RECENSIONI
Andrea Caterini
Il principe è morto cantando
Gaffi editore, Pag. 141 Euro 11,00
Devo necessariamente astenermi sul contenuto dell'opera, (anche se ne darò cenni) non sul metodo, che mi sembra davvero affascinante.
Qualche anno fa un giornalista che dirigeva le pagine culturali di un famoso settimanale italiano (che purtroppo non c'è più) mi disse che nei confronti della letteratura io avevo un atteggiamento schizofrenico, essendo nello stesso tempo scrittore e critico letterario.
In realtà non ho mai pensato di essere schizofrenico semplicemente perché non mi sono mai sentito un critico, semmai un appassionato di letture.
Il principe è morto cantando saggio dello scrittore e critico Andrea Caterini mi da ragione: nel senso che leggendolo ho avuto la chiara percezione di cosa voglia dire scandagliare un'opera letteraria e cosa invece significhi confrontarsi con essa e ricavarne solo suggestioni.
Partiamo però da un'altra indicazione. Dice il giovane autore: il critico fa autobiografia perché non sa inventare altre vite all'infuori della sua. Che potrebbe essere una risposta adeguata a chi porta avanti invece la tesi di una schizofrenia di fondo dello scrittore/critico (nel momento in cui si reinventa di continuo la propria vita, dov'è la differenza?). Mi sento di condividere in pieno una simile impostazione (meno quella quando dice: Se dunque non esistono più metodi dettati da un pensiero ideologico sulla realtà, perché non sfruttare la propria singolarità – che a suo modo costituisce a sua volta un altro metodo -, che è in ultimo il dettato della verità di noi stessi. (Ma siamo proprio sicuri della deideologizzazione del pensiero?), perché determina una netta separazione tra chi il testo lo vive e chi invece, come dicevo prima, su questo ci si confronta.
Caterini si pone come davanti ad una seduta psicanalitica, nel senso che subisce l'incanto della letteratura non solo quando dice che scrivere riguarda la propria sopravvivenza, quindi un modo esclusivo di conoscersi e vivere per la prima volta, ma anche quando confessa la propria incapacità di parlare direttamente a se stesso: (il critico) è perlopiù una persona impacciata, poco abile nell'esprimere ciò che di sé più lo farebbe esporre al mondo – per questo parla di altri e attraverso altri.
Ecco dunque che i capitoli che formano Il principe è morto cantando sono un'estensione non tanto del pensiero di Caterini, ma delle sue esperienze autobiografiche, sia che parli delle ossessioni di Dostoevskij, sia che si concentri su 'che cosa' interpreta la narrativa di Henry James, sia che confuti l'idea non tragica dei romanzi di Dickens, sia che celebri la modernità di Conrad. Concludendo il tutto poi con un suggestivo e prezioso ritratto di uno scrittore ahinoi quasi dimenticato e che andrebbe sicuramente recuperato (noi orchi lo abbiamo già fatto e continueremo a farlo): Pier Antonio Quarantotti Gambini, e il suo romanzo più affascinante L'onda dell'incrociatore.
Il principe è morto cantando è lettura non facile al primo approccio, ma suggestiva.
Insomma mica dobbiamo dimenticare che questa è critica letteraria, diversa per incanti dalla semplice proposizione letteraria?
di Alfredo Ronci
Qualche anno fa un giornalista che dirigeva le pagine culturali di un famoso settimanale italiano (che purtroppo non c'è più) mi disse che nei confronti della letteratura io avevo un atteggiamento schizofrenico, essendo nello stesso tempo scrittore e critico letterario.
In realtà non ho mai pensato di essere schizofrenico semplicemente perché non mi sono mai sentito un critico, semmai un appassionato di letture.
Il principe è morto cantando saggio dello scrittore e critico Andrea Caterini mi da ragione: nel senso che leggendolo ho avuto la chiara percezione di cosa voglia dire scandagliare un'opera letteraria e cosa invece significhi confrontarsi con essa e ricavarne solo suggestioni.
Partiamo però da un'altra indicazione. Dice il giovane autore: il critico fa autobiografia perché non sa inventare altre vite all'infuori della sua. Che potrebbe essere una risposta adeguata a chi porta avanti invece la tesi di una schizofrenia di fondo dello scrittore/critico (nel momento in cui si reinventa di continuo la propria vita, dov'è la differenza?). Mi sento di condividere in pieno una simile impostazione (meno quella quando dice: Se dunque non esistono più metodi dettati da un pensiero ideologico sulla realtà, perché non sfruttare la propria singolarità – che a suo modo costituisce a sua volta un altro metodo -, che è in ultimo il dettato della verità di noi stessi. (Ma siamo proprio sicuri della deideologizzazione del pensiero?), perché determina una netta separazione tra chi il testo lo vive e chi invece, come dicevo prima, su questo ci si confronta.
Caterini si pone come davanti ad una seduta psicanalitica, nel senso che subisce l'incanto della letteratura non solo quando dice che scrivere riguarda la propria sopravvivenza, quindi un modo esclusivo di conoscersi e vivere per la prima volta, ma anche quando confessa la propria incapacità di parlare direttamente a se stesso: (il critico) è perlopiù una persona impacciata, poco abile nell'esprimere ciò che di sé più lo farebbe esporre al mondo – per questo parla di altri e attraverso altri.
Ecco dunque che i capitoli che formano Il principe è morto cantando sono un'estensione non tanto del pensiero di Caterini, ma delle sue esperienze autobiografiche, sia che parli delle ossessioni di Dostoevskij, sia che si concentri su 'che cosa' interpreta la narrativa di Henry James, sia che confuti l'idea non tragica dei romanzi di Dickens, sia che celebri la modernità di Conrad. Concludendo il tutto poi con un suggestivo e prezioso ritratto di uno scrittore ahinoi quasi dimenticato e che andrebbe sicuramente recuperato (noi orchi lo abbiamo già fatto e continueremo a farlo): Pier Antonio Quarantotti Gambini, e il suo romanzo più affascinante L'onda dell'incrociatore.
Il principe è morto cantando è lettura non facile al primo approccio, ma suggestiva.
Insomma mica dobbiamo dimenticare che questa è critica letteraria, diversa per incanti dalla semplice proposizione letteraria?
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