RECENSIONI
Franzinelli/Graziano
Un'odissea partigiana.
Feltrinelli, Pag. 220 Euro 18,00
Prima di procedere all’esame di questo libro interessante e poco equivoco vorrei farmi (farvi) una domanda: ma quanto scrive Mimmo Franzinelli?
Tra il 2014 e il 2015 sono usciti non so quanti libri dello studioso, che se uno fosse davvero interessato alla storia del fascismo ne rimetterebbe di fondi personali e di pazienza.
Scherzo.
Ma la domanda rimane. E c’è pure una logica risposta: il Franzinelli fa da accompagnatore ai vari studi e studiosi. Lui, come si potrebbe dire, mette una specie di firma all’opera, opera che, se si eccettua qualche sbandamento e qualche accelerazione di troppo, mantiene però una dignità ed un’importanza pubblica.
Questa Odissea partigiana mantiene vivo l’interesse e conferma anche una poco lucida teoria: che non è possibile fare tabula rasa di un sistema senza mantenere una sorta di vincolo professionale col precedente regime.
Ancora oggi si celebra la Liberazione dal fascismo, ma nulla ci vieta di andare a riconsiderare gli atti e i provvedimenti che furono presi subito dopo l’evento che, in questo specifico caso, furono atti poco dignitosi della nuova struttura governativa.
Ancora più precisamente: a parte il governo, le nuove strutture di controllo italiane, tranne rarissime eccezioni, era in mano a vecchi esecutori di regime. Pensiamo a Vincenzo Aula, che fece condannare Pertini e Parri durante il fascismo, che divenne, nel nuovo sistema, procuratore generale della Cassazione. A Luigi Oggioni, che stava nella Repubblica di Salò, che divenne giudice della Corte Costituzionale. O al razzista Carlo Alliney, che divenne giudice di Cassazione.
La lista non finisce qui ma, per questioni di spazio, lasciamo la lista completa ai più curiosi e agguerriti (sempre che ve ne siano).
La nuova giustizia così formata agì di conseguenza: a parte l’amnistia del ’46 che portò fuori 7106 fascisti e 153 partigiani (!), ma che escludeva la detenzione manicomiale, l’intera macchina giurisdizionale giudicò con estrema severità e coperta dal velo dell’oblio, atti che sarebbero stai giudicati in tutt’altra maniera.
Centinaia e centinaia di ex partigiani, perfettamente sani di mente, dovevano adattarsi alla detenzione in strutture dove gli internati non avevano diritti e sottoposti a quotidiane vessazioni.
Ci furono numerose proteste: il giurista Piero Calamandrei, per esempio, fa notare la che Cassazione aveva sistematicamente annullato il 90% e più delle decisioni contro fascisti e collaborazionisti.
Il libro in questione raccoglie i casi più eclatanti ed abnormi di questa nuova giustizia e ci fa capire come quella dei partigiani in manicomio sia stata una pagina sconosciuta della storia italiana nel secondo dopoguerra.
Mimo Franzinelli docet.
di Alfredo Ronci
Tra il 2014 e il 2015 sono usciti non so quanti libri dello studioso, che se uno fosse davvero interessato alla storia del fascismo ne rimetterebbe di fondi personali e di pazienza.
Scherzo.
Ma la domanda rimane. E c’è pure una logica risposta: il Franzinelli fa da accompagnatore ai vari studi e studiosi. Lui, come si potrebbe dire, mette una specie di firma all’opera, opera che, se si eccettua qualche sbandamento e qualche accelerazione di troppo, mantiene però una dignità ed un’importanza pubblica.
Questa Odissea partigiana mantiene vivo l’interesse e conferma anche una poco lucida teoria: che non è possibile fare tabula rasa di un sistema senza mantenere una sorta di vincolo professionale col precedente regime.
Ancora oggi si celebra la Liberazione dal fascismo, ma nulla ci vieta di andare a riconsiderare gli atti e i provvedimenti che furono presi subito dopo l’evento che, in questo specifico caso, furono atti poco dignitosi della nuova struttura governativa.
Ancora più precisamente: a parte il governo, le nuove strutture di controllo italiane, tranne rarissime eccezioni, era in mano a vecchi esecutori di regime. Pensiamo a Vincenzo Aula, che fece condannare Pertini e Parri durante il fascismo, che divenne, nel nuovo sistema, procuratore generale della Cassazione. A Luigi Oggioni, che stava nella Repubblica di Salò, che divenne giudice della Corte Costituzionale. O al razzista Carlo Alliney, che divenne giudice di Cassazione.
La lista non finisce qui ma, per questioni di spazio, lasciamo la lista completa ai più curiosi e agguerriti (sempre che ve ne siano).
La nuova giustizia così formata agì di conseguenza: a parte l’amnistia del ’46 che portò fuori 7106 fascisti e 153 partigiani (!), ma che escludeva la detenzione manicomiale, l’intera macchina giurisdizionale giudicò con estrema severità e coperta dal velo dell’oblio, atti che sarebbero stai giudicati in tutt’altra maniera.
Centinaia e centinaia di ex partigiani, perfettamente sani di mente, dovevano adattarsi alla detenzione in strutture dove gli internati non avevano diritti e sottoposti a quotidiane vessazioni.
Ci furono numerose proteste: il giurista Piero Calamandrei, per esempio, fa notare la che Cassazione aveva sistematicamente annullato il 90% e più delle decisioni contro fascisti e collaborazionisti.
Il libro in questione raccoglie i casi più eclatanti ed abnormi di questa nuova giustizia e ci fa capire come quella dei partigiani in manicomio sia stata una pagina sconosciuta della storia italiana nel secondo dopoguerra.
Mimo Franzinelli docet.
di Alfredo Ronci
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