RECENSIONI
Indro Montanelli
XX Battaglione eritreo
Rizzoli, Pag.270 Euro 19,50
Fan bene i tipi di Rizzoli a far prefare un simile testo ad Angelo Del Boca. Come minimo. Perché nonostante l'antiberlusconismo degli ultimi anni ed i peana che, regolarmente, il Travaglio ormai nazionale gli rivolge, il Montanelli sempre più ossequiato dalla prole giornalistica indigena io l'ho sempre trovato ripugnante.
Qualcuno dirà: ripugnante sembra giudizio assai forte e connotativo, se non esagerato. Direi: ma il libro in quistione conferma soprattutto le mie ambasce e il mio credo lungi dall'essere ideologico. Semmai di pura appartenenza al genere umano.
XX Battaglione eritreo rivede la luce dopo settantaquattro anni dalla sua prima apparizione (e francamente non s'era sentita alcuna nostalgia) ed è il resoconto dell'avventura africana del giornalista che durò meno di due anni: dal maggio del 1935 alla tarda estate del 1936.
E' una sorta di diario con la convinzione di pubblicazione. Lo stesso Montanelli afferma: Sono in Africa anche per ragioni letterarie: non a cercar "colore", ma a cercarvi una coscienza di uomo. Necessaria: a tutti, ma specialmente a un artista. Ecco il mio profitto personale di guerra: una coscienza di uomo.
Guerra che Montanelli visse poco: a parte gli spostamenti obbligatori da una parte all'altra, la permanenza del giornalista in terra africana si ridusse in una sorta di attesa perenne di un nemico (un po' come ne Il deserto dei Tartari di buzzattina memoria): il vero combattimento è cosa rara; dove ti logori nella caccia a un nemico fantomatico che ti sfugge.
Del Boca nell'introduzione confessa che sono due essenzialmente i motivi d'interesse del libro: la vicenda editoriale e il confronto aspro che lo stesso ebbe con Montanelli. Viene spontaneo chiedersi: e al lettore cosa rimane? Data per scontata l'intenzione del giornalista di rendere pubbliche le sue gesta ancor prima di averle compiute, e scontata ancora di più la conoscenza della diatriba tra Del Boca e Montanelli (quest'ultimo, soggiogato da una nostalgica allure per il 'virile' impegno fascista, dichiarò più volte che il colonialismo italiano fu ben poca cosa rispetto a quello di altri paesi e negò, ma smentito sonoramente dal nostro stesso Ministero della Difesa italiano agli inizi del 1996, che in territorio africano fu fatto uso a larga scale di gas) a noi poveri 'utenti' non resta che prendere atto dell'adesione totale dello spirito esistenziale di Montanelli all'ideologia fascista (a proposito di vita: La quale è fatta , voglio che sia fatta, non di commende, o croci, ma di virili orgogli, di mascoline fierezze), del suo ripugnante razzismo (a proposito di un bimbo africano: Gli ascari intorno facevano una fantasia diabolica al lume delle torce – e grida formidabili si levarono quando presi in braccio quell'informe cosino nero, alquanto disgustoso), a proposito della sua conformità alle regole militari punitive nei confronti degli africani (La punizione è un rito solenne che ha una procedura inderogabile: compagnia schierata, frusta d'ordinanza dosata al millimetro di spessore e lunghezza, natiche protette dalle sole brache) e persino di una sua 'cristallina' opinione sulla letteratura in genere (Bisogna creare la leggenda della Colonia e della sua guerra, niente verismo, niente De Amicis, niente Galvano. Oggi più di prima, son convinto che bisogna lasciare al suo destino la triste Italia della letteratura amena (per poi raccontar di gesta eroiche e di sentimentalismi del cuore in puro stile deamicisiano!).
