RECENSIONI
Mariano José de Larra
Un condannato a morte. I taglieggiatori.
Colonnese Editore, Pag.70 Euro 9,50
Dice un condannato:
Fino a che punto la società ha dei diritti su di me? Non so se la vita è mia; uomini dotti hanno detto che la vita non è mia, e che secondo la religione non ne posso disporre; ma se non è nemmeno mia, come può essere tua?
Basta questa frase per cogliere la chiave dei due brevi scritti (a metà fra il saggio e il racconto), e la modernità del dibattito che appassionava José de Larra intorno al 1830, e che non cessa di essere attuale.
Come dice il curatore Augusto Guarino, Larra reca in sé tutte le contraddizioni dei suoi tempi/em>. Nato a Madrid nel 1809 e morto suicida nel 1837, da un lato è figlio del "secolo dei Lumi", e nello stesso tempo em>un romantico nella concezione dei rapporti tra gli individui (...) e tra i singoli e il potere. E però è anche un demistificatore dei cliché del Romanticismo quando diventano moda, e portatore di uno sguardo ancora più visionario, al tempo stesso erede di certe visioni deformate di Goya e anticipatore di quell'atteggiamento espressionista che in Spagna caratterizzò lo snodo del secolo successivo...
Nel primo saggio Larra descrive l'esecuzione di un condannato a morte, in una narrazione asciutta e però partecipe, drammatica ma non priva di ironia, didascalica ma traboccante di passione umana e civile.
Letta e notificata al reo la sentenza, e l'ultima vendetta che su di lui esercita la società intera, in una lotta tra l'altro diseguale, il disgraziato viene condotto nella cappella, dove la religione si impossessa di lui come una preda ormai certa (...) Questa società tirannica esige qualcosa dall'uomo anche quando gli si nega completamente. Per quanto sia un'incomprensibile ingiustizia, riderà della debolezza della vittima.
Più avanti Larra denuncia la spettacolarizzazione della morte.
- Cosa aspetta quella folla? - direbbe uno straniero che ignorasse i costumi. - Sta per passare un re, quell'essere coronato che è un tale spettacolo per il popolo? E' un giorno solenne? E' una festività pubblica? Che fanno in ozio questi artigiani? Di cosa è curiosa questa nazione?
Niente di tutto ciò. Questo popolo di uomini sta per vedere morire un uomo.
Altrettanto efficace, nel secondo scritto, la descrizione della vita carceraria, là dove la società punisce ma non protegge.
Il giorno sta per spirare, e i detenuti sono appena entrati nel cortile, dove ogni giorno intonano un Salve alla Madre del Redentore, un Salve sublime visto dall'esterno, impudente e burlesco sulle labbra di colui che lo intona e lo parodia. Al suono del cantico religioso i due uomini difendono i propri diritti e in una lotta leale si assaltano e si avvinghiano. Uno dei due non avrebbe sentito la fine del Salve...
Come dice Guarino,
Giornalista, scrittore e critico letterario, denunciò gli abusi del potere e le ingiustizie sociali, auspicando una presa di coscienza da parte del popolo, e però mantenne una visione pessimistica riguardo alla capacità del popolo di assumere un ruolo attivo nella società.
Nella sua tragica fine pretese almeno quel diritto che aveva appassionatamente difeso: il diritto di disporre della propria vita.
di Giovanna Repetto
Fino a che punto la società ha dei diritti su di me? Non so se la vita è mia; uomini dotti hanno detto che la vita non è mia, e che secondo la religione non ne posso disporre; ma se non è nemmeno mia, come può essere tua?
Basta questa frase per cogliere la chiave dei due brevi scritti (a metà fra il saggio e il racconto), e la modernità del dibattito che appassionava José de Larra intorno al 1830, e che non cessa di essere attuale.
Come dice il curatore Augusto Guarino, Larra reca in sé tutte le contraddizioni dei suoi tempi/em>. Nato a Madrid nel 1809 e morto suicida nel 1837, da un lato è figlio del "secolo dei Lumi", e nello stesso tempo em>un romantico nella concezione dei rapporti tra gli individui (...) e tra i singoli e il potere. E però è anche un demistificatore dei cliché del Romanticismo quando diventano moda, e portatore di uno sguardo ancora più visionario, al tempo stesso erede di certe visioni deformate di Goya e anticipatore di quell'atteggiamento espressionista che in Spagna caratterizzò lo snodo del secolo successivo...
Nel primo saggio Larra descrive l'esecuzione di un condannato a morte, in una narrazione asciutta e però partecipe, drammatica ma non priva di ironia, didascalica ma traboccante di passione umana e civile.
Letta e notificata al reo la sentenza, e l'ultima vendetta che su di lui esercita la società intera, in una lotta tra l'altro diseguale, il disgraziato viene condotto nella cappella, dove la religione si impossessa di lui come una preda ormai certa (...) Questa società tirannica esige qualcosa dall'uomo anche quando gli si nega completamente. Per quanto sia un'incomprensibile ingiustizia, riderà della debolezza della vittima.
Più avanti Larra denuncia la spettacolarizzazione della morte.
- Cosa aspetta quella folla? - direbbe uno straniero che ignorasse i costumi. - Sta per passare un re, quell'essere coronato che è un tale spettacolo per il popolo? E' un giorno solenne? E' una festività pubblica? Che fanno in ozio questi artigiani? Di cosa è curiosa questa nazione?
Niente di tutto ciò. Questo popolo di uomini sta per vedere morire un uomo.
Altrettanto efficace, nel secondo scritto, la descrizione della vita carceraria, là dove la società punisce ma non protegge.
Il giorno sta per spirare, e i detenuti sono appena entrati nel cortile, dove ogni giorno intonano un Salve alla Madre del Redentore, un Salve sublime visto dall'esterno, impudente e burlesco sulle labbra di colui che lo intona e lo parodia. Al suono del cantico religioso i due uomini difendono i propri diritti e in una lotta leale si assaltano e si avvinghiano. Uno dei due non avrebbe sentito la fine del Salve...
Come dice Guarino,
Giornalista, scrittore e critico letterario, denunciò gli abusi del potere e le ingiustizie sociali, auspicando una presa di coscienza da parte del popolo, e però mantenne una visione pessimistica riguardo alla capacità del popolo di assumere un ruolo attivo nella società.
Nella sua tragica fine pretese almeno quel diritto che aveva appassionatamente difeso: il diritto di disporre della propria vita.
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