RECENSIONI
Elena Di Fazio
Ucronia
Delos Digital, Pag. 268 Euro 15,80
Forse dovrei essere più distaccata, far finta di niente, esibire neutralità o almeno compostezza. Invece non riesco a nascondere l’entusiasmo vedendo il panorama della fantascienza italiana fiorire di tante valide presenze femminili.
È la volta di Elena Di Fazio, vincitrice con Ucronia del Premio Odissea 2017. La prima cosa che salta agli occhi è l’audacia, oserei dire la genialità, con cui viene trattano il tema delle distorsioni temporali. Di solito questo argomento è maneggiato con una certa cautela, non fosse altro che per il tabù dei paradossi temporali, che poi ognuno affronta a modo suo ma non certo a cuor leggero. Gli sconfinamenti temporali sono abitualmente ammantati di mistero e segretezza, e soltanto una ristretta cerchia di personaggi ne è al corrente. Ed ecco invece qui l’idea insolita. La Convergenza, distorsione temporale che mette in comunicazione il 1969 con il 2051, è un fenomeno di pubblico dominio che viene condiviso, affrontato, e perfino sfruttato turisticamente dall’intera umanità. Il fatto è che le due epoche sono distribuite sulla Terra a macchia di leopardo, così che spostandosi nello spazio ci si sposta anche nel tempo. La gente si appropria di oggetti del futuro per curiosità o di oggetti del passato per gusto di collezionismo. C’è chi se ne va nel passato per trovare locali in cui non sia vietato fumare, e chi visita il futuro per utilizzare strumenti più progrediti. E i giovani contestatori pretendono di unirsi in un sodalizio trasversale. Si creano nuove frontiere spazio-temporali, che oltretutto sono variabili perché il fenomeno presenta una certa instabilità, e le autorità promulgano apposite direttive per stabilire regole ai cittadini dell’una e dell’altra epoca. In più la vicinanza fra i due momenti storici espone i personaggi al rischio di fare incontri davvero paradossali. Insomma, in questa cristalleria del tempo in cui tutti entrano in punta di piedi, Elena Di Fazio si tuffa senza esitazione e si diverte un mondo.
#sellfiefromVietnam, l’hashtag che ha spopolato in Rete nell’ultimo anno. I giovani soldati impegnati nel Sud-Est Asiatico si sono scattati foto con tablet e smartphone e le hanno pubblicate in Rete: visi sporchi di fango, fasce scure tra i capelli, guance dipinte con vernice mimetica, elicotteri e palme sullo sfondo.
Già la materia basterebbe per dare corpo all’intero romanzo, ma ecco che altri due robusti fili entrano a sostenere l’intreccio. C’è una spy story con scene d’azione che scandiscono un ritmo serrato. E c’è un contatto alieno che non solo serve a dare un senso all’avvenuta distorsione temporale, ma si prende la sua bella fetta di racconto. A dirla così fa pensare che l’Autrice abbia messo troppa carne al fuoco. Forse è anche vero, e al lettore tocca talvolta stressarsi in acrobazie per seguire il suo funambolismo. Ma c’è anche da dire che lei non perde mai il filo, e quando ti sembra di aver smarrito la strada arriva puntualmente a farti luce.
Non mancano creature improbabili come il dodo (uccello ormai estinto che però risulta essere l’animale totemico dell’Autrice!) la nepenthes martis (pianta marziana parlante) e il nanuq, altra creatura marziana le cui lacrime hanno una potente azione psicoattiva. A prima vista sembrano ingenuità uscite da libri per fanciulli, ma l’apparenza inganna e alla fine anche queste tessere del puzzle trovano un’adeguata collocazione.
La storia si articola in scene rapide, giustapponendo diverse azioni che si svolgono in parallelo, e sviluppando una complessità rischiosa che la tiene in bilico sul filo della tracimazione. Miracolosamente regge la sfida fino in fondo. Una cosa è sicura: non c’è pericolo di annoiarsi.
di Giovanna Repetto
È la volta di Elena Di Fazio, vincitrice con Ucronia del Premio Odissea 2017. La prima cosa che salta agli occhi è l’audacia, oserei dire la genialità, con cui viene trattano il tema delle distorsioni temporali. Di solito questo argomento è maneggiato con una certa cautela, non fosse altro che per il tabù dei paradossi temporali, che poi ognuno affronta a modo suo ma non certo a cuor leggero. Gli sconfinamenti temporali sono abitualmente ammantati di mistero e segretezza, e soltanto una ristretta cerchia di personaggi ne è al corrente. Ed ecco invece qui l’idea insolita. La Convergenza, distorsione temporale che mette in comunicazione il 1969 con il 2051, è un fenomeno di pubblico dominio che viene condiviso, affrontato, e perfino sfruttato turisticamente dall’intera umanità. Il fatto è che le due epoche sono distribuite sulla Terra a macchia di leopardo, così che spostandosi nello spazio ci si sposta anche nel tempo. La gente si appropria di oggetti del futuro per curiosità o di oggetti del passato per gusto di collezionismo. C’è chi se ne va nel passato per trovare locali in cui non sia vietato fumare, e chi visita il futuro per utilizzare strumenti più progrediti. E i giovani contestatori pretendono di unirsi in un sodalizio trasversale. Si creano nuove frontiere spazio-temporali, che oltretutto sono variabili perché il fenomeno presenta una certa instabilità, e le autorità promulgano apposite direttive per stabilire regole ai cittadini dell’una e dell’altra epoca. In più la vicinanza fra i due momenti storici espone i personaggi al rischio di fare incontri davvero paradossali. Insomma, in questa cristalleria del tempo in cui tutti entrano in punta di piedi, Elena Di Fazio si tuffa senza esitazione e si diverte un mondo.
#sellfiefromVietnam, l’hashtag che ha spopolato in Rete nell’ultimo anno. I giovani soldati impegnati nel Sud-Est Asiatico si sono scattati foto con tablet e smartphone e le hanno pubblicate in Rete: visi sporchi di fango, fasce scure tra i capelli, guance dipinte con vernice mimetica, elicotteri e palme sullo sfondo.
Già la materia basterebbe per dare corpo all’intero romanzo, ma ecco che altri due robusti fili entrano a sostenere l’intreccio. C’è una spy story con scene d’azione che scandiscono un ritmo serrato. E c’è un contatto alieno che non solo serve a dare un senso all’avvenuta distorsione temporale, ma si prende la sua bella fetta di racconto. A dirla così fa pensare che l’Autrice abbia messo troppa carne al fuoco. Forse è anche vero, e al lettore tocca talvolta stressarsi in acrobazie per seguire il suo funambolismo. Ma c’è anche da dire che lei non perde mai il filo, e quando ti sembra di aver smarrito la strada arriva puntualmente a farti luce.
Non mancano creature improbabili come il dodo (uccello ormai estinto che però risulta essere l’animale totemico dell’Autrice!) la nepenthes martis (pianta marziana parlante) e il nanuq, altra creatura marziana le cui lacrime hanno una potente azione psicoattiva. A prima vista sembrano ingenuità uscite da libri per fanciulli, ma l’apparenza inganna e alla fine anche queste tessere del puzzle trovano un’adeguata collocazione.
La storia si articola in scene rapide, giustapponendo diverse azioni che si svolgono in parallelo, e sviluppando una complessità rischiosa che la tiene in bilico sul filo della tracimazione. Miracolosamente regge la sfida fino in fondo. Una cosa è sicura: non c’è pericolo di annoiarsi.
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