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RECENSIONI

Walter Mauro

La letteratura è un cortile

Giulio Perrone editore, Pag. 150 Euro 11,00
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Perché tutto sommato di inciuci si tratta. Dice lo stesso Mauro per tentar di dare un senso al titolo: Io considero Calvino il più grande scrittore del Novecento, ma la letteratura è un cortile, nel senso dei pettegolezzi, dell'odio, del rancore, dei dispettucci tra letterati (tra questi bambini non cresciuti che battono i piedini dall'età della ragione alla morte), e Calvino, lo scrittore diverso da tutti, sembrava invece uguale a tutti nel frequentare uno dei vizi danteschi più riprovevoli, il sentimento dell'invidia.

Della serie: tiè! Becca e porta a casa, come si dice a Decimomannu. Non è la prima volta che Mauro, grande esperto di jazz, appare per Perrone: qualche anno fa pubblicò un romanzetto asfittico per l'editore romano, Miles e Juliette, l'amore tra la Greco e Davis, a testimonianza del fatto che un buon giornalista, un intellettuale di un certo spessore non necessariamente sa essere un buon romanziere.

Qui ci si diverte di più: Mauro non riesce a fare a meno della sua grande passione, il jazz appunto (ripercorre gli 'accidenti' sotto il fascismo quando si italianizzava tutto e Louis Armastrong diventava Luigi Fortebraccio...) ma il nocciolo dell'operina (assai svelta ed accattivante) risiede comunque nel fare quattro conti in tasca alla letteratura (soprattutto quella passata, anche se Mauro tende a specificare che non mi sento né ideologicamente, né caratterialmente un celebratore dei tempi antichi, un laudator temporis acti, e "nostalgia" è una parola che non mi appartiene.)

E l'intellettuale, come si suol, dire inciucia: senza dire né ai né bai snocciola diatribe di un tempo a testimonianza della ragione di cui sopra e ci racconta, per esempio di quando Vittorini, ancora non 'fuoriuscito' dal PCI, si divertiva a massacrare i manoscritti di Fenoglio, o quando Ungaretti si infuriò dopo aver appreso dell'assegnazione del Nobel a Quasimodo (Ungaretti sapeva di essere il più rivoluzionario dei poeti), o della lite tra Berto e Moravia dopo la vittoria della Maraini al Premio Internazionale degli editori (come non essere d'accordo con Berto?), o di quando Soldati rimase deluso d'essere stato riconosciuto non come scrittore e regista ma come conduttore di un programma televisivo, o di come fu Bassani a salvare Il gattopardo dall'oblio perché nessun altro editore famoso voleva pubblicarlo.

Poi La letteratura è un cortile diventa una serie interminabile di ricordi e di persone famose che si farebbe prima a sfogliare l'elenco del telefono di una città di provincia di media grandezza: dai pittori più famosi, Picasso, Mirò, al gotha della letteratura internazionale, Sartre, Garcia Marquez, Paolini, Morante, Borges, Neruda, Alberti, ai musicisti più rivoluzionari e creativi, Davis, Armstrong, Ellington...

Libriccino educativo che stenta nel capitolo finale ad imbastire un discorso serio sul futuro della scrittura e in genere sul futuro del libro (si cita, ahimé, due volte Gomorra. E verrebbe da dire dipietrescamente: e che c'azzecca?). Ma lo si apprezza per il taglio rapido e a tratti, nella propensione intellettuale a stupire gli sprovveduti, spumeggiante.





di Alfredo Ronci


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Walter Mauro

Miles e Juliette

Giulio Perrone Editore, Pag.125 Euro 10,00

Ho avuto modo di assistere ad una presentazione del libro: Walter Mauro, al di là delle sue incontestabili qualità, è un arzillo ometto – molto alto e magro – di ottantatre anni, portati splendidamente. Quando parla di jazz e del suo passato professionale gli si illuminano gli occhi e quel che dice appare proprio un debito prolungamento di sé.
Ha deciso – non sappiamo però chi l'abbia spinto – di esordire letterariamente a questa veneranda età (capiamoci: si intenda con ciò esordio narrativo, perché il Mauro, nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato molti saggi sul jazz appunto, sui neri d'America e ovviamente sul blues) con un romanzetto sulla storia d'amore tra Miles Davis e la diva dell'esistenzialismo Juliette Greco.

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