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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un sottoproletariato ancora intatto: “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini.

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… e quasi quasi avrebbe potuto comportarsi pure lui come quel tipo che abitava vicino alla Rotonda che un giorno, con un amico suo, aveva pestato un froscio, per rubargli un par di mille lire, e quando il compagno suo gli disse: “Aoh, l’avemo ammazzato,” senza manco guardarlo, quello rispose: “E che me frega.”
E questo è un passo del romanzo dove se ne delinea la novità strutturale e nello stesso tempo dà l’idea precisa di ciò che s’incontra. In verità il passaggio è stato scelto per ciò che poi la storia avrebbe raccontato. E non credo che Pasolini, pur avendo una vita al limite dell’impudenza, avrebbe mai pensato che una cosa del genere sarebbe capitata a lui (mi ricordo, per esempio, le parole che Moravia scrisse a proposito di un viaggio fatto con Pasolini in India. Arrivati di sera lui andò a riposarsi in albergo, ma Pier Paolo approfittò della notte per cercare altre soluzioni).
Ragazzi di vita è del 1955, quando Pasolini, dopo varie esperienze come professore, arrivò a Roma per sperimentare nuove problematiche artistiche. Sempre Moravia disse che il primo periodo romano portò Pasolini, dopo la scoperta sociologica ed erotica delle borgate, a passare dalla poesia “privata” e dei versi in friulano alla poesia civile delle Ceneri di Gramsci.
Quindi un ribaltamento che lo scrittore-poeta avrebbe mantenuto fino alla fine dei suoi giorni. E Ragazzi di vita avrebbe offerto ai lettori anche una prospettiva assolutamente diversa. Quella di presentare una categoria di persone che mai, fino a quel momento, s’era affacciata alla ribalta. Una categoria di persone che nella vita, vita del tutto dimessa e povera, non trova altra ragione che quella di sopravvivere e soprattutto sopravvivere rubando con piccolissimi mezzi.
Un libro fatto di pietà e arte (ricordiamo però che più che con Ragazzi di vita, Pasolini ottenne un grosso successo internazionale, cioè uno dei pochissimi scrittori italiani la cui fama superò i patrii confini, con l’altro romanzo del sottoproletariato romano, Una vita violenta) tanto da attirare l’attenzione sia della critica più paludata che del lettore, chiamiamolo così, medio.
Scrisse a quel tempo un autore conclamato, Gianfranco Contini: … singolare che per esso, narici ordinariamente indulgenti si siano credute in dovere di farsi tanto emunte, Non è un romanzo? Difatti è un’imperterrita dichiarazione d’amore, procedente per “frammenti narrativi”, all’interno dei quali, peraltro, sono sequenze intonatissime alla più autorevole tradizione narrativa, quanto dire ottocentesca.
E’ assolutamente vero, il libro è un’imperterrita dichiarazione d’amore. Certo per i luoghi, indubbiamente (e Roma è comunque luogo d’innamoramento, e i vari quartieri divengono una sorta di geografia dell’anima), ma è anche una dichiarazione d’amore per il modo estetico con cui i personaggi entrano ed escono dalla storia.
Per questo libro Pasolini subì un processo per “oscenità”, processo che ai giorni nostri non avrebbe più senso (ma non ha più senso immaginare una storia, e soprattutto una città, chiusa dentro dinamiche esistenziale di quel genere), di più, non avrebbe senso nemmeno etichettare uno scrittore per cose che venivano appena accennate. L’omosessualità per esempio, anche se sottilmente percepita, nell’atto estremo si riduce solo ad un appuntamento, anche questo però al limite dell’assurdo, che mai e poi mai potrebbe rivelare una qualsivoglia tendenza.
Quello che invece è palese e fa di Pier Paolo Pasolini uno scrittore vivo e presente è invece il senso della morte che incombe sulle piccole storie del romanzo: a cominciare dal ragazzo che muore perché affetto da Tbc, o al piccolo Genesio, che viene trascinato via dal fiume, in modo così privo di clamore drammatico da assumere funzione di simbolo.
Come abbiamo già detto, Ragazzi di vita costituisce l’inizio di un processo che porterà ben presto Pasolini ad assumere altre forme di arte. Nell’ambiente strettamente più narrativo, nel 1959 uscirà con Una vita violenta, dove un anonimo ragazzo di periferia, Tommaso Puzzili, dopo varie avventure sarà tolto all’esistenza tout court.
Facendo una piccola riflessione, pensate davvero che Petrolio, nella sua gigantesca costruzione, raccontava poi qualcosa di diverso dal sottoproletariato romano? Dubbi forse ce ne sono, ma nessuno mai ce li avrebbe dissipati.




L’edizione da noi considerata è:

Pier Paolo Pasolini
Ragazzi di vita
Garzanti



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