CLASSICI
Alfredo Ronc
Un vecchio ‘ribelle’ che si ribella: “Barcelona” di Germano Lombardi.
Sulla prima di copertina si legge: …nell’anno in cui De Gaulle sale al potere un uomo parte da Parigi per Barcellona per uccidere il generale Felipe Acerro, attraverso l’alcool, la paura, la regressione, la malattia, l’ambigua presenza della donna, in un paesaggio filtrato dall’intermittenza della coscienza.
Detto così, questo romanzo potrebbe essere tutto. Da un noir appassionato e convincente, ad una storia d’amore emozionante, ad un flusso di coscienza secondo stilemi dell’epoca. Considerando l’anno di uscita e il fatto che fosse l’esordio narrativo di Gaetano Lombardi, possiamo dire, senza cadere nell’imprecisione, che Barcelona fu un perfetto esempio di romanzo sperimentale, secondo, anche qui, una logica dei tempi. Da consegnare al Gruppo 63.
Intanto vediamo chi era Gaetano Lombardi. Leggiamo nella seconda di copertina… noto finora a un pubblico ristrettissimo di lettori per alcuni lavori apparsi in riviste (l’atto unico Il conto per favore e il racconto L’occhio di Heinrich) e a un pubblico ancora più ristretto di amici, i quali, insieme con qualche altra sua operetta inedita (come il bellissimo racconto Una casa nei Kew’s Gardens) apprezzano la sua straordinaria perspicacia, la sua amabilità e il doloroso abbandono con cui si dedica alle sue occupazioni preferite: bere, viaggiare, illustrare la storia di certe tribù di zingari e le giornate dei manovali liguri, evocare immagini lontane.
L’allora trentottenne Lombardi, tra uno spazientamento ed un altro, decide di fare quasi esattamente quello che poi registrerà nel romanzo: nell’anno della crisi (1958) e di De Gaulle, rientrato da Londra, si ferma a Parigi, e da Parigi prosegue poi per Barcellona. Un itinerario che nel romanzo costituirà l’essenza principale della vicenda.
Cos’è insomma Barcelona? Qualcuno, forse un po’ troppo partecipativo, ha dichiarato che siamo di fronte ad una grammatica del romanzo giallo e certi schemi narrativi propri dei romanzi “politici di Conrad. Dico questo perché, pur ammettendo che la enigmatica presenza di Giovanni Zevi, il protagonista principale e quello che ha deciso di uccidere Felipe Acerro, è figura centrale ed insostituibile, il fraseggio e l’estraniante topografia di gesti e situazioni, fanno apparire il romanzo come appartenente più ad una dimensione costruita della narrativa che piuttosto ad una portata autoriale.
E in tutto questo sembra emergere il tratto, come abbiamo prima detto, enigmatico del protagonista. Anche lui, come l’autore del romanzo, amante dell’alcool, sformato dalle malattie e vissuto da una coscienza insieme consapevole e perduta. Anche nei punti più significativi della vicenda, per esempio… Anche il grande Nazzari ho conosciuto, allora gli studi della Cines di Barcellona eran in attività. E’ proprio un peccato che Mussolini si sia messo con i tedeschi, non conviene mettersi con loro, soprattutto se ci sono giudei di mezzo… lo scopo principale del costrutto rimane la vittima scelta e soprattutto la coscienza effettiva nel compierla.
Già nell’opera L’occhio di Heinrich, dove protagonista della storia è sempre Giovanni Zevi, ci si chiedeva: quale è la “piaga” che affligge l’uomo? Un ‘piccolo tumore’, poco più di un foruncolo, deturpa il suo collo, ma il male è certamente di un’altra natura e ben più profondo. Di che cosa si vergogna questo giovane e i cui sogni sono immancabilmente degli incubi?
Perché dovrebbe effettivamente vergognarsi se ha deciso di uccidere Felipe Acerro?
Walter Pedullà in Storia generale della letteratura italiana porta avanti un discorso sottile. Dice che Lombardi discende dai narratori della “scuola dello sguardo”. Dove l’occhio è il tramite indispensabile di ogni conoscenza. Nella narrativa di Lombardi si cercherebbe invano un qualsiasi svolgimento psicologico o una precisa motivazione sociologica, ragionamenti o meditazioni, giudizi morali o espressioni di sentimenti.
E dunque per dimostrare, o meglio, riconquistare visivamente gli oggetti e le persone del reale il linguaggio di Lombardi deve stravedere. Ecco perché un lascito troppo partecipativo ci sembrava emergere nelle righe precedenti dove allo scrittore si affibbiava una presenza troppo autoriale. Forse Barcelona può davvero apparire un noir con tutti i crismi, ma possiamo dire che è senz’altro un noir metafisico.
