RECENSIONI
Anthony Bourdain
Un osso in gola
Marsilio, Pag. 333 Euro 17,00
Si può avere nostalgia di Nero Wolfe (anche di quello televisivo e per la proprietà transitoria di Pupo De Luca, magistrale e aristocratico cuoco di uno degli investigatori più ingombranti della storia letteraria)? Si può avere nostalgia di Pepe Carvalho, sorta di alter ego di Manuel Vazquez Montalban, e della sua mania culinaria?
Se avete risposto "sì" ad ambedue le domande, allora questo romanzo fa per voi. Ma potrebbe essere stuzzicante anche per altri validi motivi. Cerchiamo di elencarli, in un ordine puramente casuale.
Ritmo: lo si legge di un fiato perché i personaggi rimbalzano come fossero su un palcoscenico alla West side story. Immaginate cambi di scena repentini ed incalzanti, senza troppe isterie intendiamoci, senza accumuli fastidiosi di trame e soggetti. Bensì una limpida rappresentazione delinquenziale di delinquenziali intendimenti.
Leggibilità: Bourdain ci sa fare. Conosce le tecniche della sospensione, ma anche dell'affondo. L'episodio del cuoco tossicomane che si rivolge ad un centro per la distribuzione gratuita del metadone è magistrale. Non solo dal punto di vista narrativo, ma anche (sia benedetto) dal punto di vista sociologico.
Ambientazione: siamo in ambito mafioso, siamo dalle parti de Il padrino (manca, vero, l'apparizione leporina di Marlon Brando/Vito Corleone , ma poi il gioco sarebbe anche imbarazzante), ma nulla in Bourdain richiama il ricalco maniacale e scontato del caricaturale-italiota con cadenza sudista e "carro di Tespi" inevitabile. Oddio, la genealogia è quella, tipicamente da terra dei cachi, ma non c'è nulla che possa apparire fuorviante o parodistico.
Appartenenza: pur se imparentato, a tratti, col grandguignol e con certa filmografia border-line (Harry pioggia di sangue) evita l'aurea del maledettismo a tutti i costi. I personaggi, maledetti non sono, e dio solo lo sa se, dopo anni e anni di frequentazione assidua del genere noir, non mi sono ritrovato a tifare per un ragazzetto preso tra le tenaglie della delinquenza, ma tanto tanto "bravo 'uaglione". E' un poliziesco a tutti gli effetti, denso come una spremuta di pomodoro con l'aggiunta di un uovo (pare che agli americani piaccia), carico anche di quella ironia che ha segnato le pagine migliori del Montalban di cui sopra.
Frase migliore: In un ristorante, di fronte ad un piatto prelibato «Wow» disse Al, stupefatto. «Non so se mangiarlo o scoparlo. Mica stavi scherzando, eh su questo posto.» (Pag.252).
Insomma, Bourdain - che fa davvero fa lo chef presso la Brasserie Les Halles di Manhattan e trova il tempo per scrivere noir gustosi e stuzzicanti come cibo, beato lui! – piace e convince. Ed è inevitabile pensarlo chino su una sceneggiatura cinematografica e a gustarsi l'assegnazione dei ruoli per un film. Mi permetto alcuni consigli, tanto per gradire: (De Niro noooo, vi prego!). Harvey, pseudo-propretario del locale: Daniel Day Lewis. Tommy, il ragazzotto buono: Jake Gyllenhaal. Sally, il mafioso cattivo col parrucchino: Joe Pesci con una ventina di chili in più. Al, l'agente dell'FBI che investiga: Andy Garcia. Il Secco, squartatore omicida: Clive Owen.
Ma come dirà qualcuno, Clive Owen squartatore?? Corruptio optimi pessima (Ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo) diceva Gregorio Magno. Sottoscrivo.
di Alfredo Ronci
Se avete risposto "sì" ad ambedue le domande, allora questo romanzo fa per voi. Ma potrebbe essere stuzzicante anche per altri validi motivi. Cerchiamo di elencarli, in un ordine puramente casuale.
Ritmo: lo si legge di un fiato perché i personaggi rimbalzano come fossero su un palcoscenico alla West side story. Immaginate cambi di scena repentini ed incalzanti, senza troppe isterie intendiamoci, senza accumuli fastidiosi di trame e soggetti. Bensì una limpida rappresentazione delinquenziale di delinquenziali intendimenti.
Leggibilità: Bourdain ci sa fare. Conosce le tecniche della sospensione, ma anche dell'affondo. L'episodio del cuoco tossicomane che si rivolge ad un centro per la distribuzione gratuita del metadone è magistrale. Non solo dal punto di vista narrativo, ma anche (sia benedetto) dal punto di vista sociologico.
Ambientazione: siamo in ambito mafioso, siamo dalle parti de Il padrino (manca, vero, l'apparizione leporina di Marlon Brando/Vito Corleone , ma poi il gioco sarebbe anche imbarazzante), ma nulla in Bourdain richiama il ricalco maniacale e scontato del caricaturale-italiota con cadenza sudista e "carro di Tespi" inevitabile. Oddio, la genealogia è quella, tipicamente da terra dei cachi, ma non c'è nulla che possa apparire fuorviante o parodistico.
Appartenenza: pur se imparentato, a tratti, col grandguignol e con certa filmografia border-line (Harry pioggia di sangue) evita l'aurea del maledettismo a tutti i costi. I personaggi, maledetti non sono, e dio solo lo sa se, dopo anni e anni di frequentazione assidua del genere noir, non mi sono ritrovato a tifare per un ragazzetto preso tra le tenaglie della delinquenza, ma tanto tanto "bravo 'uaglione". E' un poliziesco a tutti gli effetti, denso come una spremuta di pomodoro con l'aggiunta di un uovo (pare che agli americani piaccia), carico anche di quella ironia che ha segnato le pagine migliori del Montalban di cui sopra.
Frase migliore: In un ristorante, di fronte ad un piatto prelibato «Wow» disse Al, stupefatto. «Non so se mangiarlo o scoparlo. Mica stavi scherzando, eh su questo posto.» (Pag.252).
Insomma, Bourdain - che fa davvero fa lo chef presso la Brasserie Les Halles di Manhattan e trova il tempo per scrivere noir gustosi e stuzzicanti come cibo, beato lui! – piace e convince. Ed è inevitabile pensarlo chino su una sceneggiatura cinematografica e a gustarsi l'assegnazione dei ruoli per un film. Mi permetto alcuni consigli, tanto per gradire: (De Niro noooo, vi prego!). Harvey, pseudo-propretario del locale: Daniel Day Lewis. Tommy, il ragazzotto buono: Jake Gyllenhaal. Sally, il mafioso cattivo col parrucchino: Joe Pesci con una ventina di chili in più. Al, l'agente dell'FBI che investiga: Andy Garcia. Il Secco, squartatore omicida: Clive Owen.
Ma come dirà qualcuno, Clive Owen squartatore?? Corruptio optimi pessima (Ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo) diceva Gregorio Magno. Sottoscrivo.
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