RECENSIONI
Nicola Gardini
Viva il latino
Garzanti, Pag. 240 Euro 16,90
Avevo capito, sì, che era un libro particolare, un’invenzione felice, che stava collezionando riedizioni prima ancora che io riuscissi a leggerlo. Tuttavia, nel mio preconcetto, mi aspettavo che in qualche modo vi si argomentasse sull’utilità del latino come strumento formativo, ponendo l’accento sul percorso scolastico, sui metodi didattici, sulla fisiologia del cervello studentesco, fino allo sforzo dimostrativo di esibire tabelle e grafici che ne documentassero statisticamente i risultati.
Non è così, e con gioiosa sorpresa mi sono trovata a leggere una storia d’amore. Perché è questo che emerge dal dato autobiografico: la storia di un amore precoce, di una fascinazione irresistibile.
Il latino, quand’ero bambino, mi attirava perché era antico (…) mi davano un piacere tutto speciale, una vera e propria accelerazione del battito cardiaco, certe immagini dell’antichità…
Di quest’emozione, forse comune a tanti bambini, Gardini ha conservato la freschezza per tutto il percorso scolastico e oltre.
Tanto è forte e sicuro il suo sentimento da indurlo a parteciparne ad altri le gioie, con il candore sfacciato dell’innamorato che canta la sua donna a tutto il mondo, incurante del fatto che ad altri possa o meno apparire bella. Alla fine, se la passione è sincera e se il messaggio è pieno di poesia, si opera il miracolo di quel contagio per cui ancora ci vien da credere che Beatrice e Laura fossero le donne più belle del mondo.
Per tornare a Gardini, penso che il suo testo sia in grado di suscitare curiosità e interesse anche in quei lettori che col latino hanno avuto poco a che fare. Dico “penso” perché nel caso mio il libro tocca un’altra corda, quella del lutto per una classicità relegata fra i ricordi, benché amata: qui viene dunque a lenire e a rinverdire sollecitando un’inaspettata commozione.
Leggo perciò attraverso la lente della mia esperienza, e più di tutti mi colpisce un passo.
Si viene istruiti nel latino per leggere gli autori antichi. Il latino, però, ancora si studia a lungo per regole astratte (…) la letteratura, cioè i testi originali dei grandi autori, viene ignorata per buona parte del periodo di tirocinio…
È così: la scuola insegna attraverso regolette da memorizzare e frasi stereotipate da tradurre, procrastinando il contatto diretto con gli autori. È negata a lungo (e per sempre a chi non prosegue) l’esperienza di quel piacere che in gioventù l’Autore coltivava quasi in segreto, anticipando i programmi a costo di imbattersi in testi ardui da capire, ma proprio per ciò affascinanti.
Sapere il latino, anche solo un po’, è fare pure esperienza di questo mistero, vivere una sorta di meraviglia, che è la meraviglia tutta speciale per gli eventi linguistici superiori e atavici, per la potenza del dire in quanto dire.
Ma il latino non è solo una lingua, è il mezzo per dare voce a una cultura, a un’epoca, a uno stile di vita e di pensiero.
Chi studia il latino deve studiarlo per una fondamentale ragione: perché nel latino si è realizzata l’Europa. Perché nel latino sono scritti i segreti della nostra più profonda identità e quei segreti si vuol poterli leggere.
Il latino però non è uno: ce ne sono tante forme quanti sono gli autori che se ne sono serviti, e ognuno ha dato un’impronta diversa, che è insieme stile e pensiero. Gardini fa una lunga carrellata attraverso i classici, dall’epoca repubblicana fino alla letteratura cristiana.
Catullo tocca il lettore con la sua freschezza. Cesare usa la prosa con l’esattezza di un teorema. Lucrezio modella la lingua come creta per piegarla alla descrizione dell’universo, costruisce meravigliose metafore e insegna come si possano fondere scienza e poesia. Cicerone rifonda la prosa, esplorando tutte le potenzialità espressive del discorso e costituendo un termine di confronto necessario anche per i posteri. Seneca predilige forme semplici per smascherare le apparenze e indicare la via verso una frugale e profonda felicità. Orazio usa la lingua con tale lucidità, ironia e penetrazione psicologica da apparire contemporaneo ai posteri di tutte le epoche. Ovidio trascina il lettore in un mondo fantasmagorico ma lacerato dalle pene di un amore destinato alla solitudine. Virgilio ristruttura la sintassi per drammatizzare e commuovere, e lascia un modello di poema destinato a durare nel tempo.
