RECENSIONI
Peppe Millanta
Vinpeel degli orizzonti
NEO., Pag. 256 Euro 15,00
Dare una collocazione di genere a questo libro sarebbe molto arduo. Di certo attinge al fantastico e alla poesia. Sembra una fiaba, ma della fiaba mancano i sortilegi e le creature fatate. Potrebbe assimilarsi alla favola morale, per il messaggio di cui è fortemente intrisa, ma sfugge alla rigidità di certi schemi. L’uso della fantasia nella tessitura della storia lo avvicina piuttosto al filone del realismo magico.
Non amo di solito puntualizzare sui generi letterari: l’inquadramento è spesso penalizzante e si trasforma in ghettizzazione. E allora, perché questa fregola di definire a tutti i costi la natura del romanzo di Millanta? Me lo sono domandato, davvero. Il fatto è che mi ha spiazzato. È divertente, è struggente, fa volare la fantasia e però affonda robuste radici nella realtà. Da dove esce fuori?
Sono andata a leggere un’intervista allo scrittore, che ha l’aria di un tipo particolare, anche lui sfuggente a ogni forma di catalogazione. Artista multiforme, dedito alla musica e al teatro oltre che alla scrittura, con una laurea buttata alle ortiche prima di ogni possibile utilizzo. Come diceva Pretty Woman? Voglio la favola. Ecco, sembra egli stesso l’incarnazione del messaggio contenuto nel libro. Non tradire te stesso, torna indietro se hai sbagliato strada, concediti la seconda possibilità di essere felice. Nell’intervista, Millanta rivela la sua formazione letteraria elencando fra gli altri Queneau, Calvino, Marquez. Bene, un’idea delle origini cominciamo ad averla.
Il paese di Dinterbild è un non luogo, una specie di limbo in cui una ricca varietà di tipi umani tira a campare impegnandosi nelle proprie faccende quotidiane. Vite comuni, se non fossero tutti naufraghi di storie inceppate: un’occasione mancata, una verità non riconosciuta, un non detto o un non fatto. Tutti concentrati sul presente, coinvolti in una vita sociale che ha come fulcro l’osteria del signor Biton (rappresentata con la giusta tipica coloritura e con una buona dose di umorismo) hanno dimenticato che può esistere un Altrove dietro l’orizzonte. Solo un ragazzino come Vinpeel (nome curioso, che l’autore autorizza a leggere esattamente come è scritto) sogna di scoprire quello che c’è al di là del mare. Al suo fianco è sempre presente l’amico Doan, un alter ego che sembra rappresentare luci e ombre della sua parte inconscia. Vinpeel non si arrende, è l’unico che si dà da fare per rompere l’incantesimo e far uscire dalla paralisi l’intero paese. Può farcela proprio perché è un adolescente, è in quell’età in cui si combatte fra paura e voglia di cambiamento, e in cui spesso si devono fare i conti con la difficoltà di comunicare. Il padre, che vive con lui nel villaggio, è totalmente chiuso in sé, prigioniero di una storia d’amore che gli ha rubato il futuro. Ogni giorno scrive un messaggio che chiude in una bottiglia e affida al mare. Ogni giorno raccoglie conchiglie che accosta all’orecchio.
Perché quello che Ned Bundy collezionava non erano le conchiglie, ma il rumore del mare che avevano dentro. Le storie che portavano.
Nessun aiuto dunque dal padre. Ma qualcosa può venire dal matto del paese, Krisheb, lo zoppo sempre in cerca della sua gamba di legno. Come tutti i folli, ha un rapporto privilegiato con la realtà profonda delle cose, e come tutti i folli può concedersi il lusso di credere in un progetto assurdo come quello di Vinpeel, che vuole superare la linea dell’orizzonte. Un aiuto inaspettato poi arriva da Muna, una ragazzina nuova nel villaggio, che Vinpeel deve guidare a riconoscere le emozioni: per farlo è costretto a spiegarle anche a se stesso, diventando più consapevole.
