RECENSIONI
Mario Fortunato
Il viaggio a Paros
La Biblioteca di Repubblica/L'Espresso, Pag. 121 col settimanale
Mi preme sottolineare che certe iniziative letterarie in edicola lasciano il tempo che trovano: la deriva poi del classico riproposto, che si 'ripropone' come i peperoni dopo averli mangiati, la dice lunga sul coraggio degli editori e pure dei lettori.
Il 'colosso' Repubblica/L'Espresso ora offre ai suoi aficionados 'L'amore ai nostri tempi', una serie di svelti libriccini scritti da autori più o meno giovani, più o meno accreditati, più o meno sfasati, con qualche cadavere eccellente (che poi eccellente in vita non lo è stato mai, figuriamoci cadavere: leggi Maraini, Rasy e Nove) con un tema centrale che non bisogna essere Alberoni per capirlo.
Ho acquistato il presente, perché ho rispetto dell'autore, che se non fosse per una naturale predisposizione all'antipatia e alla fighetteria di lungo corso, potrebbe essere considerato uno dei migliori in circolazione (da almeno vent'anni).
Vediamo il volumetto in dettaglio: sgomenta l'inizio, una sorta di diario mocciano un pochino più intellettuale, ma essendo di quella pasta, sempre mocciano è. Più un dettaglio nella trama che fa gridare al plagio perché sembra preso paro paro dal racconto 'Il ragazzo di Trastevere' di Patroni Griffi. Fortuna poi che il resto procede per sentieri inediti.
E com'è il resto?
Confermo quello che dico da anni: Fortunato se vuole sa essere gradevole, suggestivo e centrato. E questo piccolo Il viaggio a Paros lo conferma fino in fondo, ma solo dopo che capisci come l'effettiva composizione elementare del libro è una sorta di cura omeopatica: nel senso che si vuol combattere la mestizia contemporanea e narrativa con una materia simile, ma distante (e chi ha la capacità di farlo, lo capisce perfettamente). E questo va ovviamente a suo merito.
La storia è divisa in tre parti: nella prima Mau (che sta per Maurizio) racconta il suo diario, la sua storia d'amore con Mo e l'amicizia con Dav ed il gesto finale del suicidio; nella seconda è Mo che racconta il suo distacco dal paese dopo la morte di Mau, il viaggio in America, il matrimonio e i due figli, una splendida ragazza e un bimbo deforme; la terza è il diario personale di Matt, il figlio 'venuto male' che vuole conoscere i nonni e Dav l'intimo amico di sua madre, che nel frattempo è morta, e quindi parte per l'Italia.
Non aggiungerei altro per non togliere il gusto della lettura che vi assicuro che c'è.
Fortunato sa trattare con garbo e delicatezza suggestioni temporali, tratteggi psicologici che si risolvono spesso in silenzi, ritrosie e muri edificati, e accompagna i personaggi lungo una strada che pare segnata dall'inizio, ma che rivela poi un'adesione parziale, perché nulla è mai come ci si aspetterebbe e si vorrebbe.
E' un libriccino – ed insisto in sinonimi – aggraziato: quel che si racconta ricorda altro e in più tratteggia una corda cara e sentita naturalmente dall'autore (l'omosessualità), ma nulla è di veramente riconosciuto o addirittura condizionato. Non so quanti riuscirebbero a fare di meglio e di più.
Il prossimo volumetto sarà della Maraini; nemmeno se mi minacciano di cucirmi gli occhi con l'ago e il filo tipo Amatyville horror (almeno credo).
di Alfredo Ronci
Il 'colosso' Repubblica/L'Espresso ora offre ai suoi aficionados 'L'amore ai nostri tempi', una serie di svelti libriccini scritti da autori più o meno giovani, più o meno accreditati, più o meno sfasati, con qualche cadavere eccellente (che poi eccellente in vita non lo è stato mai, figuriamoci cadavere: leggi Maraini, Rasy e Nove) con un tema centrale che non bisogna essere Alberoni per capirlo.
Ho acquistato il presente, perché ho rispetto dell'autore, che se non fosse per una naturale predisposizione all'antipatia e alla fighetteria di lungo corso, potrebbe essere considerato uno dei migliori in circolazione (da almeno vent'anni).
Vediamo il volumetto in dettaglio: sgomenta l'inizio, una sorta di diario mocciano un pochino più intellettuale, ma essendo di quella pasta, sempre mocciano è. Più un dettaglio nella trama che fa gridare al plagio perché sembra preso paro paro dal racconto 'Il ragazzo di Trastevere' di Patroni Griffi. Fortuna poi che il resto procede per sentieri inediti.
E com'è il resto?
Confermo quello che dico da anni: Fortunato se vuole sa essere gradevole, suggestivo e centrato. E questo piccolo Il viaggio a Paros lo conferma fino in fondo, ma solo dopo che capisci come l'effettiva composizione elementare del libro è una sorta di cura omeopatica: nel senso che si vuol combattere la mestizia contemporanea e narrativa con una materia simile, ma distante (e chi ha la capacità di farlo, lo capisce perfettamente). E questo va ovviamente a suo merito.
La storia è divisa in tre parti: nella prima Mau (che sta per Maurizio) racconta il suo diario, la sua storia d'amore con Mo e l'amicizia con Dav ed il gesto finale del suicidio; nella seconda è Mo che racconta il suo distacco dal paese dopo la morte di Mau, il viaggio in America, il matrimonio e i due figli, una splendida ragazza e un bimbo deforme; la terza è il diario personale di Matt, il figlio 'venuto male' che vuole conoscere i nonni e Dav l'intimo amico di sua madre, che nel frattempo è morta, e quindi parte per l'Italia.
Non aggiungerei altro per non togliere il gusto della lettura che vi assicuro che c'è.
Fortunato sa trattare con garbo e delicatezza suggestioni temporali, tratteggi psicologici che si risolvono spesso in silenzi, ritrosie e muri edificati, e accompagna i personaggi lungo una strada che pare segnata dall'inizio, ma che rivela poi un'adesione parziale, perché nulla è mai come ci si aspetterebbe e si vorrebbe.
E' un libriccino – ed insisto in sinonimi – aggraziato: quel che si racconta ricorda altro e in più tratteggia una corda cara e sentita naturalmente dall'autore (l'omosessualità), ma nulla è di veramente riconosciuto o addirittura condizionato. Non so quanti riuscirebbero a fare di meglio e di più.
Il prossimo volumetto sarà della Maraini; nemmeno se mi minacciano di cucirmi gli occhi con l'ago e il filo tipo Amatyville horror (almeno credo).
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Bompiani, Pag. 185 Euro 17,00Cominciamo dalla copertina. Lo so, non è civile interessarsi di una cosa quando il resto è tutt’altro, ma non è forse vero che l’occasione fa l’uomo ladro? E qual è questa occasione? Francamente non la capisco, nonostante la bella intelligenza dell’autore di disciplinarsi in varie attività.
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