CLASSICI
Alfredo Ronci
Tutto si può… o nulla si vuole. “Rattle” di Giovanni Ragagnin.
Riflettendo sulla storia ‘recente’ bisogna dire che il nostro romanzo, nonostante una certa coerenza di fondo, ha sempre subito scossoni di un certo rilievo: tanto per capirci… il futurismo dei primi del novecento o addirittura Bontempelli. Negli anni cinquanta arrivò Pizzuto a destrutturare la letteratura e poi ancora il Gruppo 63.
Questo è solo un assaggio, ma ci consente anche di delineare un certo movimento, o meglio ancora, a determinare con esattezza alcune dinamiche: il linguaggio usato era all’altezza dei propositi o invece i propositi che si venivano attuando non erano conformi alle regole (semmai fossero accettate) del mercato? O ancora più specificatamente e brutalmente: cosa mai è rimasto di simile letteratura e cosa eventualmente si può salvare?
L’avanguardia letteraria spesso e volentieri si faceva gioco della trama e della stessa forma del romanzo e dietro di sé si portava pure dietro un fottio di padri putativi. Non solo, alcuni critici si facevano forza di concetti e lasciti per teorizzare un movimento letterario. A proposito mi viene da pensare al concetto della ‘scuola dello sguardo’ che per un certo periodo si fece strada in alcuni scrittori (concetto però partorito da un famoso critico), tra i quali, per citarne uno Gaetano Lombardi.
E nell’avanguardia la non trama, meglio ancora il superamento ininterrotto di ogni ordine del sensi (Carmelo Bene) fa coppia col non-sense. Tanti sono i romanzi che possono collocarsi perfettamente in questo filone impegnativo: mi vien da pensare appunto a Carmelo Bene e alla sua Nostra signora dei turchi, allo Sproloquio di Giancarlo Marmori, a Barcelona di Gaetano Lombardi, a Partita (come diceva qualcuno, cos’è… un participio che determina un allontanamento da una condizione sociale ben definita, oppure semplicemente… gara, competizione, incontro?) di Antonio Porta. E per il momento mi fermo qui. Ma la domanda resta: quanti di questi, proprio sulla base di criteri ben definiti, può reggere tranquillamente il tempo?
Rattle di Giovanni Ragagnin aderisce del tutto, anche se temporalmente siano un tantino distaccati, il libro è del 1975, all’elenco fatto innanzi. Perché vi aderisce?
Lo facciamo dire al prefatore del romanzo, Luigi Malerba: Conviene subito rifiutare la tentazione di avvicinarsi a queste pagine come a un oggetto misterioso nato dal disordine e dalla improvvisazione. Per quanto aspra e impervia possa apparire le lettura, per quanto oscuro il titolo (grido di battaglia, di grafia inglese, ma qui siamo sul Carso), questo libro ha la struttura-diagramma di un balzo temporale e di un confronto sociale: dalla primavera di guerra del ’44 sulle montagne (il mirino del fucile puntato dentro la cornice illuminata di una casa ricca), a trent’anni dopo, con i protagonisti inseriti nel riquadro della stessa cornice e forse al centro del bersaglio sul quale si sta aggiustando il mirino di un altro fucile.
Da queste prime parole è evidente che Malerba sa quale problema gli sia capitato, e cerca nel migliore dei modi di far apparire il romanzo di Ragagnin come opera complessa seppur aspra e impervia possa apparire la lettura.
E anche su questo Malerba pone le basi per un trasporto effettivo di Rattle. Dice ancora… Le certezze in letteratura gratificano solo gli accademici, traducono le convenzioni in istituti linguistici pietrificati. La tensione dei gesti e delle parole ha qui il suo riscontro in un dialogare stratto e spezzato, insolito nella nostra lingua così “seduta” quanto più urge l’azione e la scrittraviene chiamata a doppiarla in velocità e violenza.
In fin dei conti Malerba parla del linguaggio che in questo caso sembra non effettivo, spezzato, a volte inconcludente, ma nella prassi del romanzo, essenziale. Un esempio.
… e siamo di maggio. Peggio: tra i filari si accapigliano insetti come in settembre quando il sole ha scaldato. Calma. Non bisogna far caso: chi ha paura è del gatto – alzare le spalle, fregarsene, anche se dentro i budelli poi slampa – ma, sst, Igriza guarda: “sei vergine?”
Dico di sì, poi no. Sbadiglio, ecco: “un paio di volte in casino”. Sbadiglio di nuovo ed è questo che conta: adeguarsi al cielo
Nel concludere la sua introduzione e per rendere più attendibile il romanzo, Malerba fa addirittura confronti con Slataper (chi??). E se aggiungiamo che nel finale dice… Si può facilmente prevedere che a questo primo libro altri ne seguiranno, perché una spinta così provocatoria è evidentemente chiamata a colmare una insufficienza… beh diciamo che solo in parte le sue previsioni si sono verificate.