Sotto un velo di leggerezza, il romanzo è più complesso di quel che sembra. Si potrebbero passare intere giornate a interpretare i simboli disseminati in tutto il libro, correndo però il rischio di arrivare alla conclusione che l’autore ce li abbia messi apposta con cura certosina. Io credo che non sia così, e che piuttosto Millanta abbia dato voce a quello che gli scaturiva dal profondo, forse un po’ stupito lui stesso dal mosaico che sotto i suoi occhi si andava componendo. Proprio come nascono i sogni. Solo che qui, a differenza dei sogni, il contenuto è stato espresso con sapienza narrativa e gusto sopraffino.
di Giovanna Repetto
Non amo di solito puntualizzare sui generi letterari: l’inquadramento è spesso penalizzante e si trasforma in ghettizzazione. E allora, perché questa fregola di definire a tutti i costi la natura del romanzo di Millanta? Me lo sono domandato, davvero. Il fatto è che mi ha spiazzato. È divertente, è struggente, fa volare la fantasia e però affonda robuste radici nella realtà. Da dove esce fuori?
Sono andata a leggere un’intervista allo scrittore, che ha l’aria di un tipo particolare, anche lui sfuggente a ogni forma di catalogazione. Artista multiforme, dedito alla musica e al teatro oltre che alla scrittura, con una laurea buttata alle ortiche prima di ogni possibile utilizzo. Come diceva Pretty Woman? Voglio la favola. Ecco, sembra egli stesso l’incarnazione del messaggio contenuto nel libro. Non tradire te stesso, torna indietro se hai sbagliato strada, concediti la seconda possibilità di essere felice. Nell’intervista, Millanta rivela la sua formazione letteraria elencando fra gli altri Queneau, Calvino, Marquez. Bene, un’idea delle origini cominciamo ad averla.
Il paese di Dinterbild è un non luogo, una specie di limbo in cui una ricca varietà di tipi umani tira a campare impegnandosi nelle proprie faccende quotidiane. Vite comuni, se non fossero tutti naufraghi di storie inceppate: un’occasione mancata, una verità non riconosciuta, un non detto o un non fatto. Tutti concentrati sul presente, coinvolti in una vita sociale che ha come fulcro l’osteria del signor Biton (rappresentata con la giusta tipica coloritura e con una buona dose di umorismo) hanno dimenticato che può esistere un Altrove dietro l’orizzonte. Solo un ragazzino come Vinpeel (nome curioso, che l’autore autorizza a leggere esattamente come è scritto) sogna di scoprire quello che c’è al di là del mare. Al suo fianco è sempre presente l’amico Doan, un alter ego che sembra rappresentare luci e ombre della sua parte inconscia. Vinpeel non si arrende, è l’unico che si dà da fare per rompere l’incantesimo e far uscire dalla paralisi l’intero paese. Può farcela proprio perché è un adolescente, è in quell’età in cui si combatte fra paura e voglia di cambiamento, e in cui spesso si devono fare i conti con la difficoltà di comunicare. Il padre, che vive con lui nel villaggio, è totalmente chiuso in sé, prigioniero di una storia d’amore che gli ha rubato il futuro. Ogni giorno scrive un messaggio che chiude in una bottiglia e affida al mare. Ogni giorno raccoglie conchiglie che accosta all’orecchio.
Perché quello che Ned Bundy collezionava non erano le conchiglie, ma il rumore del mare che avevano dentro. Le storie che portavano.
Nessun aiuto dunque dal padre. Ma qualcosa può venire dal matto del paese, Krisheb, lo zoppo sempre in cerca della sua gamba di legno. Come tutti i folli, ha un rapporto privilegiato con la realtà profonda delle cose, e come tutti i folli può concedersi il lusso di credere in un progetto assurdo come quello di Vinpeel, che vuole superare la linea dell’orizzonte. Un aiuto inaspettato poi arriva da Muna, una ragazzina nuova nel villaggio, che Vinpeel deve guidare a riconoscere le emozioni: per farlo è costretto a spiegarle anche a se stesso, diventando più consapevole.
Sotto un velo di leggerezza, il romanzo è più complesso di quel che sembra. Si potrebbero passare intere giornate a interpretare i simboli disseminati in tutto il libro, correndo però il rischio di arrivare alla conclusione che l’autore ce li abbia messi apposta con cura certosina. Io credo che non sia così, e che piuttosto Millanta abbia dato voce a quello che gli scaturiva dal profondo, forse un po’ stupito lui stesso dal mosaico che sotto i suoi occhi si andava componendo. Proprio come nascono i sogni. Solo che qui, a differenza dei sogni, il contenuto è stato espresso con sapienza narrativa e gusto sopraffino.
di Giovanna Repetto
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