle grandi città americane.
Invece? I due precisano la situazione svedese: Ogni anno nuovi attori entravano di prepotenza nella lista nera dei sorveglianti speciali della polizia di Stoccolma: solo negli ultimi mesi aveva avuto a che fare con la mafia messicana e con quella egiziana.
In pratica un merdaio. Fosse finita: alla mafia 'etnica' si aggiunge la corruzione della polizia: - E' tutto il sistema che fa schifo, Grens. Se i criminali lavorano per la polizia, è naturale che molti indagini finiscano insabbiate. Che certi criminali vengano autorizzati perché altri possano venir perseguiti. Così finisce che i poliziotti mentono e impediscono l'accesso alla verità ad altri poliziotti. E attenzione, Grens, in una società che si definisce democratica (Pag. 592/593).
Qualcuno obietterà: ma James Ellroy scrive queste cose da almeno un decennio! Certo, ma Ellroy fa parte del primo 'assunto' riportato, dove la delinquenza mafiosa e la sue propaggini riguarda(va)no appunto l'Italia meridionale e le grandi città americane.
Qui si parla di Svezia. E punto.
E non insistete perché io vi riveli parte della trama: scorre in mezzo alle due citazioni, con in più, come si diceva prima, una tecnica narrativa prodigiosa. Il momento in cui il protagonista del noir viene preso di mira dal cecchino incaricato di ucciderlo è pura cinematografia hithcockiana (do you remember L'uomo che sapeva troppo?).
Si aggiunga a tutto ciò un finale (non narrativo) ancor più straordinario, dove in una nota a fondo libro i due autori si divertono a spiazzare con una contrapposizione arguta tra la 'verità sulla polizia' e la 'verità sulla finzione'. E lì si capisce che i cazzi sono amari: nel senso che tutto quello che riguarda la finzione viene fatta passare giustamente per finzione, ma tutto quello che è stato scritto sulla polizia e sulla Svezia 'politica' è tutto dannatamente vero.
Come a dire: non ci provate a farci passare per scrittori paraculi che sfruttano abilmente una tendenza: la realtà è ancora più triste della fantasia.
Insistete ancora che vi indichi delle tracce per convincervi a comprare il libro? (che però, sant'iddio, per un'edizione del genere, vi costringe a cacciar ben 21 euro! Una follia!).
di Alfredo Ronci
Andiamo per ordine: Massimo Carlotto sulle pagine di Venerdi di Repubblica (spero di non sbagliare testata perché non ho conservato l'articolo) invitava i lettori, affamati di avventure poliziesche e di denuncia, a confrontarsi, senza mezzi termini, col noir più coinvolgente della stagione. Appunto: Tre secondi. Aggiungendo che aveva terminato il 'tomissimo' di quasi settecento pagine in tre giorni, certo che qualcuno lo avrebbe superato in velocità.
Io c'ho messo quattro giorni e devo dire che Carlotto aveva ragione.
Siamo di fronte ad un romanzo per certi versi esplosivo, che fa capire molte più cose sulle democrazie sempre sbandierate di tanti saggi capziosi e noiosi, e che grazie ad una coppia di scrittori inedita, offre una vera e propria lezione di scrittura creativa.
Direi che si può tranquillamente tralasciare la trama perché le citazioni che riporto dal testo sono esaustive sul contenuto. Prendiamo per esempio a pag. 68: Quando aveva iniziato, un poliziotto giovanissimo che credeva di poter fare la differenza, la mafia era qualcosa che esisteva a migliaia di chilometri di distanza, in Italia meridionale o nelle grandi città americane.
Invece? I due precisano la situazione svedese: Ogni anno nuovi attori entravano di prepotenza nella lista nera dei sorveglianti speciali della polizia di Stoccolma: solo negli ultimi mesi aveva avuto a che fare con la mafia messicana e con quella egiziana.
In pratica un merdaio. Fosse finita: alla mafia 'etnica' si aggiunge la corruzione della polizia: - E' tutto il sistema che fa schifo, Grens. Se i criminali lavorano per la polizia, è naturale che molti indagini finiscano insabbiate. Che certi criminali vengano autorizzati perché altri possano venir perseguiti. Così finisce che i poliziotti mentono e impediscono l'accesso alla verità ad altri poliziotti. E attenzione, Grens, in una società che si definisce democratica (Pag. 592/593).
Qualcuno obietterà: ma James Ellroy scrive queste cose da almeno un decennio! Certo, ma Ellroy fa parte del primo 'assunto' riportato, dove la delinquenza mafiosa e la sue propaggini riguarda(va)no appunto l'Italia meridionale e le grandi città americane.
Qui si parla di Svezia. E punto.
E non insistete perché io vi riveli parte della trama: scorre in mezzo alle due citazioni, con in più, come si diceva prima, una tecnica narrativa prodigiosa. Il momento in cui il protagonista del noir viene preso di mira dal cecchino incaricato di ucciderlo è pura cinematografia hithcockiana (do you remember L'uomo che sapeva troppo?).
Si aggiunga a tutto ciò un finale (non narrativo) ancor più straordinario, dove in una nota a fondo libro i due autori si divertono a spiazzare con una contrapposizione arguta tra la 'verità sulla polizia' e la 'verità sulla finzione'. E lì si capisce che i cazzi sono amari: nel senso che tutto quello che riguarda la finzione viene fatta passare giustamente per finzione, ma tutto quello che è stato scritto sulla polizia e sulla Svezia 'politica' è tutto dannatamente vero.
Come a dire: non ci provate a farci passare per scrittori paraculi che sfruttano abilmente una tendenza: la realtà è ancora più triste della fantasia.
Insistete ancora che vi indichi delle tracce per convincervi a comprare il libro? (che però, sant'iddio, per un'edizione del genere, vi costringe a cacciar ben 21 euro! Una follia!).
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