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RECENSIONI

Roger Salloch

Una storia tedesca

Roger Salloch, Traduzione di Laura Berna, Pag. 176 Euro 16,00
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Ci sono pensieri che partendo dall’osservazione di un dettaglio fluiscono liberi, leggeri, venati di una fresca originalità: sono i pensieri di un artista, un maestro d’arte che vive a Berlino nel 1935. È subito chiaro, già a partire dalla collocazione del racconto, che la leggerezza è ingannevole, e il fluire apparentemente libero dell’immaginazione è tutto uno slalom fra le ombre nere che incombono sulla realtà quotidiana. E il delizioso triangolo in cui si articola il rapporto del professore con le due allieve predilette, intriso di un delicato romanticismo, è pressato dalla morsa di una violenza cieca e arrogante che dilaga nell’ambiente circostante e sta per stritolare ogni cosa. Basti pensare che Rachele è ebrea, e Lotte è figlia di un uomo ben ancorato al regime.
   Korber sembra quasi non accorgersi che la sua aria da artista distratto, i capelli un po’ lunghi, il passeggiare senza meta e il soffermarsi per schizzare disegni, appaiono di per sé provocazioni al pensiero dominante, pervaso da efficientismo e proclami nazionalistici. La sua vita continua a scorrere quieta fra la scuola, le visite alla madre e le riflessioni ispirate all’osservazione della natura o a all’introspezione.
Tornare sui propri passi è una cosa che Korber fa spesso. A volte va a ritroso solo perché preferisce ciò che era a ciò che è o che potrebbe essere. Anche i pensieri vanno a ritroso nel tempo finché non scopre un vecchio incidente ancora al proprio posto. O qualche altra sensazione acuta con un lato ancora tagliente.
   Di “sensazioni acute” e campanelli d’allarme ce ne sono tanti, in fondo ai pensieri del giovane maestro, anche se lui si ostina a ignorarli come se dovesse sopportare con pazienza una tempesta passeggera. E si adatta con quello che c’è, gustando nei musei quel poco che rimane alle pareti insieme alle tracce vuote dei quadri requisiti, distribuendo agli allievi materiale da disegno reperito a stento, e soprattutto insegnando loro a guardare le cose in maniera non scontata.
   Forse ce la farebbe a vivacchiare così, fra le pieghe del sistema, se non intervenisse un elemento nuovo. La primavera che risveglia passioni inquiete nelle vene delle due allieve adolescenti, amiche e rivali, gli giocherà brutti scherzi. E lo costringerà a incontri ravvicinati con personaggi inquietanti.
Quello nuovo, Otto Bengler, professore di geografia, indossa una camicia bianca e (…) gioca con le unghie come se stesse giocando con i confini della Germania, cercando di estenderle, renderle più pulite. Reinhardt Korber pensa: questo viso è un continente, sconosciuto, inesplorato, un pianeta attraverso la lente di un telescopio, non un posto a cui un maestro possa minimamente pensare di avvicinarsi, se potesse prendersi del tempo e immaginare una strada che lo conduca lì.
   Le ragazze in preda a tempeste ormonali sanno essere crudeli, mentre il regime aspetta con lucidità e freddezza il primo passo falso. È una situazione che mette i brividi, e che l’Autore è riuscito a rendere con un linguaggio originale e una grande finezza psicologica.   

di Giovanna Repetto


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