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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Mario Soldati

Cinematografo

Sellerio, Pag.506 Euro 14.00
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Sono tanti i modi attraverso i quali si conosce qualcuno. Io ho "cominciato" a conoscere Soldati partendo dalle ultime cose cinematografiche, anzi, per essere più preciso, dall'ultimo film girato dall'illustre torinese: Policarpo ufficiale di scrittura (1959). Sulla validità del quale il Morandini scrive tutt'ora: è un film di garbo, una miscela di ironia e di sentimento alla cui riuscita tutti hanno collaborato, dagli attori ai tecnici. Squisito livello figurativo. Con , aggiungo io, un rilevante Renato Rascel che vinse, per il ruolo, il Davide di Donatello.

Al film seguì, da parte mia, la lettura dell'opera letteraria prima, quel Salmace che un poco divinatorio Montale (e anche un pochino classista-sessista) ebbe a dire: Il libro del Soldati offre il destro a non poche considerazioni moralistiche e comunque strettamente riflettenti il contenuto; e a queste si sono fermati vari critici, riconoscendo al giovane scrittore notevoli qualità tecniche, "di mestiere", ma negandogli in sostanza la presenza di quel certo ineffabile senza di che non è possibile parlare di un'arte anche in piccola parte realizzata (...). Perché i personaggi creati dal Soldati sono tutti adulteri e invertiti, prostitute e bancarottieri e i loro casi sarebbero narrati dallo scrittore con una ostentata indifferenza morale, la quale troverebbe poi la sua origine nei manufatti corrotti e squisiti di Rue de Grenelle...

Ormai ciance (eh sì, anche e soprattutto quelle di Montale). Rimane di Soldati una produzione sempre di buon livello e negli ultimi tempi una sacrosanta riscoperta della sua arte. A cominciare appunto da quella letteraria.

Cinematografo non appartiene alla sua produzione, ma è un'opera di cesello e di pazienza dovuta al curatore del libro, Domenico Scarpa, che ha voluto raccogliere in un unico tomo, tutto quello che lo scrittore ha "prodotto" sul cinema (Non è un libro che «parla di cinema»; è un libro dove il cinema parla attraverso la scrittura – dall'introduzione a pag.25-26). Da racconti di straordinaria levità, dove accanto alla continua "ridefinizione" della settima arte, vi sono ritratti dolorosi e malinconici di donne perdute per sempre (L'orologino dell'ingegnere soprattutto – e qui sfido qualsiasi lettore a non provare un "brivido" di disappunto nel riconoscere la sconfitta di un amore – oppure L'ultimo treno per Parigi), pur se accompagnate da considerazioni "proustiane" del tempo e del suoi effetti sui sentimenti: Dopo il 10 giugno 1940 ho vissuto parecchi mesi profondamente triste, e quasi in uno stato di follia. Caddi anche ammalato, con una febbre altissima e inspiegabile. Guarii dopo pochi giorni, ma forse soltanto perché sapevo che dovevo lavorare (pag.206).

Di medesima consistenza e caratura le altre tre parti del libro: "Da spettatore", "Ritratti" e "Fogli di diario". Dove la sostanza cinematografia è vissuta attraverso sì le visioni di film, ma soprattutto attraverso il rapporto e il confronto coi personaggi (spesso registi). Dice sull'ispirazione di Fellini: è la facilità di visione presa per se stessa: l'accoglimento del mondo quale si presenta ai suoi occhi (...) un mondo alle soglie del magico (pag. 221). Dice di Antonioni a proposito di un suo film "dialogato" male: Com'è possibile che lui, che calcola tutto e dà peso a tutto, trascuri questo elemento, così importante, del cinema? Ho perfino pensato, ti giuro, che lo faccia per disprezzo della letteratura! (Pag.277). A proposito della morte di Totò: L'arte di Totò, come del resto tutta l'arte napoletana, ha un persistente côté funebre. La stessa suprema qualità comica di Totò, si affidava alla rigidità della mimica e delle mosse: il suo corpo, più che burattino, diventa un cadavere elettrizzato. (pag.403).

Attraverso una doppia rappresentazione (filmica e narrativa, anzi, Garboli a tal proposito scriveva che i veri film di Soldati sono i suoi romanzi) lo scrittore-regista ci consegna anche una storia d'Italia sempre dalla parte del giusto anche nei momenti di crisi di identità nazionale. Si permette persino di celiare, a proposito del suo (film) Piccolo mondo antico (uscito nel 1941) e su un equivoco enorme dovuto ai tempi: L'entusiasmo guerriero e patriottico che lo pervade dall'inizio alla fine è quello di una lotta di liberazione dal dominio dello stesso avversario al fianco del quale l'Italia ormai combatteva come alleata durante i mesi delle trionfali proiezioni del film in tutti i cinema italiani. (pag.181).

Soldati è un autore necessario. Ma non seguite il mio esempio. Non iniziate a scoprirlo dal fondo: basterebbe comunque l'anno di grazia 1954, quando con Lettere da Capri vinse il premio Strega. Altro che Ammaniti (senza null'altro togliere).



di Alfredo Ronci


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Se ne son dette di tutti i colori sull'arte del Soldati, chissà perché per lo più macchiate di un'aura moralista (a cominciare dal quel bacchettone di Montale), che spesso sono stato costretto a pensar male dell'esercizio del giudicare.
Raffaele Nigro, che con una precisione spaventosa e certosina, dei racconti della presente antologia ricostruisce vita, morte e miracoli (chissà se è solo del Soldati disseminare scritti dappertutto, revisionarli e rivoltarli, o forse mania di tutti gli scrittori), ripara finalmente il torto.

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