RECENSIONI
Alessandro Canassa Vigliani
Virus
Pulp edizioni, Pag. 130 Euro 13,00
L'idea era molto buona. Peccato per la riuscita. Non che Alessandro Canassa Vigliani non abbia talento, rispetto alla media degli esordienti sa scrivere e ha idee decenti e non auto-referenziali o magari aspirazioni 'autoriali'. La storia è quella di un tale Max Ribaldi, grande presentatore Tv, creatore e dispensatore di popolarissimi reality televisivi che lavora per la Eftoset (come non vederci in questo riferimento quei serpenti della Endemol), fiero di essere milionario, di frequentare il bel mondo e dormire, lui avvenente quarantenne, ogni notte con una modella diversa. Solo che, d'improvviso, si ritrova svenuto in una stanza, vittima di una tipa sconosciuta che l'ha narcotizzato e ferito, che lo tiene sotto scacco con una pistola e lo costringe a vedere un video su cui passano delle immagini a lui molto care. Max non sa chi è questa tipa, come è potuto finire lì e cosa voglia. Il romanzo, breve e comunque scorrevole, ti costringe a ricercare il movente insieme al protagonista mentre davanti ai suoi occhi scorrono immagini legate alla sua vita privata, rubate chissà come e da chi, in una sorta di contrappasso in cui Ribaldi è costretto non solo a guardare la sua vita in Tv (il vero virus dei tempi moderni) come fosse un reality ma a vedere a poco a poco distrutti tutti i suoi beni, a partire dalla costosa Lamborghini. Dov'è che però la storia si perde? Secondo me nei dialoghi. Nel troppo moralismo della carceriera che tiene sotto scacco Ribaldi. Nella stereotipata descrizione di un mondo dei ricchi borghesi che sembra uscita più da una parodia alla Boldi-De Sica che non dalla penna di uno scrittore. Davvero peccato perché poteva venir fuori qualcosa di decisamente esplosivo, se solo Canassa avesse osato di più, messo da parte l'afflato giustizialista che ha totalmente proiettato sulla avvenente e misteriosa carceriera e magari avesse saputo tirare fuori dal cilindro qualche trovata "tarantiniana". Nel finale si riprende un po', anzi la scena finale è decisamente intrigane, lasciata all'interpretazione del lettore che si vede gettato in questa stanza angusta con una tv davanti, un personaggio principale ferito e sanguinante che non sa cosa fare e che in una specie di sindrome di Stoccolma rischia pure di cadere in tentazione e farsi la bella ragazzetta con la pistola.
Aspettiamo Canassa a una prova più coraggiosa. Ma non disdegniamo questo piccolo racconto che ci presenta un nuovo valido narratore italiano da tenere d'occhio.
di Adriano Angelini
Aspettiamo Canassa a una prova più coraggiosa. Ma non disdegniamo questo piccolo racconto che ci presenta un nuovo valido narratore italiano da tenere d'occhio.
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