CLASSICI
Alfredo Ronci
Un libro ahimé trascurato: “Era l’anno del sole quieto” di Carlo Bernari.
In uno dei suoi innumerevoli scritti dedicati alla letteratura italiana, Walter Pedullà commette un errore (lo so, è difficile ammetterlo, ma è così, per quanto non si abbia una conoscenza totale delle sue opere): dice che il miglior libro di Bernari non è, come si vorrebbe far credere Tre operai (che noi stessi abbiamo trattato su questa rubrica poco tempo fa) ma Amore amaro. Perché, dice, è… un romanzo breve o racconto lungo nel quale arrivano ad ammirevole combustione le doti naturali e culturali di Bernari.
E poi, insiste, vi rientra lo storicismo, l’amore… ogni oggetto d’amore, tutti i modi d’amare: la donna. Napoli, il Sud, gli altri. Bene, diciamo noi, ma se appena si volge l’angolo c’è un romanzo, che lo stesso Pedullà, nell’elenco delle opere di Bernari che accompagna il pezzo, nemmeno menziona, e cioè Era l’anno del sole quieto, che potrebbe farci pensare ad uno scrittore sì coinvolto negli argomenti del periodo (ovviamente il suo) ma che non può limitarsi ad una visione neorelista, e nemmeno tanto femminista, di Bernari.
Nel 1959 esce un romanzo, precisamente Donnarumma all’assalto di Ottieri, dove si parla della storia di un impiegato-psicologo al servizio dell’azienda e il cui compito consiste nel selezionare il personale adatto all’assunzione.
Nel 1962 appare Memoriale, romanzo capolavoro di Volponi, in cui compare un giovane che comincia a lavorare in una fabbrica con la speranza di una vita nuova, libera dai mali che lo hanno perseguitato fin dall’adolescenza anche perché oppresso durante il servizio militare in guerra.
Ora mi chiedo: perché ho citato queste due opere per parlare di Era l’anno del sole quieto? Perché, nonostante gli anni della sua uscita non siano quelli né di Ottieri né di Volpini (esce solo nel 1964), mi pare evidente che ci sia una sorta di legame sociale e sociologico che sembra essere scappato a Pedullà.
C’è una città del sud (questo sì), non individuata topograficamente, ma uguale per tanti versi a qualsiasi altra città del sud e c’è un periodo, quello appunto dei primi anni sessanta, vissuto dal narratore e messo sotto il segno del “sole quieto” che l’astronomia fa coincidere con gli inizi del ’64. Ma c’è soprattutto Orlando Rughi, che crede di poter costruire un mondo con un altro cielo e con un’altra fede. Cioè un impresario che tenta la sua personale teologia non sapendo dove potrebbero portare i suoi tentativi.
Che si scontrano con altri personaggi, per lo più direttori di banche, che affermano… Egli sosteneva che il mondo non si divide in classi sociali, ma in categorie platoniche, la prima rappresentata dai potenti, la seconda dai semipotenti, la terza dagli impotenti.
Non essendo lui né un potente, tanto meno un impotente, per avere il denaro per costruire le sue Distillerie Molecolari Associate, cerca di rivolgersi a chiunque possa offrirgli una sistemazione, meglio, una raccomandazione.
Tra questi una donna, chiamata dal protagonista l’Angelo Nero, con cui avrà anche un rapporto sessuale ma che poi tenterà il suicidio alla fine, e in seguito un prete, assolutamente potente, riverito e tenuto in considerazione dai vari potenti, che sarà poi arrestato per altri intrighi di palazzo.
Non soddisfatto di ciò si lascerà influenzare da una specie di ragioniere dei poveri che però non riuscirà a soddisfarlo nelle sue richieste.
Il protagonista, ormai del tutto sfiduciato, rinuncerà alle sue pretese e per non lasciarsi sommerge dai debiti e dalle perfide conoscenze, si rifugerà in una piccola città di provincia (anche questa topograficamente sconosciuta) dove insegnerà Ecologia (sic!) a giovani, e ricchi, studenti universitari.