Rimane ancora la domanda: a che pro?
L’edizione da noi considerata è:
Giovanni Ragagnin
Rattle
Cooperativa scrittori
Questo è solo un assaggio, ma ci consente anche di delineare un certo movimento, o meglio ancora, a determinare con esattezza alcune dinamiche: il linguaggio usato era all’altezza dei propositi o invece i propositi che si venivano attuando non erano conformi alle regole (semmai fossero accettate) del mercato? O ancora più specificatamente e brutalmente: cosa mai è rimasto di simile letteratura e cosa eventualmente si può salvare?
L’avanguardia letteraria spesso e volentieri si faceva gioco della trama e della stessa forma del romanzo e dietro di sé si portava pure dietro un fottio di padri putativi. Non solo, alcuni critici si facevano forza di concetti e lasciti per teorizzare un movimento letterario. A proposito mi viene da pensare al concetto della ‘scuola dello sguardo’ che per un certo periodo si fece strada in alcuni scrittori (concetto però partorito da un famoso critico), tra i quali, per citarne uno Gaetano Lombardi.
E nell’avanguardia la non trama, meglio ancora il superamento ininterrotto di ogni ordine del sensi (Carmelo Bene) fa coppia col non-sense. Tanti sono i romanzi che possono collocarsi perfettamente in questo filone impegnativo: mi vien da pensare appunto a Carmelo Bene e alla sua Nostra signora dei turchi, allo Sproloquio di Giancarlo Marmori, a Barcelona di Gaetano Lombardi, a Partita (come diceva qualcuno, cos’è… un participio che determina un allontanamento da una condizione sociale ben definita, oppure semplicemente… gara, competizione, incontro?) di Antonio Porta. E per il momento mi fermo qui. Ma la domanda resta: quanti di questi, proprio sulla base di criteri ben definiti, può reggere tranquillamente il tempo?
Rattle di Giovanni Ragagnin aderisce del tutto, anche se temporalmente siano un tantino distaccati, il libro è del 1975, all’elenco fatto innanzi. Perché vi aderisce?
Lo facciamo dire al prefatore del romanzo, Luigi Malerba: Conviene subito rifiutare la tentazione di avvicinarsi a queste pagine come a un oggetto misterioso nato dal disordine e dalla improvvisazione. Per quanto aspra e impervia possa apparire le lettura, per quanto oscuro il titolo (grido di battaglia, di grafia inglese, ma qui siamo sul Carso), questo libro ha la struttura-diagramma di un balzo temporale e di un confronto sociale: dalla primavera di guerra del ’44 sulle montagne (il mirino del fucile puntato dentro la cornice illuminata di una casa ricca), a trent’anni dopo, con i protagonisti inseriti nel riquadro della stessa cornice e forse al centro del bersaglio sul quale si sta aggiustando il mirino di un altro fucile.
Da queste prime parole è evidente che Malerba sa quale problema gli sia capitato, e cerca nel migliore dei modi di far apparire il romanzo di Ragagnin come opera complessa seppur aspra e impervia possa apparire la lettura.
E anche su questo Malerba pone le basi per un trasporto effettivo di Rattle. Dice ancora… Le certezze in letteratura gratificano solo gli accademici, traducono le convenzioni in istituti linguistici pietrificati. La tensione dei gesti e delle parole ha qui il suo riscontro in un dialogare stratto e spezzato, insolito nella nostra lingua così “seduta” quanto più urge l’azione e la scrittraviene chiamata a doppiarla in velocità e violenza.
In fin dei conti Malerba parla del linguaggio che in questo caso sembra non effettivo, spezzato, a volte inconcludente, ma nella prassi del romanzo, essenziale. Un esempio.
… e siamo di maggio. Peggio: tra i filari si accapigliano insetti come in settembre quando il sole ha scaldato. Calma. Non bisogna far caso: chi ha paura è del gatto – alzare le spalle, fregarsene, anche se dentro i budelli poi slampa – ma, sst, Igriza guarda: “sei vergine?”
Dico di sì, poi no. Sbadiglio, ecco: “un paio di volte in casino”. Sbadiglio di nuovo ed è questo che conta: adeguarsi al cielo
Nel concludere la sua introduzione e per rendere più attendibile il romanzo, Malerba fa addirittura confronti con Slataper (chi??). E se aggiungiamo che nel finale dice… Si può facilmente prevedere che a questo primo libro altri ne seguiranno, perché una spinta così provocatoria è evidentemente chiamata a colmare una insufficienza… beh diciamo che solo in parte le sue previsioni si sono verificate.
Rimane ancora la domanda: a che pro?
L’edizione da noi considerata è:
Giovanni Ragagnin
Rattle
Cooperativa scrittori
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