RECENSIONI
William Goldman
Io sono Raymond
Mattioli 1885, Pag. 260 Euro 15,90
Per certi versi, curiosa la carriera di William Goldman. Formidabile sceneggiatore di successi hollywoodiani (pensiamo a film come Il maratoneta, Butch Cassidy, Tutti gli uomini del presidente... quindi mica cacchette...) si è sempre cimentato con la letteratura, spaziando agilmente tra i generi (giallo... Non si maltrattano così le signore... adolescenzial-fiabesco... La principessa sposa, che tra l'altro potete trovare nel nostro incredibile archivio, e questo Io sono Raymond che è presentato come romanzo di formazione, ma in realtà è qualcosa di più 'complesso.
Mi sovviene a 'sto punto un quesito (che alla fine ha la 'forma' di un paragone): perché due attività simili e adiacenti (come avrebbe detto Totò), come quelle dello scrivere e dello sceneggiare, risultino a volte inconciliabili? Cioè: mica è detto che un buon scrittore sia uno sceneggiatore altrettanto valido e viceversa. Vero è che tentativi di conciliare le due cose ce ne sono a iosa, ma raramente s'incastrano alla perfezione. In questo gli americani, come al solito, riescono meglio (forse perché quando intendono un mestiere lo pensano nella loro, dovuta, completezza e concretezza? Avete visto mai un attore americano, soprattutto di teatro, che oltre che recitare non sappia cantare e ballare?) e non è insolito che un buon inventore di storie abbia altrettanto efficacia sia nella letteratura che nel cinema. Potete anche bastonarmi, ma se penso all'Italia, l'unico nome convincente e paragonabile è quello del mai troppo compianto Zavattini (se la mente corre a Vincenzo Cerami, mi viene l'orticaria).
Goldman può meritatamente rientrare nella categoria 'dual band' e se dovessi indicare un titolo per comprovare questa sua quasi rara facoltà farei proprio quello di Io sono Raymond.
Contesto, come già detto prima, che sia un tipico romanzo di formazione: è qualcosa di più compiuto e 'allargato'. Nel senso che non si limita a raccontare di un'adolescenza e della sua fine, ma rincorre invece una determinazione adulta, perché l'autore accompagna il protagonista, Raymond Euripides (secondo nome datogli dal padre perché illustre docente del teatro greco antico) dall'età di otto anni, quella in cui comincia a muovere i primi passi 'letterari', fino ad una condizione vieppiù emancipata in grado di cogliere perfettamente i lati oscuri dell'esistenza.
Deus ex machina di questo romanzo Zock, ragazzo esteticamente 'raffazzonato' ma determinante per la crescita psicologica del protagonista: il quale protagonista, guidando ubriaco la sua macchina, lo porterà alla morte.
Volevo evitare a tutti i costi un confronto obbligatorio, quello con Holden Caulfield: perché direte voi? Primo perché 'sta storia che Salinger sia un punto di riferimento obbligatorio per le 'formazioni' adolescenziali deve finire. Secondo perché c'entra come il cavolo a merenda. Terzo perché la seconda di copertina del presente volume lo nomina, ma fate finta che io non ve l'abbia mai detto.
Ma hanno senso queste ultime righe? Boh, forse che no.
di Alfredo Ronci
Mi sovviene a 'sto punto un quesito (che alla fine ha la 'forma' di un paragone): perché due attività simili e adiacenti (come avrebbe detto Totò), come quelle dello scrivere e dello sceneggiare, risultino a volte inconciliabili? Cioè: mica è detto che un buon scrittore sia uno sceneggiatore altrettanto valido e viceversa. Vero è che tentativi di conciliare le due cose ce ne sono a iosa, ma raramente s'incastrano alla perfezione. In questo gli americani, come al solito, riescono meglio (forse perché quando intendono un mestiere lo pensano nella loro, dovuta, completezza e concretezza? Avete visto mai un attore americano, soprattutto di teatro, che oltre che recitare non sappia cantare e ballare?) e non è insolito che un buon inventore di storie abbia altrettanto efficacia sia nella letteratura che nel cinema. Potete anche bastonarmi, ma se penso all'Italia, l'unico nome convincente e paragonabile è quello del mai troppo compianto Zavattini (se la mente corre a Vincenzo Cerami, mi viene l'orticaria).
Goldman può meritatamente rientrare nella categoria 'dual band' e se dovessi indicare un titolo per comprovare questa sua quasi rara facoltà farei proprio quello di Io sono Raymond.
Contesto, come già detto prima, che sia un tipico romanzo di formazione: è qualcosa di più compiuto e 'allargato'. Nel senso che non si limita a raccontare di un'adolescenza e della sua fine, ma rincorre invece una determinazione adulta, perché l'autore accompagna il protagonista, Raymond Euripides (secondo nome datogli dal padre perché illustre docente del teatro greco antico) dall'età di otto anni, quella in cui comincia a muovere i primi passi 'letterari', fino ad una condizione vieppiù emancipata in grado di cogliere perfettamente i lati oscuri dell'esistenza.
Deus ex machina di questo romanzo Zock, ragazzo esteticamente 'raffazzonato' ma determinante per la crescita psicologica del protagonista: il quale protagonista, guidando ubriaco la sua macchina, lo porterà alla morte.
Volevo evitare a tutti i costi un confronto obbligatorio, quello con Holden Caulfield: perché direte voi? Primo perché 'sta storia che Salinger sia un punto di riferimento obbligatorio per le 'formazioni' adolescenziali deve finire. Secondo perché c'entra come il cavolo a merenda. Terzo perché la seconda di copertina del presente volume lo nomina, ma fate finta che io non ve l'abbia mai detto.
Ma hanno senso queste ultime righe? Boh, forse che no.
di Alfredo Ronci
Dello stesso autore
William Goldman
La principessa sposa
Marcos y Marcos, Pag. 329 Euro 17,00Curioso quel timbro "per tutti" sulla quarta di copertina: un po' come quando le annunciatrici televisive, con sorriso accattivante e democristiano (non sapete com'è e cos'è un sorriso democristiano? E' quello che solitamente usa Rutelli per nascondere il vuoto delle sue argomentazioni) ci informano che il programma che sta per andare in onda è adatto all'intera famiglia. Mi chiedo a 'sto punto cosa mai la casa editrice milanese potrebbe scrivere davanti, per esempio, agli inusitati ragazzini di Duvert o alle "porcheriole", anche grafiche, che ogni tanto costellano le iniziative dell'accoppiata ES/SE.
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