E poi diciamolo francamente? Ma il finale dove ci si accorge dell’evento di cui si è fatto protagonista Giovanni Zevi, è davvero realizzato da lui, oppure il protagonista assoluto della narrazione è un’altra cosa, un’altra dimensione e un altro parametro?
L’edizione da noi considerata è:
Gaetano Lombardi
Barcelona
Feltrinelli
Detto così, questo romanzo potrebbe essere tutto. Da un noir appassionato e convincente, ad una storia d’amore emozionante, ad un flusso di coscienza secondo stilemi dell’epoca. Considerando l’anno di uscita e il fatto che fosse l’esordio narrativo di Gaetano Lombardi, possiamo dire, senza cadere nell’imprecisione, che Barcelona fu un perfetto esempio di romanzo sperimentale, secondo, anche qui, una logica dei tempi. Da consegnare al Gruppo 63.
Intanto vediamo chi era Gaetano Lombardi. Leggiamo nella seconda di copertina… noto finora a un pubblico ristrettissimo di lettori per alcuni lavori apparsi in riviste (l’atto unico Il conto per favore e il racconto L’occhio di Heinrich) e a un pubblico ancora più ristretto di amici, i quali, insieme con qualche altra sua operetta inedita (come il bellissimo racconto Una casa nei Kew’s Gardens) apprezzano la sua straordinaria perspicacia, la sua amabilità e il doloroso abbandono con cui si dedica alle sue occupazioni preferite: bere, viaggiare, illustrare la storia di certe tribù di zingari e le giornate dei manovali liguri, evocare immagini lontane.
L’allora trentottenne Lombardi, tra uno spazientamento ed un altro, decide di fare quasi esattamente quello che poi registrerà nel romanzo: nell’anno della crisi (1958) e di De Gaulle, rientrato da Londra, si ferma a Parigi, e da Parigi prosegue poi per Barcellona. Un itinerario che nel romanzo costituirà l’essenza principale della vicenda.
Cos’è insomma Barcelona? Qualcuno, forse un po’ troppo partecipativo, ha dichiarato che siamo di fronte ad una grammatica del romanzo giallo e certi schemi narrativi propri dei romanzi “politici di Conrad. Dico questo perché, pur ammettendo che la enigmatica presenza di Giovanni Zevi, il protagonista principale e quello che ha deciso di uccidere Felipe Acerro, è figura centrale ed insostituibile, il fraseggio e l’estraniante topografia di gesti e situazioni, fanno apparire il romanzo come appartenente più ad una dimensione costruita della narrativa che piuttosto ad una portata autoriale.
E in tutto questo sembra emergere il tratto, come abbiamo prima detto, enigmatico del protagonista. Anche lui, come l’autore del romanzo, amante dell’alcool, sformato dalle malattie e vissuto da una coscienza insieme consapevole e perduta. Anche nei punti più significativi della vicenda, per esempio… Anche il grande Nazzari ho conosciuto, allora gli studi della Cines di Barcellona eran in attività. E’ proprio un peccato che Mussolini si sia messo con i tedeschi, non conviene mettersi con loro, soprattutto se ci sono giudei di mezzo… lo scopo principale del costrutto rimane la vittima scelta e soprattutto la coscienza effettiva nel compierla.
Già nell’opera L’occhio di Heinrich, dove protagonista della storia è sempre Giovanni Zevi, ci si chiedeva: quale è la “piaga” che affligge l’uomo? Un ‘piccolo tumore’, poco più di un foruncolo, deturpa il suo collo, ma il male è certamente di un’altra natura e ben più profondo. Di che cosa si vergogna questo giovane e i cui sogni sono immancabilmente degli incubi?
Perché dovrebbe effettivamente vergognarsi se ha deciso di uccidere Felipe Acerro?
Walter Pedullà in Storia generale della letteratura italiana porta avanti un discorso sottile. Dice che Lombardi discende dai narratori della “scuola dello sguardo”. Dove l’occhio è il tramite indispensabile di ogni conoscenza. Nella narrativa di Lombardi si cercherebbe invano un qualsiasi svolgimento psicologico o una precisa motivazione sociologica, ragionamenti o meditazioni, giudizi morali o espressioni di sentimenti.
E dunque per dimostrare, o meglio, riconquistare visivamente gli oggetti e le persone del reale il linguaggio di Lombardi deve stravedere. Ecco perché un lascito troppo partecipativo ci sembrava emergere nelle righe precedenti dove allo scrittore si affibbiava una presenza troppo autoriale. Forse Barcelona può davvero apparire un noir con tutti i crismi, ma possiamo dire che è senz’altro un noir metafisico.
E poi diciamolo francamente? Ma il finale dove ci si accorge dell’evento di cui si è fatto protagonista Giovanni Zevi, è davvero realizzato da lui, oppure il protagonista assoluto della narrazione è un’altra cosa, un’altra dimensione e un altro parametro?
L’edizione da noi considerata è:
Gaetano Lombardi
Barcelona
Feltrinelli
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