Ora capite perché c’è un profondo legame sociale e sociologico con l’impiegato-psicologo di Donnarumma all’assalto e con il ragazzo di Memoriale? Perché al di là degli aspetti e dei singoli avvenimenti biografici (il ragazzo quasi impazzirà di fronte alla non conoscenza della fabbrica) c’è un legame assoluto che unisce la medietà, la povertà e la possibilità dei singoli individui. In una società non più neorealista.
Ea l’anno del sole quieto è un ottimo romanzo.
Carlo Bernari
L’anno del sole quieto
Mondadori
E poi, insiste, vi rientra lo storicismo, l’amore… ogni oggetto d’amore, tutti i modi d’amare: la donna. Napoli, il Sud, gli altri. Bene, diciamo noi, ma se appena si volge l’angolo c’è un romanzo, che lo stesso Pedullà, nell’elenco delle opere di Bernari che accompagna il pezzo, nemmeno menziona, e cioè Era l’anno del sole quieto, che potrebbe farci pensare ad uno scrittore sì coinvolto negli argomenti del periodo (ovviamente il suo) ma che non può limitarsi ad una visione neorelista, e nemmeno tanto femminista, di Bernari.
Nel 1959 esce un romanzo, precisamente Donnarumma all’assalto di Ottieri, dove si parla della storia di un impiegato-psicologo al servizio dell’azienda e il cui compito consiste nel selezionare il personale adatto all’assunzione.
Nel 1962 appare Memoriale, romanzo capolavoro di Volponi, in cui compare un giovane che comincia a lavorare in una fabbrica con la speranza di una vita nuova, libera dai mali che lo hanno perseguitato fin dall’adolescenza anche perché oppresso durante il servizio militare in guerra.
Ora mi chiedo: perché ho citato queste due opere per parlare di Era l’anno del sole quieto? Perché, nonostante gli anni della sua uscita non siano quelli né di Ottieri né di Volpini (esce solo nel 1964), mi pare evidente che ci sia una sorta di legame sociale e sociologico che sembra essere scappato a Pedullà.
C’è una città del sud (questo sì), non individuata topograficamente, ma uguale per tanti versi a qualsiasi altra città del sud e c’è un periodo, quello appunto dei primi anni sessanta, vissuto dal narratore e messo sotto il segno del “sole quieto” che l’astronomia fa coincidere con gli inizi del ’64. Ma c’è soprattutto Orlando Rughi, che crede di poter costruire un mondo con un altro cielo e con un’altra fede. Cioè un impresario che tenta la sua personale teologia non sapendo dove potrebbero portare i suoi tentativi.
Che si scontrano con altri personaggi, per lo più direttori di banche, che affermano… Egli sosteneva che il mondo non si divide in classi sociali, ma in categorie platoniche, la prima rappresentata dai potenti, la seconda dai semipotenti, la terza dagli impotenti.
Non essendo lui né un potente, tanto meno un impotente, per avere il denaro per costruire le sue Distillerie Molecolari Associate, cerca di rivolgersi a chiunque possa offrirgli una sistemazione, meglio, una raccomandazione.
Tra questi una donna, chiamata dal protagonista l’Angelo Nero, con cui avrà anche un rapporto sessuale ma che poi tenterà il suicidio alla fine, e in seguito un prete, assolutamente potente, riverito e tenuto in considerazione dai vari potenti, che sarà poi arrestato per altri intrighi di palazzo.
Non soddisfatto di ciò si lascerà influenzare da una specie di ragioniere dei poveri che però non riuscirà a soddisfarlo nelle sue richieste.
Il protagonista, ormai del tutto sfiduciato, rinuncerà alle sue pretese e per non lasciarsi sommerge dai debiti e dalle perfide conoscenze, si rifugerà in una piccola città di provincia (anche questa topograficamente sconosciuta) dove insegnerà Ecologia (sic!) a giovani, e ricchi, studenti universitari.
Ora capite perché c’è un profondo legame sociale e sociologico con l’impiegato-psicologo di Donnarumma all’assalto e con il ragazzo di Memoriale? Perché al di là degli aspetti e dei singoli avvenimenti biografici (il ragazzo quasi impazzirà di fronte alla non conoscenza della fabbrica) c’è un legame assoluto che unisce la medietà, la povertà e la possibilità dei singoli individui. In una società non più neorealista.
Ea l’anno del sole quieto è un ottimo romanzo.
Carlo Bernari
L’anno del sole quieto
Mondadori
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