Del Boca fa bene a tentare una ricucitura col vecchio Montanelli (di questi tempi...), per me l'ormai defunto giornalista rimane un convinto fascista e razzista che poco prima della fine del regime subodorò l'atmosfera e s'agganciò al carro del vincitore (come tanti, mica l'unico) e con una riverniciatura di comodo diventò pure liberale.
A me uno così sta proprio sui coglioni, vedi te...
di Alfredo Ronci
Qualcuno dirà: ripugnante sembra giudizio assai forte e connotativo, se non esagerato. Direi: ma il libro in quistione conferma soprattutto le mie ambasce e il mio credo lungi dall'essere ideologico. Semmai di pura appartenenza al genere umano.
XX Battaglione eritreo rivede la luce dopo settantaquattro anni dalla sua prima apparizione (e francamente non s'era sentita alcuna nostalgia) ed è il resoconto dell'avventura africana del giornalista che durò meno di due anni: dal maggio del 1935 alla tarda estate del 1936.
E' una sorta di diario con la convinzione di pubblicazione. Lo stesso Montanelli afferma: Sono in Africa anche per ragioni letterarie: non a cercar "colore", ma a cercarvi una coscienza di uomo. Necessaria: a tutti, ma specialmente a un artista. Ecco il mio profitto personale di guerra: una coscienza di uomo.
Guerra che Montanelli visse poco: a parte gli spostamenti obbligatori da una parte all'altra, la permanenza del giornalista in terra africana si ridusse in una sorta di attesa perenne di un nemico (un po' come ne Il deserto dei Tartari di buzzattina memoria): il vero combattimento è cosa rara; dove ti logori nella caccia a un nemico fantomatico che ti sfugge.
Del Boca nell'introduzione confessa che sono due essenzialmente i motivi d'interesse del libro: la vicenda editoriale e il confronto aspro che lo stesso ebbe con Montanelli. Viene spontaneo chiedersi: e al lettore cosa rimane? Data per scontata l'intenzione del giornalista di rendere pubbliche le sue gesta ancor prima di averle compiute, e scontata ancora di più la conoscenza della diatriba tra Del Boca e Montanelli (quest'ultimo, soggiogato da una nostalgica allure per il 'virile' impegno fascista, dichiarò più volte che il colonialismo italiano fu ben poca cosa rispetto a quello di altri paesi e negò, ma smentito sonoramente dal nostro stesso Ministero della Difesa italiano agli inizi del 1996, che in territorio africano fu fatto uso a larga scale di gas) a noi poveri 'utenti' non resta che prendere atto dell'adesione totale dello spirito esistenziale di Montanelli all'ideologia fascista (a proposito di vita: La quale è fatta , voglio che sia fatta, non di commende, o croci, ma di virili orgogli, di mascoline fierezze), del suo ripugnante razzismo (a proposito di un bimbo africano: Gli ascari intorno facevano una fantasia diabolica al lume delle torce – e grida formidabili si levarono quando presi in braccio quell'informe cosino nero, alquanto disgustoso), a proposito della sua conformità alle regole militari punitive nei confronti degli africani (La punizione è un rito solenne che ha una procedura inderogabile: compagnia schierata, frusta d'ordinanza dosata al millimetro di spessore e lunghezza, natiche protette dalle sole brache) e persino di una sua 'cristallina' opinione sulla letteratura in genere (Bisogna creare la leggenda della Colonia e della sua guerra, niente verismo, niente De Amicis, niente Galvano. Oggi più di prima, son convinto che bisogna lasciare al suo destino la triste Italia della letteratura amena (per poi raccontar di gesta eroiche e di sentimentalismi del cuore in puro stile deamicisiano!).
Del Boca fa bene a tentare una ricucitura col vecchio Montanelli (di questi tempi...), per me l'ormai defunto giornalista rimane un convinto fascista e razzista che poco prima della fine del regime subodorò l'atmosfera e s'agganciò al carro del vincitore (come tanti, mica l'unico) e con una riverniciatura di comodo diventò pure liberale.
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