E ancora… ancora…
Un meraviglioso scrigno di ricordi e di scoperte.
di Giovanna Repetto
Non è così, e con gioiosa sorpresa mi sono trovata a leggere una storia d’amore. Perché è questo che emerge dal dato autobiografico: la storia di un amore precoce, di una fascinazione irresistibile.
Il latino, quand’ero bambino, mi attirava perché era antico (…) mi davano un piacere tutto speciale, una vera e propria accelerazione del battito cardiaco, certe immagini dell’antichità…
Di quest’emozione, forse comune a tanti bambini, Gardini ha conservato la freschezza per tutto il percorso scolastico e oltre.
Tanto è forte e sicuro il suo sentimento da indurlo a parteciparne ad altri le gioie, con il candore sfacciato dell’innamorato che canta la sua donna a tutto il mondo, incurante del fatto che ad altri possa o meno apparire bella. Alla fine, se la passione è sincera e se il messaggio è pieno di poesia, si opera il miracolo di quel contagio per cui ancora ci vien da credere che Beatrice e Laura fossero le donne più belle del mondo.
Per tornare a Gardini, penso che il suo testo sia in grado di suscitare curiosità e interesse anche in quei lettori che col latino hanno avuto poco a che fare. Dico “penso” perché nel caso mio il libro tocca un’altra corda, quella del lutto per una classicità relegata fra i ricordi, benché amata: qui viene dunque a lenire e a rinverdire sollecitando un’inaspettata commozione.
Leggo perciò attraverso la lente della mia esperienza, e più di tutti mi colpisce un passo.
Si viene istruiti nel latino per leggere gli autori antichi. Il latino, però, ancora si studia a lungo per regole astratte (…) la letteratura, cioè i testi originali dei grandi autori, viene ignorata per buona parte del periodo di tirocinio…
È così: la scuola insegna attraverso regolette da memorizzare e frasi stereotipate da tradurre, procrastinando il contatto diretto con gli autori. È negata a lungo (e per sempre a chi non prosegue) l’esperienza di quel piacere che in gioventù l’Autore coltivava quasi in segreto, anticipando i programmi a costo di imbattersi in testi ardui da capire, ma proprio per ciò affascinanti.
Sapere il latino, anche solo un po’, è fare pure esperienza di questo mistero, vivere una sorta di meraviglia, che è la meraviglia tutta speciale per gli eventi linguistici superiori e atavici, per la potenza del dire in quanto dire.
Ma il latino non è solo una lingua, è il mezzo per dare voce a una cultura, a un’epoca, a uno stile di vita e di pensiero.
Chi studia il latino deve studiarlo per una fondamentale ragione: perché nel latino si è realizzata l’Europa. Perché nel latino sono scritti i segreti della nostra più profonda identità e quei segreti si vuol poterli leggere.
Il latino però non è uno: ce ne sono tante forme quanti sono gli autori che se ne sono serviti, e ognuno ha dato un’impronta diversa, che è insieme stile e pensiero. Gardini fa una lunga carrellata attraverso i classici, dall’epoca repubblicana fino alla letteratura cristiana.
Catullo tocca il lettore con la sua freschezza. Cesare usa la prosa con l’esattezza di un teorema. Lucrezio modella la lingua come creta per piegarla alla descrizione dell’universo, costruisce meravigliose metafore e insegna come si possano fondere scienza e poesia. Cicerone rifonda la prosa, esplorando tutte le potenzialità espressive del discorso e costituendo un termine di confronto necessario anche per i posteri. Seneca predilige forme semplici per smascherare le apparenze e indicare la via verso una frugale e profonda felicità. Orazio usa la lingua con tale lucidità, ironia e penetrazione psicologica da apparire contemporaneo ai posteri di tutte le epoche. Ovidio trascina il lettore in un mondo fantasmagorico ma lacerato dalle pene di un amore destinato alla solitudine. Virgilio ristruttura la sintassi per drammatizzare e commuovere, e lascia un modello di poema destinato a durare nel tempo.
E ancora… ancora…
Un meraviglioso scrigno di ricordi e di scoperte.
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