RECENSIONI
Andrea Caterini
Il nuovo giorno
Hacca, Pag.112 Euro 12,00
Deve essere assolutamente facile dire in mezz'ora
Se un libro vale qualcosa o non vale niente.
Dieci minuti bastano, se uno ha istinto per la forma.
Ne bastano anche cinque per un istinto di sopravvivenza, mi verrebbe da aggiungere a questa massima di Oscar Wilde.
Sere fa, intervistato da Fazio, il regista Carlo Verdone, in una delle sue innumerevoli epifanie televisive, chissà per quale ragione, parlando di incomunicabilità, pronunciava ripetutamente l'espressione "vuoto pneumatico".
Espressione questa, almeno crediamo, con cui probabilmente intendesse la mancanza di respiro "universale", del soffio ravvivante del dialogo e del messaggio. Ma Verdone si riferiva ai personaggi del suo film che, pur avendo una sceneggiatura alle spalle, quindi una natura letteraria, a meno che non vada a braccio, trovano più ragione d'essere nella finzione cinematografica.
Come ci si deve comportare quando è un libro a mostrare l'insondabile segno dell'assenza?
Ma assenza di che direte voi?
E qui allora bisogna intendersi su ciò che un libro deve dare o cosa "consegna" al lettore. Nel momento in cui la realtà di tutti i giorni, col circo colorato e falsamente tonitruante della politica, trasmette, come direbbe appunto il Verdone, un vuoto pneumatico, mi ripugna l'idea che anche la letteratura si possa lasciar andare ad un artifizio inutile, ad una costruzione narrativa fine a sé stessa. Mi ripugna l'idea che la letteratura non possa o non voglia lanciare un "messaggio".
Andrea Caterini ha scritto un libro avulso da qualsiasi contesto e privo di qualsiasi riscontro. Si potrebbe dire un esercizio di stile. E non sarebbe una novità, anche scrittori di altro lignaggio e statura, negli ultimi tempi, si sono industriati a realizzare opere "altre", destrutturanti: pensiamo al Nanni Balestrini col suo Tristano, Derive Approdi editore, libro "combinato" casualmente secondo procedure che solo un "genio" mancato poteva architettare. Per carità, Il nuovo giorno non bazzica lidi del genere, si mantiene su una struttura classica (e per fortuna, sai che gusto a leggere un libro che non ha né capo né coda!), ma contiene nello stesso tempo una "sospensione" di fondo che non ce lo fa apprezzare.
Insomma, uffa, tanti giri di parole – vuoto pneumatico, contesto, esercizio di stile, combinazione, destrutturazione, sospensione – quando invece sarebbe meglio parlare come uno "magna": non c'ho cavato un ragno dar buco, direbbero i romani, o meglio ancora, non c'ho capito una mazza.
E senza apparire presuntuoso: non sono l'ultimo arrivato, sguazzo tra i libri in continuazione perché il "lavoro" lo esige; lavoro che ti "costringe" anche a delle scelte non propriamente volute.
Il nuovo giorno ha la prosopopea dell'esordiente falsamente modesto, di colui che, non volendo, si ritrova a dire (lo ammetto, è una formuletta che cito spesso perché mi piace) che i quattro evangelisti erano tre, Luca e Matteo.
Ma forse semplicemente Andrea Caterini voleva scrivere un libro "sentito". Ma lo ha sentito solo lui.
di Alfredo Ronci
Se un libro vale qualcosa o non vale niente.
Dieci minuti bastano, se uno ha istinto per la forma.
Ne bastano anche cinque per un istinto di sopravvivenza, mi verrebbe da aggiungere a questa massima di Oscar Wilde.
Sere fa, intervistato da Fazio, il regista Carlo Verdone, in una delle sue innumerevoli epifanie televisive, chissà per quale ragione, parlando di incomunicabilità, pronunciava ripetutamente l'espressione "vuoto pneumatico".
Espressione questa, almeno crediamo, con cui probabilmente intendesse la mancanza di respiro "universale", del soffio ravvivante del dialogo e del messaggio. Ma Verdone si riferiva ai personaggi del suo film che, pur avendo una sceneggiatura alle spalle, quindi una natura letteraria, a meno che non vada a braccio, trovano più ragione d'essere nella finzione cinematografica.
Come ci si deve comportare quando è un libro a mostrare l'insondabile segno dell'assenza?
Ma assenza di che direte voi?
E qui allora bisogna intendersi su ciò che un libro deve dare o cosa "consegna" al lettore. Nel momento in cui la realtà di tutti i giorni, col circo colorato e falsamente tonitruante della politica, trasmette, come direbbe appunto il Verdone, un vuoto pneumatico, mi ripugna l'idea che anche la letteratura si possa lasciar andare ad un artifizio inutile, ad una costruzione narrativa fine a sé stessa. Mi ripugna l'idea che la letteratura non possa o non voglia lanciare un "messaggio".
Andrea Caterini ha scritto un libro avulso da qualsiasi contesto e privo di qualsiasi riscontro. Si potrebbe dire un esercizio di stile. E non sarebbe una novità, anche scrittori di altro lignaggio e statura, negli ultimi tempi, si sono industriati a realizzare opere "altre", destrutturanti: pensiamo al Nanni Balestrini col suo Tristano, Derive Approdi editore, libro "combinato" casualmente secondo procedure che solo un "genio" mancato poteva architettare. Per carità, Il nuovo giorno non bazzica lidi del genere, si mantiene su una struttura classica (e per fortuna, sai che gusto a leggere un libro che non ha né capo né coda!), ma contiene nello stesso tempo una "sospensione" di fondo che non ce lo fa apprezzare.
Insomma, uffa, tanti giri di parole – vuoto pneumatico, contesto, esercizio di stile, combinazione, destrutturazione, sospensione – quando invece sarebbe meglio parlare come uno "magna": non c'ho cavato un ragno dar buco, direbbero i romani, o meglio ancora, non c'ho capito una mazza.
E senza apparire presuntuoso: non sono l'ultimo arrivato, sguazzo tra i libri in continuazione perché il "lavoro" lo esige; lavoro che ti "costringe" anche a delle scelte non propriamente volute.
Il nuovo giorno ha la prosopopea dell'esordiente falsamente modesto, di colui che, non volendo, si ritrova a dire (lo ammetto, è una formuletta che cito spesso perché mi piace) che i quattro evangelisti erano tre, Luca e Matteo.
Ma forse semplicemente Andrea Caterini voleva scrivere un libro "sentito". Ma lo ha sentito solo lui.
di Alfredo Ronci
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Andrea Caterini
Il principe è morto cantando
Gaffi editore, Pag. 141 Euro 11,00Devo necessariamente astenermi sul contenuto dell'opera (anche se ne darò cenni) non sul metodo, che mi sembra davvero affascinante.
Qualche anno fa un giornalista che dirigeva le pagine culturali di un famoso settimanale italiano (che purtroppo non c'è più) mi disse che nei confronti della letteratura io avevo un atteggiamento schizofrenico, essendo nello stesso tempo scrittore e critico letterario.
In realtà non ho mai pensato di essere schizofrenico semplicemente perché non mi sono mai sentito un critico, semmai un appassionato di letture.
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